L’Eucarestia e i suoi riti, della Sacrosanctum Concilium (Marzo 2018)

Dopo le due premesse che ci hanno introdotto alla riforma liturgica del Vaticano II in generale, ora ricuperiamo sinteticamente i grandi principi conciliari che guidano tale riforma. Nel cap. 1 la Sacrosanctum Concilium (SC) offre i “principi generali per la riforma e l’incremento della sacra liturgia”. Vi emerge la teologia della liturgia che affonda le sue radici nel piano della storia della salvezza che Dio ha operato in Cristo (SC 5-6) e la teologia della molteplice presenza di Cristo nella celebrazione della liturgia (SC 7): nella persona del ministro celebrante, nei sacramenti, particolarmente nelle specie eucaristiche, nella parola proclamata e nella comunità riunita nel nome di Cristo. Benché non costituisca la totalità della vita cristiana, la liturgia ne è tuttavia fonte e culmine (SC 10). La finalità dell’intera riforma liturgica è la partecipazione attiva dei fedeli alle celebrazioni liturgiche (cfr. SC 14). La liturgia essendo per sua natura azione pubblica, la forma preferita è quella della celebrazione pubblica e comunitaria (cfr. SC 21, 26, 27) e ogni ministro e partecipante devono svolgere soltanto e tutto ciò che spetta loro (SC 28). La lettura della Scrittura deve essere più abbondante, più varia e più adatta (SC 33, 35). Per favorire la partecipazione attiva, viene concesso più spazio alla “lingua volgare” (SC 36) e alla possibilità di un adattamento più profondo della liturgia alla cultura e alle doti di animo dei vari popoli (SC 37-40). Il cap. 2 applica queste norme generali alla celebrazione del mistero eucaristico. Dopo un breve riassunto teologico, si afferma che di fronte ad un mistero così grande i fedeli non possono essere muti spettatori, ma piuttosto partecipanti attivi (cfr. SC 47). In funzione di questa attiva partecipazione vengono date le norme circa la celebrazione eucaristica. L’Ordo Missae deve essere riveduto e semplificato specialmente sopprimendo quegli elementi che non sono utili o ristabilendo quelli che con il tempo sono andati perduti e che favorirebbero la comprensione e la partecipazione alla Messa (SC 50). Si deve leggere la Sacra Scrittura con abbondanza e in un determinato numero di anni (cfr. SC 51); l’omelia deve tornare ad essere parte integrante della celebrazione della Messa (SC 52) e la preghiera universale o dei fedeli deve essere ripristinata (SC 53). In circostanze speciali, il popolo può ricevere la comunione sotto le due specie del pane e del vino (SC 55). Aiutare il popolo a comprendere che la celebrazione della Messa è una singola celebrazione costituita da due parti, la liturgia della parola e la liturgia eucaristica, che sono così congiunte da formare un solo atto di culto (SC 56). Infine, si offre la possibilità della concelebrazione dei sacerdoti in varie occasioni (SC 57-58). In base a queste norme il Consilium, speciale commissione istituita il 25 gennaio 1964 da Paolo VI con la Lettera apostolica Sacram Liturgiam per la giusta applicazione della Costituzione sulla liturgia, fece il suo lavoro. Il frutto principale di questa riforma fu la progressiva pubblicazione di tutti i libri liturgici di cui il Messale Romano ci occuperà d’ora in poi.
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti