Le singole parti della Messa – Annotazione (Novembre 2018)

Prima di iniziare la presentazione della Liturgia della Parola, torno sui “Riti di Introduzione” per fare una annotazione che mi sembra importante. Al n. 50 (= 28) l’OGMR precisa: “Terminato il canto d’ingresso, il sacerdote, stando in piedi alla sede, con tutta l’assemblea si segna col segno di croce”. È da notare la sottolineatura “stando in piedi alla sede”. Essa ci rimanda all’organizzazione dello spazio celebrativo e distingue l’altare dalla sede. Occorre quindi che in ogni chiesa questi elementi siano chiaramente distinti, per la verità teologica che essi rappresentano. L’altare è il “luogo” dove il sacrificio della croce “si rende presente nei segni sacramentali” e nello stesso tempo “è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare quando è convocato per la Messa; l’altare è il centro dell’azione di grazie che si compie con l’Eucaristia” (n. 296). Perciò “conviene che in ogni chiesa ci sia l’altare fisso, che significa più chiaramente e permanentemente Gesù Cristo, pietra viva (cfr. 1Pt 2,4; Ef 2,20)” (n. 298). In più, “l’altare sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo […]” (n. 299). Infine, “nelle nuove chiese si costruisca un solo altare che significhi alla comunità dei fedeli l’unico Cristo e l’unica Eucaristia della Chiesa. Nelle chiese già costruite, quando il vecchio altare è collocato in modo da rendere difficile la partecipazione del popolo e non può essere rimosso senza danneggiare il valore artistico, si costruisca un altro altare fisso, realizzato con arte e debitamente dedicato. Soltanto sopra questo altare si compiano le sacre celebrazioni. Il vecchio altare non venga ornato con particolare cura per non sottrarre l’attenzione dei fedeli dal nuovo altare” (n. 303). Sono da prendere in considerazione anche le norme che disciplinano gli “ornamenti” dell’altare. L’ambone invece rappresenta il punto di convergenza dell’attenzione dei fedeli durante la Liturgia della Parola. “L’importanza della parola di Dio esige che vi sia nella chiesa un luogo adatto dal quale essa venga annunciata” (n. 309). Alla pari dell’altare, “conviene che tale luogo generalmente sia un ambone fisso e non un semplice leggio mobile. L’ambone, secondo la struttura di ogni chiesa, deve essere disposto in modo tale che i ministri ordinati e i lettori possano essere comodamente visti e ascoltati dai fedeli. Dall’ambone si proclamano unicamente le letture, il salmo responsoriale e il preconio pasquale; ivi inoltre si possono proferire l’omelia e le intenzioni della preghiera universale o preghiera dei fedeli. La dignità dell’ambone esige che ad esso salga solo il ministro della Parola” (n. 309). Invece la sede del sacerdote celebrante è il luogo che mostra “il compito che egli ha di presiedere l’assemblea e di guidare la preghiera. Perciò la collocazione più adatta è quella rivolta al popolo, al fondo del presbiterio, a meno che non vi si oppongano la struttura dell’edificio e altri elementi, ad esempio la troppa distanza che rendesse difficile la comunicazione tra il sacerdote e i fedeli riuniti, o se il tabernacolo occupa un posto centrale dietro l’altare. Si eviti ogni forma di trono” (n. 310). Recuperata questa precisazione, ci dedicheremo prossimamente all’approfondimento della Liturgia della Parola. *
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti