La vita è un “oggi” pieno di giorni (Febbraio 2017)

La luce della fede che illumina le tenebre.

«Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori» (Eb 3,7-8): «l’oggi del quale parla lo Spirito Santo è la nostra vita, è un oggi…“pieno di giorni”, ma è un oggi» (Omelia, 12.01). Ogni incontro del Papa è un richiamo ad “alzarsi” e a “correre” senza indugio come i pastori e i Magi (Angelus, 01.01 e Angelus, 06.01), a “rischiare” la propria vita per Cristo (Pastorale delle Vocazioni della CEI, 05.01 e Omelia, 13.01), ad “uscire” da se stessi (Ai giovani, 13.01) per “stupire” il prossimo, come il buon samaritano che, con il suo gesto di misericordia, stupì certamente il locandiere presso il quale condusse l’uomo aggredito dai briganti (Omelia, 10.01). Le notizie dal mondo non sono confortanti e il Papa cita le ferite grandi e piccole che affliggono l’umanità (Messaggio Urbi et Orbi, 25.12 e Al Corpo diplomatico, 09.01): le guerre, i paesi colpiti dal terrorismo di matrice islamica fondamentalista nel corso di tutto il 2016 e durante le feste (Afghanistan, Bangladesh, Belgio, Burkina Faso, Egitto, Francia, Germania, Giordania, Iraq, Nigeria, Pakistan, Stati Uniti d’America, Tunisia e Turchia), i terremoti (Ai terremotati, 05.01), le malattie (All’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, 15.12), la povertà materiale di chi muore di fame e di freddo (Angelus, 08.01) e spirituale di chi si lascia abbagliare dalle «luci della ribalta, dei soldi e del successo, che promettono tutto e subito» (Angelus, 06.01) o dalla «follia omicida» del terrorismo fondamentalista (09.01). Di fronte a questo “oggi” il cristiano risponde con la speranza, che è il tema scelto per le Udienze generali del mercoledì del nuovo Anno liturgico. «Non c’è posto per l’ottimismo qui: sì per la speranza… Oggi serve la speranza, per ricostruire, e questo si fa con le mani» (Ai terremotati, 05.01): gli italiani feriti direttamente dal terremoto hanno dato prova di «fortezza d’animo, coraggio, tenacia e insieme pazienza, solidarietà», virtù che non si improvvisano, virtù di un popolo «bien nacido», ha sottolineato Francesco nella sua lingua madre, «ben nato» cioè virtuoso. Ai conflitti che costellano il pianeta rispondiamo con la pace cristiana, che è «un dono, una sfida e un impegno. Un dono perché essa sgorga dal cuore stesso di Dio; una sfida perché è un bene che non è mai scontato e va continuamente conquistato; un impegno perché esige l’appassionata opera di ogni persona di buona volontà nel ricercarla e costruirla» (50ª Giornata mondiale per la Pace e 09.01). La Chiesa per prima con azioni diplomatiche e di aiuto concreto (cfr. Destinazione colletta per l’Ucraina del 24 aprile scorso, 23.12) si è fatta, come Gesù, «pane spezzato… filo diretto dell’amore che si dona e ci salva, che dà luce alla nostra vita, pace ai nostri cuori» (Messa della notte di Natale, 24.12). «L’unico modo di conoscere Gesù», di sapere «cosa ha fatto, cosa ha detto»è «leggere tutti i giorni un passo del Vangelo… e questo lavora dentro» con l’azione dello Spirito Santo (Omelia, 09.01): così si alimenta la vita cristiana, la luce della fede che «illumina il cuore, fa vedere le cose con un’altra luce» (Omelia, 08.01). Come i Re Magi, lasciamoci guidare dalla stella di Gesù, «una luce stabile, una luce gentile, che non tramonta, perché non è di questo mondo: viene dal cielo e splende… dove? Nel cuore» (Omelia, 06.01).
Monache dell’Adorazione eucaristica – Pietrarubbia