L’Adorazione eucaristica (parte 2)

La seconda precisazione riguarda l’ultima parte della domanda: “esigenza attuale di interiorità e di maggiore profondità”. Sembrerebbe che la riforma liturgica del Vaticano II avesse portato alla perdita dell’interiorità e della profondità, a favore di una celebrazione razionale e esteriore. Nulla di questo corrisponde all’insegnamento del Concilio. Già nell’affermazione “La liturgia infatti, mediante la quale, soprattutto nel divino sacrificio dell’eucaristia, «si attua l’opera della nostra redenzione», contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e l’autentica natura della vera Chiesa. Questa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di dimensioni invisibili, impegnata nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina; e tutto questo in modo tale, però, che quanto in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all’invisibile, l’azione alla contemplazione, il presente alla città futura alla quale tendiamo” (SC, n. 2) emerge il primato della contemplazione sull’azione, dell’interiorità sull’esteriorità. Il n. 11 parla esplicitamente della necessità delle disposizioni interiori per ottenere la massima efficacia derivante dalla Liturgia: “Per ottenere però questa piena efficacia, è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione interiore, che conformino la loro mente alle parole che pronunziano e cooperino con la grazia divina per non riceverla invano Perciò i pastori di anime devono vigilare affinché nell’azione liturgica non solo siano osservate le leggi per la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte in modo consapevole, attivo e fruttuoso”. La “partecipazione attiva” restituita al Popolo di Dio non significa affatto “fare” necessariamente qualche cosa durante la celebrazione. Si tratta proprio di combattere l’“apatia spirituale” di chi va ad “assistere”, ad “ascoltare” o a “prendere” la Messa come fosse qualcosa da subire e non piuttosto un incontro-comunione con il Signore da costruire anche con una profondità interiore consapevole e collaborativa. Per questo il Concilio ricorda anche il sacro silenzio durante la celebrazione quale elemento tanto importante quanto essenziale e costitutivo di essa. Infatti, “Per promuovere la partecipazione attiva… si osservi anche, a suo tempo, un sacro silenzio” (n. 30). A questo tema abbiamo già dedicato molto spazio approfondendo l’OGMR. Questi testi bastano per capire che la partecipazione dei fedeli “all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente” (n. 48) promossa dalla riforma liturgica pone la profondità e la contemplazione, nel rapporto personale ed assembleare con il Signore, alla base dell’efficacia dell’azione liturgica stessa che, solo così, può realmente produrre frutto nella vita di ogni fedele.

don Raymond Nkindji Samuangala, settembre 2020
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti