L’oblio di Dio Creatore e Padre non tarda a trasformarsi in oblio della propria storia, delle radici famigliari e culturali, in dimenticanza del nostro essere humus, cioè terra e polvere, nel grembo della misericordia divina. A queste viscere materne Papa Francesco ha ricondotto i tanti incontri del mese di febbraio, terzo di questo Anno Giubilare.
Il 9 febbraio ai Missionari della Misericordia, confessori con un mandato speciale, ha ricordato che il sacerdote è chiamato a fare memoria della propria «esistenza di peccatore e a porsi umilmente come “canale” del perdono di Dio»: davanti a chi “decide nel proprio cuore di cambiare vita e di non voler peccare più” egli incarna “la maternità della Chiesa” che “genera sempre nuovi figli nella fede”. Come Sem e Jafet coprirono il padre Noè ubriaco e nudo, così il confessore mette il penitente “al riparo dalla vergogna” del peccato commesso attraverso la comprensione delle parole e dei gesti, e la compassione.
Con lo stesso spirito di carità e di accoglienza il 12 febbraio, a L’Avana, il Papa ha incontrato Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia: la Dichiarazione congiunta che ne è scaturita testimonia la consapevolezza “della debolezza umana e del peccato” che hanno diviso cattolici e ortodossi e la “determinazione” a sanare questa millenaria ferita affrontando insieme questi tempi di “cambiamento epocale”, di fronte ai quali nessun pastore è autorizzato “a restare inerte”. Radicati su una Tradizione spirituale antica condivisa e sulla “comune sofferenza” di martiri di ieri e di oggi “appartenenti a varie Chiese”, Francesco e Kirill si levano in difesa dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e in Nord Africa: l’unità di preghiera e di azione dei cristiani è la condizione perché la “pace sia durevole e affidabile”. Ai leader religiosi, responsabili nell’”educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose”, ricordano che “nessun crimine può essere commesso in nome di Dio”. Dal “Nuovo Mondo”, dotato di un “potente potenziale religioso”, guardano con preoccupazione all’Europa, dove “l’ideologia di un secolarismo aggressivo” colpisce la famiglia, la vita e la libertà di fede: “siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane”, “ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione (il matrimonio)”, il cui valore autentico “viene estromesso dalla coscienza pubblica”. A questo capitolo si aggancia quello “del diritto inalienabile alla vita”: “la voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio”, così come l’eutanasia e le tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Nei “giovani cristiani” risvegliano il coraggio della via “controcorrente” del Vangelo in un mondo “in cui scompaiono progressivamente i pilastri spirituali dell’esistenza umana”. L’eco di questi temi risuona nelle ore successive in Messico, terra dei martiri cristeros, dove il Papa incontra un popolo multiculturale e dal volto giovane: indigeni, meticci e creoli, spesso protagonisti di una “lunga e dolorosa storia” di violenze e incomprensioni, sono depositari di una “sapienza ancestrale” (Incontro con le Autorità).
“I giovani di oggi, esposti a una cultura che tenta di sopprimere tutte le ricchezze, le caratteristiche e le diversità culturali inseguendo un mondo omogeneo, hanno bisogno che non si perda la saggezza dei loro anziani!” (Incontro con le famiglie).
Più della metà della popolazione messicana è costituita da giovani: questa abbondanza di futuro va protetta dalla “metastasi” del narcotraffico e dalle ideologie di solitudine e di morte che minacciano anche queste terre, eredi di un razionalismo europeo che è positivo nella misura in cui continua a radicarsi nel grembo messicano originario. E il grembo per eccellenza, in Messico, è quello della Virgen Morenita, la Madonna di Guadalupe che nel 1531 apparve ad un “piccolo”, a San Juan Diego: “in quell’alba Juanito sperimenta nella sua vita che cos’è la speranza, che cos’è la misericordia di Dio”; lui, indigeno illetterato, “è scelto per sorvegliare, curare, custodire e favorire la costruzione di questo Santuario” per mostrare al mondo che “nella costruzione dell’altro santuario, quello della vita, quello delle nostre comunità, società e culture, nessuno può essere lasciato fuori” (Omelia nella Basilica di Guadalupe).
* Monache Adorazione Perpetua – Pietrarubbia