La virtù della crisi: la speranza

Cassetta degli attrezzi per l’anima

«L’augurio mi viene dal cuore, particolarmente vicino a chi sta pagando il conto così salato di questa epidemia. Bene o male lo spirito di adattamento ci ha sorretto. Una sostanziale disciplina, insieme a tanta solidarietà, hanno arginato il peggio. Tuttavia, ci sono ferite profonde da rimarginare: ci vorrà tempo!». Così ha scritto mons. Andrea Turazzi nel Messaggio alla Diocesi per la Pasqua. Per curare le ferite di questo tempo il Vescovo suggerisce tra le virtù, che definisce simpaticamente «una cassetta degli attrezzi per l’anima», la perseveranza e più ancora la responsabilità. Precisa subito: «Quando diciamo: “Prendo le mie responsabilità”, suona come un “assumo i miei poteri”, mentre, nel senso più profondo, significa: “Mi prendo il dovere di un ascolto più attento e più ampio, vedo come andare incontro ad un maggior numero di persone”». «È troppo facile chiedere la responsabilità – prosegue – a chi, per ruolo istituzionale, è chiamato a decidere. Ma tutti noi abbiamo il dovere di reagire agli eventi, alle situazioni e alle loro conseguenze responsabilmente: è questo il primo vaccino da iniettare alla nostra collettività coi nervi a fior di pelle» (Messaggio per la Pasqua, 4.4.2021).
Nella Repubblica di San Marino si voterà presto un Referendum sull’introduzione e depenalizzazione dell’aborto. «Il “no” a questa proposta di legge che avanza è dettato non solo dalle nostre convinzioni di fede – che non sono in discussione – ma anche da motivazioni di ragione e di giustizia», ravvisa il Vescovo. Approfondendo con i sacerdoti del Vicariato di San Marino sente di doversi discostare dall’avverbio “no”: «Il “no” non dice tutta la verità; quello che noi intendiamo, in realtà, è un “sì”: un “sì” pieno alla vita». Dunque, sulla scheda si dirà “no”, ma in realtà è un “sì”: «Ci mettiamo dalla parte della creatura che ha appena iniziato la sua avventura». E aggiunge: «Che non diventi una crociata colpevolizzante!».
Talvolta si sente dire: «Ognuno deve seguire la propria coscienza». «Detta così – obietta – sa molto di non responsabilità verso la società, mentre entrano in ballo discorsi di educazione, di applicazione delle scienze alla salute e soprattutto di solidarietà sociale».
Mons. Andrea ritiene che la riflessione che accompagna il Referendum sia «un’opportunità grande per un sussulto di consapevolezza, di responsabilità, un momento favorevole per tutta la comunità. Sarebbe davvero triste alzare le spalle o rinunciare a prendere posizione e a partecipare». Auspica inoltre che «il fermo “no” all’aborto sia accompagnato da parole e gesti di attenzione alla donna, in particolare alla donna che lo ha vissuto, non dimenticando «il punto di vista di una mamma, sia quella raggiante per l’arrivo della nuova creatura, sia quella preoccupata a causa delle difficoltà, a cui assicurare tutto l’accompagnamento, la cura, la tutela» (Intervento alla riunione di Vicariato RSM, 26.3.2021).
A proposito di virtù, il Vescovo intende così la speranza «che i credenti portano a tutti, in spirito di amicizia»: «Non un mero augurio (o, qualche volta, una pietosa bugia), ma una “buona notizia”, una risorsa che scaturisce da un evento che ci mobilita: la risurrezione di Gesù Cristo, certezza di vita oltre la morte, reale possibilità per ogni anelito di futuro, per ogni attesa del cuore». «È tutt’altro che una virtù in crisi – dichiara –, semmai è la virtù della crisi».
I Vangeli che si leggono dopo la Santa Pasqua mostrano i discepoli rinchiusi nel Cenacolo, in preda alla paura: «Paura dei giudei, paura di che cosa pensava la gente di loro e anche delle proprie meschinità». «La sera – confida mons. Andrea – è spesso il momento in cui diciamo: “Oggi non ho combinato nulla, o quasi…”. Si prova a recuperare qualcosa, ma a vincere è ancora il senso di inutilità e, talvolta, di fallimento. Allora la risoluzione che viene più facile, quasi spontanea, è quella di rinchiudersi».
«Pace a voi (Shalom)» è la prima parola che pronuncia il Risorto, apparendo «la sera di quel giorno, il primo della settimana» (Gv 20,19). «Shalom» – fa subito notare il Vescovo – non significa semplicemente assenza di conflitti: è parola piena di risonanze e di promesse compiute, vuol dire riconciliazione, pienezza, gioia del cuore. Significa io con voi». «La parola shalom – osserva – risuona anche adesso, in questa sera benedetta. Ogni sera, da quando Gesù è risorto, è benedetta». Che cosa cambia la situazione? «L’incontro con Gesù: è lui che rende la giornata, quella sera, luogo della shalom». «Peccato che a volte noi non ci crediamo abbastanza!», esclama mons. Andrea.
Otto giorni dopo, di nuovo Gesù compare nel Cenacolo. I discepoli sono ancora chiusi dentro… Fa riflettere il fatto che la sua prima venuta sia stata senza effetto. «Secoli dopo – constata mons. Vescovo – Gesù è ancora qui, di fronte alle nostre porte chiuse, mite e determinato. Non accusa, non rimprovera, non abbandona, si ripropone, si riconsegna». Alla prima apparizione di Gesù nel Cenacolo non era presente l’apostolo Tommaso. Quando torna, gli altri discepoli dicono con entusiasmo: «Abbiamo visto il Signore!». Ma lui non ci crede. Il Vescovo invita a fare un altro passaggio: «Il lettore, – anche noi – sente la buona notizia: “Gesù è risorto! Lo abbiamo visto!”, ma non incontra Gesù in carne ed ossa. Ognuno di noi vive, come Tommaso, questa esperienza di assenza, di dubbio». Cosa dicono i discepoli rimasti dentro al Cenacolo? «Non te ne andare, ti portiamo noi, crediamo noi per te». Questa è la Chiesa! «La nostra fede non è direttamente in Gesù – fa notare –, ma in chi ci ha annunciato Gesù: una catena di testimoni lunga duemila anni, di generazione in generazione, che ci lega agli apostoli». Per questo, nel Credo proclamiamo: «Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica».

Paola Galvani, maggio 2021