Sieger Köder, Le opere di misericordia corporale, olio su tela XX sec.
Sieger Köder, artista tedesco, sacerdote, recentemente scomparso ha raccolto in una sola tela tutte le sette opere di misericordia corporale. L’opera si adatta particolarmente a significare le attività caritative che devono informare la vita di un cristiano, soprattutto in quaresima. In primo piano, infatti, due mani danno cibo a un uomo di colore. Quel gesto, posto in primo piano, è il punto più profondo della casa che ospita le opere di misericordia. Ed è proprio questo il fatto sorprendente, contrariamente a molta parte dell’iconografia dedicata a questo soggetto, Köder non sceglie come ambiente ideale per collocare le opere di misericordia un luogo all’aperto: una strada, una città, sceglie piuttosto una casa.
Possiamo dire che per Sieger Köder tutte le opere sono anzitutto segnate dalla capacità di accoglienza di un focolare domestico: l’accoglienza del bisognoso, del malato, del pellegrino, l’accoglienza di chi ha sbagliato nella vita e sta pagando. Questa casa è aperta a tutte le necessità. Una sola opera rimane all’esterno ed è, logicamente, quella della sepoltura dei morti. Anche questa tuttavia la si può scorgere grazie alla porta aperta di questa casa. La porta aperta esprime proprio il cuore di questa ideale famiglia che è l’accoglienza del pellegrino.
In secondo piano scorgiamo dar da bere agli assetati. Sorprende che la donna intenta a versare l’acqua della brocca nel bicchiere di un commensale sia vestita di rosso, lo stesso rosso visibile oltre la porta aperta, dove c’è la tomba con la scura croce. La vera sete dell’uomo è la sete di verità e di giustizia, in ultima analisi la ricerca di senso di fronte alla violenza e alla morte, realtà spesso significate nel colore rosso. Di fronte a tale ricerca l’unica risposta che l’uomo può dare è l’amore. Un amore, però, non semplicemente umano, il quale pur avendo grande valore rimane un amore fallace, bensì l’amore che Cristo ci ha lasciato.
Cristo ha preso su di sé le nostre oscurità (la croce infatti è nera) ma ci ha lasciato in eredità un amore unico certo, fedele fino alla morte e anche oltre la morte. L’amore di Cristo soddisfa la sete che va oltre quella materiale e offre all’uomo un’acqua per la vita eterna. Nere sono anche le pareti di questa casa che fanno spazio al dolore e alla croce altrui: nero è l’angolo dove siede un carcerato, nera – dall’altra parte – la parete che accoglie l’ignudo. In questa casa la croce è compresa, è accolta, ma anche redenta.
Colui che visita il carcerato l’abbraccia e gli si fa vicino, cioè prossimo. In lui viene significata anche l’opera di misericordia spirituale (accostata a quella dell’accoglienza del pellegrino): consolare gli afflitti. Sopra l’uomo ignudo si legge, in tedesco la scritta: abiti per il terzo mondo. L’assetato veste il viola, colore liturgico dei tempi di penitenza, come l’avvento e la quaresima, colore che esprime però più compiutamente il cambiamento. Il viola si colloca fra il rosso dell’umano e il blu del divino e dunque esprime l’idea della trasformazione, della metanoia, cioè del cambiamento di mentalità. Da una concezione di vita umana ed egoista, ad una concezione di vita più spirituale e generosa. Non a caso l’uomo assetato ha il volto stesso di Gesù. È Cristo che ha sete di noi, della nostra fede, della nostra salvezza. La donna che gli porge da bere, ha infatti, gli stessi connotati della samaritana, oggetto di un’altra opera di Köder. Dunque qui si rilegge l’opera di misericordia alla luce dell’incontro fra Cristo e la donna di Samaria, chiamata a cambiare mentalità cercando un’acqua che disseti l’anima.
L’altro colore di scena è l’azzurro, ed è il colore centrale. Lo veste la ragazza che accoglie il pellegrino. Köder, che aveva una buonissima conoscenza dell’ebraismo e dei testi talmudici avendoli citati in molte sue opere, lascia trasparire – proprio per la scelta di questo colore – una verità profondamente biblica. I rabbini si chiesero come mai, per la Scrittura, il valore dell’accoglienza sia sacro e si risposero commentando che Dio, per primo, si fece pellegrino. Visitò infatti Abramo e questi, accogliendolo, ospitò Dio senza saperlo. Chi accoglie, infatti, si apre al Mistero di Dio che entra nella sua vita. Per questo, appunto, la donna veste d’azzurro. Colui che viene accolto porta con sé la valigia dell’immigrato. Essere straniero e aver bisogno di trovare punti di riferimento è la caratteristica che segna la vita dei patriarchi.
Nelle feste pasquali quando il membro più piccolo della famiglia incomincia a porre le domande al componente più anziano, questi inizia il suo racconto (la haggadà di Pesah), così: Tuo padre era un arameo errante. Se Abramo non avesse trovato accoglienza, non ci sarebbe nulla della storia di Israele. Se il Verbo di Dio non avesse trovato accoglienza nel grembo della Vergine, non avremmo né il Vangelo, né la Redenzione. L’accoglienza è la dimensione fondamentale della vita cristiana e si estende non soltanto agli immigrati o ai profughi ma deve abbracciare ogni campo dell’esistenza: dalla nascita fino al compimento.
L’accoglienza, dunque, dell’altro non potrà mai entrare in conflitto con le altre forme di accoglienza che il cristiano deve vivere: quali la difesa dei principi non negoziabili, la stabilità nazionale e il diritto al lavoro di ogni cittadino, l’incolumità e la pace, la giustizia e la libertà religiosa.
Fonte di ispirazione per Sieger Köder nel dipingere quest’opera fu Betania. Non a caso le protagoniste delle opere di carità sono due sorelle. La casa di Betania famosa per la sua ospitalità verso Gesù e gli apostoli fu segnata dalla malattia e dal lutto, quello del fratello Lazzaro, e dal dramma della persecuzione a motivo delle grazie ricevute da Cristo, per ciò diventa paradigmatica di tutte le forme di accoglienza che si devono esercitare. La casa che dipinge Köder è in definitiva la casa degli amici di Gesù dove si accoglie non per scopi umani ma per la tensione verso il regno di Dio, verso l’imitazione di Gesù che deve rimanere la forma principale della testimonianza cristiana.
* Monache dell’Adorazione Eucaristica Pietrarubbia