L’Eucarestia nei suoi riti. Dal IV al XV secolo – seconda parte (Giugno 2017)

 

Concludiamo il discorso su questo lungo periodo presentando la vita liturgica che esso ci tramanda, ovviamente semplificando al massimo. Assistiamo ad un continuo sviluppo della liturgia in positivo come in negativo. Fino al VII secolo la partecipazione dei fedeli alla Messa è ancora viva, con acclamazioni, risposte, canto delle parti convenienti come il Kyrie e il Sanctus, offerta dei doni per l’Eucaristia e i gesti corporali. Dal secolo VIII c’è un progressivo allontanamento del popolo da una vera e attiva partecipazione e dalla comunione eucaristica, allontanamento favorito anche da forme nuove di pietà eucaristica come il “vedere” l’Ostia o “adorarla” che conduce perfino a celebrare la messa con il Santissimo esposto. I secoli XI-XIII introducono nuovi usi di riverenza, per invitare i fedeli a rivolgere la loro attenzione al momento specialmente della consacrazione: preghiere per salutare privatamente il Corpo di Cristo, campanelli e candele, inchini per salutare il Corpo di Cristo, tenere le dita giunte da parte del sacerdote dopo aver toccato l’ostia consacrata in segno di riverenza. Nello stesso periodo si manifestano tendenze individualistiche e soggettivistiche con l’apparizione anche dei messali “plenari” che permettono al sacerdote di celebrare la messa completamente da solo, come “messa privata”, recitando sottovoce perfino i testi delle letture e dei canti. La liturgia diventa sempre più “la liturgia del clero”, nella quale i soli chierici fanno tutto. Il pergamo posto tra il presbiterio e l’altare divide lo spazio della chiesa in una “chiesa dei chierici” e una “chiesa del  popolo”, rompendo così già architettonicamente l’unità dell’unica comunità di Cristo costituita da chierici e da fedeli (Adolf Adam-Winfried Haunerland). Appaiano la Messa “bifaciata”, cioè si celebra due volte fino al Sanctus e poi si dice una sola volta il Canone (Preghiera Eucaristica), così si pensa di non aver infranto il divieto di binare in vigore dal sec. X-XI; la messa “sicca”, cioè senza Canone, per commemorare un santo o soddisfare un’intenzione, evitando così di dire una seconda messa intera; moltiplicazione delle messe; la fioritura del culto dei santi e delle reliquie, dei pellegrinaggi; il sorgere della festa del Corpus Domini e altre forme di devozioni. Si assiste non tanto ad una mancanza di devozione quanto ad un’eccessiva riverenza per il sacramento che avrà come conseguenza, tra le altre, il fatto che l’ostia non è più deposta sulla mano, ma sulla lingua, e la comunione al calice non viene più fatta perché si temeva oltremisura, tra altri motivi, il rischio di versare anche una sola goccia… (Adolf Adam-Winfried Haunerland).
Questi abusi ed altri risvegliarono però in molti cristiani sensibili il desiderio di una “riforma nel capo e nelle membra”. Così si deve riconoscere nel contempo la profonda fede, interiorità e disposizione al sacrificio da parte di vasti ambienti ed alcuni personaggi come Bernardo da Chiaravalle, i Francescani e i Domenicani ed altre correnti spirituali quale la Devotio moderna, che invitano ad una maggiore interiorizzazione della vita religiosa. Quello che è stato realizzato fino alla fine del quattrocento costituisce il fondamento immediato per la riforma liturgica del concilio di Trento.
Don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la liturgia e i Ministri Istituiti