Lettera alla Citta di San Leo e alla diocesi, nel Millenario della traslazione di San Leone (Luglio e Agosto 2016)

Gioia e sorpresa per le antiche popolazioni del Montefeltro: con Marino e Leone arriva l’annuncio del Vangelo! La vicenda di Gesù, morto e risorto, incrocia il vissuto antropologico di queste genti, segnate da povertà e sofferenza. Da questo incontro nasce un popolo che via via si consolida nella fede cristiana fino ad esprimerla con genio e originalità nelle istituzioni, nella cultura, nell’arte, ma soprattutto nelle ragioni del suo vivere. Questa identità è ancora viva in larghi strati della popolazione e si traduce in esperienze quotidiane di giovani, adulti e famiglie. È altrettanto vero però che un’altra parte della popolazione ha smarrito questo legame, tutt’al più ne conserva un vago riferimento o una tenue nostalgia. Un tempo il vescovo si rivolgeva a tutti e da tutti veniva ascoltato: il popolo si identificava con la Chiesa. Oggi il popolo cristiano è una delle componenti della società e, in diversi ambienti, è minoranza. Ciò non significa che il popolo cristiano debba rinunciare ad essere presenza attiva, amica e stimolante. Per questo – penso – deve prendere la parola con tutta la chiarezza delle sue convinzioni e la forza della perenne novità del Vangelo. Fedele alla propria identità e senza alcun complesso d’inferiorità, il popolo cristiano ha molto da donare alla società di oggi. Il vescovo parla anzitutto per confermare nella fede i suoi fratelli. Il rischio della omologazione al mondo circostante e dell’acquiescenza alla mentalità corrente fanno perdere l’aggancio a punti fermi della fede e ai valori etici ad essa connessi. Allora anche l’ideale cristiano sbiadisce e perde chiarezza. Ma c’è anche il pericolo, dall’altra parte, della chiusura in élite rassicuranti e incontaminate. I media, da parte loro, quando non ascoltati criticamente, influenzano e inducono stili di vita e atteggiamenti incoerenti. La fede di molti cattolici, talvolta, è poco nutrita, spiritualmente e culturalmente anemica e pertanto insufficientemente preparata al confronto con la modernità, d’altronde anch’essa oggi in crisi. Il vescovo, i sacerdoti e i laici impegnati pastoralmente si fanno carico del servizio fraterno di annunciare e orientare le coscienze. Essi dicono con San Paolo: «Non arrossisco del Vangelo. Guai a me se non evangelizzo» (cfr. Rom 1,16 e 1Cor 9,16). E tra le prime parole del Vangelo vanno proclamate: la fedeltà alla vita, una parola danzata da un nascituro di fronte al Messia racchiuso nel grembo della fanciulla di Nazaret; l’educazione all’amore fino al dono definitivo di sé e l’invito all’accoglienza come pratica della misericordia. Parole molto appropriate sui temi caldi su cui le comunità cristiane vengono provocate in questi giorni di mezza estate.

Sì alla vita

Il valore della vita è riconosciuto da tutti, a parole; in realtà è smentito in mille modi dagli stili di vita spericolati, dalle varie forme di dipendenza, dall’abbandono dei più deboli, dal vuoto che prende tanti fino alla disperazione. Tante persone sperimentano che la vita in quanto tale non trova senso. Diventa difficile per loro, allora, sopportare la fatica quotidiana del vivere. Che senso hanno il lavoro, lo studio? Ed ognuno si trova da solo di fronte alle sofferenze che la vita offre. Figuriamoci chi deve affrontare la “fatica” di un figlio. Che cosa permette allora di stare di fronte alla vita e a tutta la vita fin dal concepimento? Come soccorrere questa ricerca di senso? Anzitutto con l’offerta di una prossimità e di una condivisione di amicizia e di valori, come Gesù fa con noi. Questa amicizia ti fa dire di fronte ad ogni persona: «Tu sei prezioso». È prezioso l’ammalato, il povero, il piccolo: è preziosa la persona umana. Come si può definire “piccolo passo di civiltà” l’aborto? Così recitano testualmente alcune Istanze d’Arengo nella Repubblica sammarinese. La creatura che una mamma porta in grembo è bambino ed è persona. Su questo concordano le scienze e la migliore letteratura. Vogliamo consegnare ai nostri figli una cultura della vita, mentre in Italia, in parte dell’Europa e in moltissimi paesi ha preso piede una mentalità abortista. Sarebbe triste che i cattolici si svegliassero una mattina con una legislazione non rispettosa della vita senza aver partecipato al dibattito e senza aver offerto il loro contributo migliorativo. Restino, i cattolici, una luce, un punto di riferimento e un segno di speranza per una realistica promozione della vita. Non lascino cadere le parole forti di papa Francesco: «Occorre ribadire la più ferma opposizione ad ogni diretto attentato alla vita, specialmente innocente e indifesa, e il nascituro nel seno materno è l’innocente per antonomasia» (Papa Francesco al Movimento per la vita, 2.4.2014). Le donne e le famiglie in difficoltà ci interpellano per cercare soluzioni, per accompagnare solitudini, per mobilitarci in favore della vita. Sempre. Ci sono gruppi, famiglie, associazioni impegnate attivamente e competenti che lavorano e testimoniano; sono promotrici di civiltà e solidarietà sociale. È bene che le donne e le famiglie conoscano queste esperienze di accompagnamento. Discrezione sì, ma non silenzio. Qui la testimonianza è necessaria. Rilanciamo le parole di papa Francesco sull’amore fecondo e sulla bellezza del diventare mamma e papà (cfr. AL 166-177).

Sì all’amore

Nell’opera dello scalpellino di Arbe, San Leone, risplende l’anima oltre la pietra. Mi rivolgo ai giovani con premura e invito tutti a fare altrettanto: che il loro cuore resti sempre “cuore di carne” (cfr. Ez 36,26)! Sono tipici della giovinezza lo stupore e l’incanto per lo sbocciare dell’amore che coinvolge tutta la persona: anima e corpo, emozione e sentimenti. Nei giovani si fa più chiaro il desiderio di essere amati e di amare, di donarsi e contemporaneamente di sentire la propria incompiutezza che reclama prepotentemente un “tu”. La giovinezza è una stagione della vita straordinaria nella quale, tuttavia, al di là di atteggiamenti spavaldi, si provano turbamenti e paure. I giovani hanno bisogno di essere ascoltati e di avere risposte alle loro domande talvolta inespresse. È doveroso dare un contributo per un’autentica educazione affettiva e sessuale che è ben più della sola informazione ed è altra cosa dai “suggerimenti precauzionali”. Primo obiettivo: far comprendere ai giovani che la sessualità è una dimensione della persona ordinata alla relazione ed un fondamentale linguaggio d’amore. Vanno accompagnati a superare il ripiegamento su se stessi, il narcisismo, la pornografia ed aiutati ad un uso critico dei social. Non è cosa d’altri tempi l’educazione alla purezza intesa come rettitudine d’intenzione, rispetto dell’altro, pudore, custodia della propria intimità, dominio di sé. Un progetto di vita assunto in una prospettiva di autentica libertà. Un altro obiettivo importante è mostrare la polarità maschile/femminile come vocazione fondamentale della persona che si apre a un “tu” che la completa specularmente, corpo e anima. Nel rispetto e nella profonda vicinanza ai fratelli e alle sorelle con orientamento omossessuale, dissento dalla teoria del gender e dalle mode indulgenti ad esse legate, sempre più diffuse anche attraverso i media per farne una novità anche a livello culturale. Ragazzi e ragazze imparano a conoscersi crescendo insieme in un clima di rispetto, di cura reciproca e di tenerezza, nelle amicizie, nella scuola, nello sport, nei gruppi, etc. Spesso le esperienze sessuali precoci sono un sintomo della banalizzazione della sessualità, cioè esperienza senza maturità d’amore, gioco o appagamento dei propri vuoti, col risultato di impoverire la sessualità nel suo significato più profondo: assunzione responsabile dell’altro non come oggetto, ma come persona. L’invito a “proteggersi” per un “sesso sicuro” insinua un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, altrettanto fondamentale come quella unitiva. Lasciano perplessi le iniziative tendenti ad introdurre nelle scuole – ambito principalmente educativo – i distributori automatici di profilattici. Grande e insostituibile la responsabilità educativa della famiglia, che, in questo campo, può trovare nella comunità cristiana alleati e risorse positive. Nella prospettiva di una più ampia educazione all’amore è importante annunciare, senza stancarsi, la dimensione vocazionale della vita: vivere è rispondere! Questo annuncio corrisponde alla grandezza degli ideali che possono sbocciare nel cuore dei giovani, fino al dono totale di sé. Tante sono le vocazioni missionarie, al ministero sacerdotale e alla testimonianza della carità fiorite nella nostra terra, un tempo e oggi.

Sì all’accoglienza

Nel ricordo dei nostri San Marino e San Leone il pensiero va all’attuale fenomeno migratorio. Siamo di fronte ad una sofferenza che non lascia nessuno indifferente. Un’onda umana dal continente africano arriva sulle nostre strade, non solo dall’Africa, ma anche dai Paesi tormentati dell’Asia Minore: tutto il bacino del Mediterraneo vive una tragica instabilità. Un avvenimento epocale, inarrestabile almeno nell’immediato; un fenomeno collegato con la crisi di sistemi politici e con squilibri dell’economia mondiale. Ho ascoltato le considerazioni di quanti si dichiarano contrari alle iniziative di accoglienza dei profughi. Temono per la sicurezza dei cittadini; pensano che un’accoglienza imprudente lasci irrisolti – o aggravi – problemi di casa nostra; denunciano le speculazioni di chi vuol trarre profitto dalla situazione; suppongono che la nostra gente non sia capace di affrontare la sfida, anche culturale, che da alcuni viene avvertita come un’invasione; propongono la rimozione delle cause di questi esodi con un impegno pianificato di aiuti sul posto. Tutte difficoltà reali. È indubbio che l’immigrazione va ordinata e gestita in modo serio e realistico. Non ho trovato nello sguardo degli amici che hanno queste posizioni né razzismo, né intolleranza e, tuttavia, mi rivolgo a loro e a tutti i miei fratelli di fede con l’invito a prendere in considerazione progetti e programmi di accoglienza. Non è buonismo, ma desiderio di buona politica. L’insegnamento quotidiano di Papa Francesco orienta verso il miglioramento delle relazioni internazionali, la cultura dell’inclusione e dell’incontro, secondo una chiara prospettiva di fratellanza universale. Sono nodi del nostro tempo che ci chiamano ad una responsabilità più grande perché si realizzi un mondo più unito. In concreto. Mi rivolgo ai fedeli adulti e soprattutto ai giovani della mia Chiesa diocesana, invitandoli a fare un passo dal profondo del cuore verso l’altro. I fedeli conoscono la condizione pellegrinante dell’essere cristiano, la spiritualità dell’esodo e dell’esilio e, soprattutto, quella Parola che ogni volta fa trasalire: «Ero forestiero e mi avete ospitato». L’accoglienza si deve tradurre, innanzitutto, nel sostegno al lavoro delle istituzioni e dei mediatori culturali per favorire l’incontro, in un clima di benevolenza e di coinvolgimento degli ospiti ai momenti significativi delle nostre comunità, con l’organizzazione di momenti di studio e di lavoro socialmente utile, affinché il loro soggiorno diventi, nella totale gratuità, occasione di incontro con il Vangelo di Gesù e arricchimento per la nostra Comunità. Mi rivolgo alle autorità civili delle nostre valli e della Repubblica sammarinese per assicurare tutto il mio appoggio alle loro iniziative. A tutti dico: facciamo memoria della nostra tradizione di ospitalità e di equilibrio, attitudini vissute in circostanze altrettanto drammatiche. Non dimentichiamo che anche il nostro popolo ha conosciuto il fenomeno della emigrazione in terre lontane per cercare lavoro e libertà. In qualcuno dei nostri Comuni, dopo iniziali timori, si è potuta constatare la positività dell’esperienza di accoglienza e la ricchezza umana degli ospiti (per lo più giovani). Se avessimo la possibilità di conoscere qualcuna di quelle persone, la paura, comprensibile per ciò che è nuovo e inatteso, si tradurrebbe in curiosità e la curiosità in amicizia. Nella Repubblica di San Marino le Autorità stanno affrontando il problema conformemente alla legislazione e alla particolare collocazione dell’antica repubblica tra le nazioni. Già in qualche parrocchia e in qualche casa religiosa si è data ospitalità. Do tutto il mio incoraggiamento e il mio sostegno. Invito singoli e comunità a concorrere alla buona riuscita di questi progetti. È noto poi quanto la Caritas diocesana sta facendo e continuerà a fare anche per i tanti perseguitati a motivo della loro fede. Basta solo aprire il cuore e la ragione e le soluzioni si trovano. Abbiamo sperimentato tante volte che per essere accoglienti abbiamo bisogno innanzitutto di qualcuno che ci accolga, ci perdoni e ci usi misericordia. È il messaggio centrale di questo Anno giubilare. Mi rivolgo alle comunità cristiane (parrocchie, gruppi, associazioni, etc.), ma, in questa circostanza – il millenario della traslazione del corpo di San Leone – mi rivolgo a tutti. Si tratta di un messaggio da interpretare come un sincero atto d’amicizia: propone, non impone; offre un contributo attingendo alle “ragioni della ragione”, portando esperienze di vita di tante persone. Faccio appello ad una limpida laicità nella quale trova rispetto e considerazione ogni parola seria, ponderata e schietta. Ripeto a tutti il mio pronunciamento e le mie considerazioni sul valore della vita dal suo primo inizio al suo naturale compimento, sull’importanza dell’educazione dei giovani all’amore e, infine, sull’accoglienza dei profughi e dei migranti. Si tratta di tre “sì”! Questi temi sono oggetto di confronto: se ne discute in sede istituzionale, se ne parla nelle famiglie, se ne scrive sui giornali. Ci si prepara, soprattutto nella Repubblica di San Marino, a prendere decisioni. La storia e l’esperienza insegnano che non sempre il criterio della maggioranza è criterio di verità e di bene. Nonostante ciò, la Chiesa, proprio perché riconosce e vuole tutelare la piena laicità di ogni Stato, non mancherà il rispetto per le conclusioni che verranno prese democraticamente dalle Istituzioni, pur auspicando che ogni scelta vada a favore della vita. La Chiesa, in ogni caso, continuerà il proprio impegno per promuovere la cultura della vita e difendere la vita degli ultimi e dei più deboli. Giova ricordare quello che dice la Sacra Scrittura: «Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia» (Es 23,2).

Il mio augurio: che da radici ancor così vive – i nostri padri Leone e Marino – continui a sbocciare, come in una nuova primavera, una fioritura di sapienza e di bellezza. Che Leone e Marino, primi evangelizzatori della nostra terra, benedicano le nostre famiglie, i nostri borghi e le nostre Istituzioni.

+ Andrea Turazzi