L’Eucarestia nei suoi riti: presentazione (Gennaio 2017)

Il percorso riguardante i sacramenti che stiamo facendo sul Montefeltro è partito ovviamente dai sacramenti dell’iniziazione cristiana, che stiamo presentando secondo il loro ordine cronologico naturale “nei loro riti”. La riflessione sul Battesimo è stata seguita da quella sulla Confermazione. L’iniziazione cristiana culmina nell’Eucaristia, “sacramento di amore, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolma di grazia e ci è dato il pegno della gloria futura” (cfr. SC 47), proprio perché “particolarmente dall’eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa” (SC 10).
Già che la finalità della fede, e quindi della liturgia in genere è quella di arrivare all’unione di vita con il Signore, lontano dal quale la nostra esistenza tutta rimane inquieta ed incompiuta. Data però la ricchezza inesauribile del sacramento dell’Eucaristia, la sua comprensione esaustiva rimane fuori dalla portata delle nostre brevi riflessioni sul giornale diocesano. Una scelta tematica si impone quindi. Per quanto possibile cercheremo di ricuperare sinteticamente la “storia” dell’Eucaristia, la svolta del Vaticano II, le parti della celebrazione eucaristica, per poi concludere con qualche nota indicativa sull’importanza di evitare l’eccesso delle Messe.
Subito una premessa fondamentale si rende necessaria. Ogni epoca nella storia liturgica ha il proprio valore, e chiede il rispetto dello studioso ed anche del lettore. Non possiamo considerare solo l’epoca neotestamentaria e il periodo del Vaticano II ad esclusione degli altri periodi, benché non tutti abbiano lo stesso valore e la stessa importanza. Ogni epoca liturgica può offrire modelli da imitare e pure sbagli da evitare, in quanto la liturgia “infatti consta di una parte immutabile, perché di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o addirittura devono variare, qualora si siano introdotti in esse elementi meno rispondenti alla intima natura della liturgia stessa, oppure queste parti siano diventate non più idonee” (SC 21). Riguardo ai modelli storici, notiamo che alcuni di essi appartengono ad epoche particolari della Chiesa, e perciò non devono essere ricuperati ad ogni costo senza riguardo alla pastorale, allo spirito della liturgia riformata e alla teologia. La storia non deve condurre all’archeologismo o al romanticismo liturgico. Essa mostra come la Chiesa attraverso le epoche culturali ha assimilato elementi della cultura contemporanea nella liturgia. Questo fatto dà un carattere contingente e relativo a tanti elementi della liturgia, e permette alla Chiesa di cambiare, modificare o abolire quegli elementi, meno coerenti o congeniali coi bisogni attuali della Chiesa e con lo spirito liturgico del Concilio Vaticano II. Liturgia semper reformanda!

Don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti