«L’ebrezza della libertà: essere figli di Dio»

La conversione: un cambiamento di sguardo

Bambini, ragazzi e famiglie hanno popolato le celebrazioni eucaristiche dei mesi di maggio e giugno nelle parrocchie. Non si vedevano da molto tempo, a causa delle restrizioni dovute alla pandemia e di un allontanamento progressivo dalle comunità e, forse, dalla fede. Indispensabile farsi qualche domanda. Il Vescovo Andrea, in occasione della celebrazione del sacramento della Confermazione, ha reso esplicita una domanda che si cela spesso nel cuore dei ragazzi al termine del percorso catechistico: «Abbiamo capito bene che Dio è nostro Padre?». «Il sacramento della Cresima – spiega il Vescovo – sta a confermare: «Sì, hai capito bene. Sei un figlio (una figlia) di Dio». Dunque, la Cresima, un sacramento che sempre più spesso sembra coincidere con l’abbandono della Chiesa, in verità è una “Confermazione”. Talvolta, capita di cadere in un equivoco: «pensare sia il ragazzo a dare la sua conferma, mentre è il Signore che conferma il ragazzo». «La vita piena inizia con questa certezza: Dio mi ama immensamente, qualsiasi cosa accada, indipendentemente dalla mia fede, a prescindere da me». Il sacramento della Confermazione si chiama anche Cresima perché il Vescovo, in qualità di successore degli apostoli, traccia il segno della croce sulla fronte del cresimando con un olio mescolato ad un profumo, il crisma, «da cui le parole “Cristo”, “cristiano”, “Cresima”». Mons. Andrea invita i ragazzi a pensare questa unzione come un “bacio” di Dio Padre che «rimarrà per sempre» (Omelia nella XIII domenica del Tempo Ordinario, Valdragone RSM, 26.6.2022).
Fino a metà del Vangelo di Luca – osserva il Vescovo – si racconta di Gesù che «andava verso i poveri, gli ammalati, le persone in difficoltà»: il suo “diario quotidiano” era determinato da quelli che avevano bisogno di lui. Poi, dagli ultimi versetti del capitolo 9, il Vangelo assume un altro andamento: «Gesù ha dovuto indurire la sua faccia» e prendere la ferma decisione di salire a Gerusalemme. Mons. Andrea si sofferma sui «tre personaggi che, durante la salita, incrociano Gesù». «Sono anonimi – sottolinea – per dire che rappresentano ciascuno di noi». Simpaticamente ne inventa anche un soprannome. Il primo, “il generoso”, dice a Gesù: «Signore, ti seguirò dovunque tu vada», anche a Gerusalemme. «Il viaggio a Gerusalemme – fa notare – per noi è il viaggio della vita. Per Gesù, invece, era il viaggio in cui avrebbe dato la vita». Gesù risponde dicendo come è lui: «Non ho una tana, neppure un sasso su cui posare il capo…».
Il secondo personaggio, a Gesù che lo invita a seguirlo, replica: «Ti seguirei, ma non sono a posto con le vicende di casa, ho anche il funerale di mio padre da preparare…». «Lo chiamo “il perfettino” – confida – perché vorrebbe seguire Gesù quando tutto è a posto: una tentazione che abbiamo tutti!», aspettare d’esser pronti, rinviare…
Il terzo personaggio – chiamato dal Vescovo “il tenerone” – va volentieri con Gesù, ma «chiede il permesso di andare prima a casa ad abbracciare i suoi famigliari, a salutarli con tutte le cerimonie tipiche delle famiglie orientali». Osservando i tre personaggi si tratteggia pian piano «come Gesù vuole il discepolo». «Gesù non vieta la pietà per i propri cari – chiarisce mons. Andrea – semplicemente smaschera gli indugi, le nostalgie, le molte scuse per evitare domande serie: “Se non ora, quando? Se non io, chi?”». E parafrasa la bellissima preghiera di san Francesco in cui tutti i verbi dal passivo vengono cambiati all’attivo, per dire che il vero discepolo non è mai ripiegato su di sè: «Signore, che io non cerchi tanto di essere capito, ma di capire; che non cerchi tanto di essere ascoltato, ma di ascoltare; che non cerchi tanto di essere amato, ma di amare».
Seguire Gesù può fare paura, ma quello che propone Gesù «è ciò che lui ha vissuto per primo», «è il modo migliore di vivere, il più realizzante». Inoltre, Gesù vuol farci provare «l’ebbrezza della libertà di essere figli di Dio»: libertà «da se stessi e da tutto ciò che pesa su di noi, dagli attaccamenti, da quello che ci impedisce di andare all’essenziale», libertà «per poter amare» (Omelia nella Professione religiosa di suor Giulia Vannini e suor Chiara Calderoni, Pennabilli, 25.6.2022).
Una festa che spesso passa in secondo piano, perché cade all’inizio dell’estate, è quella della Dedicazione della Cattedrale. «Far festa al tempio della Cattedrale e ad ogni altra chiesa, non è altro che proclamare che il Signore è venuto ad abitare con noi peccatori», afferma mons. Andrea commentando il brano di Vangelo che presenta l’incontro di Gesù con Zaccheo: «Oggi voglio fermarmi a casa tua». Nell’incontro di Gesù con Zaccheo torna spesso il tema dello sguardo. Anzitutto, «lo sguardo di un cercatore di Dio, Zaccheo». «La gente – fa notare il Vescovo – era scesa in strada come si fa per una star, ma in Zaccheo c’è qualcosa di più della curiosità: vuol sapere chi è Gesù, non solo che cosa sta accadendo a Gerico». Poi, lo sguardo di Gesù, «uno sguardo che fa esistere ad una vita nuova, perché sa vedere il positivo». «Gesù non si ferma alla folla alla sua destra e alla sua sinistra: il suo sguardo cerca lo sguardo di Zaccheo e non è come quello della folla che giudica e condanna. Gesù vede al di là dell’apparenza, vede Zaccheo e il suo cuore, vede il suo disagio e la sua speranza; non vede il peccatore che è stato, ma il santo che potrebbe essere». «Considerate così – è l’invito del Vescovo – lo sguardo del vostro confessore, che vede in voi il santo che potete diventare!».
Il terzo sguardo è lo sguardo nuovo di Zaccheo. «Dopo aver incrociato gli occhi di Gesù, Zaccheo è cambiato veramente: si volge ai poveri, a tutte le persone che ha imbrogliato, per riparare. Il suo è diventato uno sguardo fraterno». «La conversione – conclude – non è altro che un cambiamento di sguardo». Un suggerimento per tutti: «Passiamo molto tempo a considerare i difetti degli altri; se passassimo le giornate a cercare i pregi degli altri cambierebbero tutti i nostri rapporti» (Omelia nella Festa della Dedicazione della Cattedrale, Valdragone RSM, 17.6.2022).

Paola Galvani, luglio-agosto 2022