L’Autunno e la resa dei conti (Ottobre 2019)

Pieter Bruegel il vecchio, Il ritorno della mandria, 1565 (117 x 159 cm), olio su pannello, Kunsthistorisches Museum, Vienna
Le tracce dell’autunno sono evidenti in quest’opera dal titolo Il ritorno della mandria. Se la maestosità della natura è tema ricorrente in Bruegel qui appare ancora più evidente per la profondità sconfinata del paesaggio e per quella sensazione di sottile smarrimento che si prova immedesimandosi nell’ultimo mandriano di destra, quello che pare in procinto di sostare un attimo in contemplazione del paesaggio. Non è chiaro agli studiosi quale fosse il giudizio di Bruegel sul rapporto fra uomini e natura, certo è però che gli uomini, nella superiorità della loro intelligenza, sembrano nani di fronte alla grandezza dei paesaggi naturali. Si evince qui, come in altre sue opere, l’impressione che Bruegel ricavò dalla sua visita in Italia e dall’attraversamento delle Alpi. Il cammino faticoso della mandria verso le stalle per prepararsi ai rigori dell’inverno domina sul paesaggio: è una vacca stessa a introdurci nello svolgimento della scena, infatti è l’unica a volgersi verso di noi invitandoci a entrare. Il villaggio con la chiesa nascosta tra gli alberi è deserto, sono finite le scorribande dovute alle feste e alle febbrili attività di fine estate. In autunno tutto si ferma ed è la stagione che più di ogni altra invita alla riflessione sulla sorte dell’uomo, sulla sua fragilità e sulla necessità di dar frutto in opere buone. A questi temi alludono, forse, le due scene che si svolgono al di qua del fiume: l’uccellagione e la vendemmia. La rete per intrappolare gli uccelli, illegale in Italia perché considerata una forma di bracconaggio, al tempo di Bruegel assumeva il significato tragico della resa dei conti. Proprio perché era un sistema di caccia finalizzato alla cattura indiscriminata e di massa della selvaggina volatile, era un chiaro rimando alla morte che arriva all’improvviso e, come si suol dire, non perdona. Se gli uccelli sono in trappola, tutta la presenza umana è concentrata nella vigna. La vendemmia, tipica attività del mese di ottobre, è rimando alla gioia e alla festa, poiché, pur nella fatica del raccolto, il vino ricavato dall’uva è elemento indispensabile per le feste.
L’andamento pesante del ritorno della mandria e la cornice della stagione autunnale suonano allora ancor di più come invito a fare un bilancio e a considerare la vita alla luce dei frutti che questa ha prodotto. Se avessimo dubbi sull’intento segreto dell’artista basterebbe aguzzare la vista e andare alla ricerca di altri particolari. Un secondo contrasto di scene, ad esempio, è dato dal placido scorrere del fiume e dalle piccole scene che si svolgono sull’altra riva, in opposizione alla forca con i pali della tortura che campeggiano su un promontorio in prossimità del corso d’acqua. Sull’albero spoglio e alto che incornicia la tela a sinistra, si vede un corvo appollaiato, in attesa di consumare le carni del cadavere che ancora penzola dalla forca. La pace più assoluta di scene quotidiane e la visione macabra di vite stroncate dalla violenza: ecco un altro invito alla riflessione sulla sorte umana di fronte alla quale la natura appare come spettatrice indisturbata e, forse, anche come giudice implacabile.
Sembra, infatti, che Bruegel, spinga l’uomo a un esame di coscienza circa il modo di rapportarsi alla natura: la propria natura anzitutto, il proprio corpo, la propria salute, il proprio lavoro, ma anche, in seconda battuta, il mondo che lo circonda. Le leggi della vita nascoste nella natura hanno il sopravvento sulla volontà umana, specialmente quando questa, come nel caso dell’uccellagione, manca di rispetto e viola equilibri e identità che Dio stesso ha voluto per le sue creature. Dietro alla scena autunnale allora, il buon vecchio Bruegel nasconde un monito quanto mai attuale: violare le leggi naturali in nome di una tecnica o di un’esosa volontà umana porta l’uomo all’autodistruzione. La natura stessa sarà il giudice implacabile del verdetto e, nel momento meno prevedibile, costringerà l’umanità a una resa dei conti dalla quale non ci si potrà sottrarre.
suor Maria Gloria Riva