Silenzio dopo la Messa?

Nell’ultimo Consiglio pastorale parrocchiale abbiamo discusso su questo. Finita la Messa ci piace salutarci, raccontarci com’è andata la settimana, commentare l’omelia (non manca, ahimè, qualche chiacchiera…), ecc. Alcuni non condividono. Domandano che, terminata la Messa, si rispetti il silenzio ed il raccoglimento. “Siamo in chiesa”, ripetono con forza. Agape o intimità con il Signore? Che ne pensa? Annamaria Del silenzio prima e durante la celebrazione ne parla il n. 45 dell’OGMR, come abbiamo già scritto a suo tempo. Invece sul dopo celebrazione, in chiesa, non risultano normative precise dal Magistero. Pertanto, ci affidiamo al buon senso teologico e pastorale senza ricadere né in un soggettivismo arbitrario né in un formalismo giuridico infecondo. Secondo Rino Fisichella “il silenzio è linguaggio; esso costituisce, anzi, la fonte originaria di ogni linguaggio vero e il suo fine ultimo. Il silenzio non giunge quando la parola si è stancata di esser pronunciata o quando non si trovano più parole per continuare il discorso; al contrario, esso segna l’inizio di ogni vera parola e la possibilità per raggiungere il suo significato profondo. Senza il silenzio, la parola sarebbe orfana, priva di un luogo in cui porsi in modo significativo e lascerebbe spazio solo al rumore, cioè alla...

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Anticipare lo scambio della pace?

Ho visto in una chiesa diversa dalla mia che il sacerdote celebrante ha invitato i fedeli allo scambio della pace anticipandolo. Gli ho chiesto il perché. Mi ha detto che il segno di pace, soprattutto tra i bambini e i ragazzi crea molta confusione e toglie la preparazione alla Comunione. Un lettore, Sauro La questione dello scambio del segno della pace è stata già trattata nel numero di novembre 2019 del “Montefeltro”, al quale rimando per il significato teologico e il posto di questo gesto nella liturgia romana rispetto, per esempio, a quella ambrosiana. Mi limito a fare alcune considerazioni. Per questo ed altri elementi di ogni celebrazione liturgica, il celebrante è autorizzato a fare solo quegli adattamenti permessi dal libro liturgico stesso nella sua autonomia. Circa l’argomento specifico è da ricordare che già Papa Benedetto XVi, nell’Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis, aveva posto il problema ed affidato alla Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei Sacramenti il compito di esaminare la questione per salvaguardare il senso sacro della celebrazione eucaristica e il senso del mistero nel momento della Comunione sacramentale (cfr. n. 49). La Congregazione, dopo avere interpellato le Conferenze dei Vescovi nel maggio 2008 e dopo...

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Il fonte battesimale. Dove?

È terminata la rubrica sui Prenotanda del Messale Romano. Avevamo recepito, grazie a diversi interventi pervenuti dai nostri lettori, l’interesse suscitato dagli articoli curati da Don Raymond Nkindji Samuangala, Assistente ecclesiastico dell’Ufficio Liturgico diocesano, che abbiamo pubblicato sul “Montefeltro” per oltre un anno. In diversi ci hanno posto domande tese ad approfondire ulteriormente i diversi temi trattati. Don Raymond ha dato la sua disponibilità a rispondere alle domande pervenute così, con questo articolo, diamo inizio alla nuova pagina di liturgia del nostro giornale diocesano, dedicata al dialogo con i lettori. Saranno sempre i documenti della Chiesa a guidarci in questo dialogo. Le domande saranno trattate secondo il loro ordine di arrivo e ciascuna sarà riportata interamente all’inizio del commento. Domanda – Nell’attuazione del programma pastorale abbiamo recepito il valore del fonte battesimale; per questo abbiamo messo in onore lo spazio del Battistero. Ma il luogo della celebrazione del Battesimo è angusto, i fedeli vorrebbero assistere e vedere il rito. È sbagliato allestire un “fonte” battesimale “volante” in presbiterio? Grazie Una lettrice, Michela Il linguaggio liturgico è fondamentalmente quello della parola e dei segni che esplicitano i vari aspetti dei misteri celebrati. Lo stesso spazio celebrativo, gli elementi e oggetti vari...

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Celebrazione eucaristica: Riti di conclusione

Il n. 90 dell’OGMR presenta questi riti nei loro elementi essenziali e costitutivi come di seguito: brevi avvisi, se necessari (cfr. nn. 166, 184); il saluto e la benedizione del sacerdote, che in alcuni giorni e in certe circostanze si possono arricchire e sviluppare con l’orazione sul popolo o con un’altra formula più solenne; il congedo del popolo da parte del diacono o del sacerdote, perché ognuno ritorni alle sue opere di bene lodando e benedicendo Dio; il bacio dell’altare da parte del sacerdote e del diacono e poi l’inchino profondo all’altare da parte del sacerdote, del diacono e degli altri ministri. Questi riti, nei loro elementi, presentano una certa similitudine con i riti d’inizio della celebrazione. Il saluto prima della benedizione evoca quello che precede l’atto penitenziale all’inizio di tutta la celebrazione. Così pure il gesto di venerazione dell’altare con il bacio da parte del sacerdote e del diacono si compie qui come all’inizio della celebrazione. E si conclude tutto come era cominciato, con l’inchino profondo all’altare da parte del sacerdote, del diacono e degli altri ministri. Parlando dell’“inchino profondo all’altare” l’OGMR sembra dare per scontato il fatto che il tabernacolo non si trova nel presbiterio dietro all’altare. In...

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Riti di Comunione: “Comunione eucaristica”

Prima della Comunione (nn. 84-88) il sacerdote si prepara con una delle due preghiere da recitare a bassa voce, così pure i fedeli si preparano interiormente. Dopo la presentazione del pane eucaristico ai fedeli “sulla patena o sul calice” (n. 84), che comprende l’invito al banchetto, con l’espressione di sentimenti di umiltà e di fede, viene distribuita la Comunione. Perché sia vera partecipazione al sacrificio in atto, dovrebbe avvenire con le ostie consacrate nella stessa celebrazione e, quando è consentito, anche al calice (cfr. n. 85). Così il segno è completo. La Comunione può essere ricevuta sulla lingua, secondo la tradizione del secondo millennio in Occidente, oppure sulla mano secondo la comune tradizione del primo millennio ripristinata anche in Italia dall’episcopato con il Decreto del 19 luglio 1989. Il fedele che desidera ricevere la Comunione sulla mano presenta al ministro entrambe le mani, una sull’altra, rispondendo «Amen» alle parole «Il corpo di Cristo», e facendo un leggero inchino, e non con il silenzio o con l’insignificante “grazie”. Quindi davanti al ministro, o appena spostato a lato per far avanzare il fedele che segue, mette in bocca l’ostia prendendola con le dita dal palmo della mano, facendo attenzione a non lasciar...

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Riti di Comunione: “Frazione del pane”

La frazione del pane (OGMR, n. 83) ricorda il gesto compiuto da Cristo nell’Ultima Cena, secondo la concorde testimonianza dei Vangeli sinottici e quella paolina (cfr. 1 Cor 11,24) ed anche la sera della risurrezione con i due discepoli di Emmaus (Lc 24,35). Sin dal tempo apostolico questo gesto del Signore ha dato il nome a tutta l’azione eucaristica come ce ne dà testimonianza il libro degli Atti degli Apostoli (At 2,42). Per sottolineare il significato fortemente cristologico ed ecclesiologico nel contempo l’ordinamento liturgico non prevede, durante la celebrazione eucaristica, la frazione del pane nel momento del racconto dell’istituzione, bensì ne ha fatto un rito a parte. Il rito legato a questo nome ha perduto gran parte della sua ragione pratica, poiché in genere, da molti secoli, la frazione riguarda il «pane» per il sacerdote e i concelebranti, non per i fedeli. Ma conserva un significato simbolico, cioè che noi, pur essendo molti, diventiamo un solo corpo nella comunione a un solo pane, che è Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo (cfr. l Cor 10,17). Secondo l’Ordinamento Generale, la frazione del pane non si sovrappone al gesto dello scambio della pace ma inizia dopo lo scambio di...

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Riti di Comunione: “Rito della pace” (novembre 2019)

Il Rito della pace vuole invocare la pace e l’unità per la Chiesa e per l’intera famiglia umana (n. 82). E nel tempo stesso i presenti “esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento” (idem). Sembra escluso che il gesto esprima il senso della riconciliazione tra i fedeli prima della Comunione. Il significato teologico e il posto dove è collocato questo gesto differiscono nella tradizione liturgica romana da quella di altre famiglie liturgiche, ad esempio ambrosiana, benché le due prassi abbiano un fondamento biblico. In effetti, mentre la liturgia ambrosiana si rifà a Matteo 5, 23, sottolineando in tal modo l’esigenza della riconciliazione tra i fedeli prima di presentare i doni all’altare, la tradizione romana invece compie questo gesto prima della Comunione eucaristica, con un suo specifico significato teologico. «Esso trova il suo punto di riferimento nella contemplazione eucaristica del mistero pasquale presentandosi così come il “bacio pasquale” di Cristo risorto presente sull’altare» (Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Lettera circolare l’espressione rituale del dono della pace nella Messa, 8 giugno 2014). La fonte sono dunque i racconti evangelici dove è il Signore Gesù stesso che dà la sua pace ai...

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Riti di comunione: “Padre nostro” (Ottobre 2019)

Si potrebbe dire che la preghiera eucaristica culmina in questa parte in quanto i riti di comunione esprimono il senso e la finalità di tutta la celebrazione: entrare sacramentalmente in comunione di vita con il sacrificio del Signore, anche attraverso il gesto concreto e materiale del “mangiare” e del “bere”. Di fatto, i riti di comunione manifestano pienamente il carattere conviviale della celebrazione eucaristica, dicono che essa è «un convito pasquale» e quindi «conviene che, secondo il comando del Signore, i fedeli ben disposti ricevano il suo Corpo e il suo Sangue come cibo spirituale» (n. 80). La Comunione dei fedeli, e non solo del sacerdote, è parte integrante della celebrazione eucaristica. Il ricco e vario complesso rituale tende per un verso a disporre (frazione del pane e riti preparatori) e per l’altro verso ad accompagnare la Comunione (canto di Comunione). Di ognuno di essi l’OGMR offre la giustificazione, cioè il significato che assume nel contesto dei riti di Comunione. Padre nostro o preghiera del Signore (n. 81): introdotta e sviluppata (embolismo) dal sacerdote, la preghiera è orientata alla Comunione soprattutto per la domanda del pane quotidiano (inteso dalla tradizione patristica come pane eucaristico, Cristo Signore) e per la purificazione...

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La preghiera eucaristica: alcune precisazioni (Luglio-Agosto 2019)

A proposito dell’offerta l’OGMR asserisce la parte e il significato riconosciuto all’assemblea: «La Chiesa, in modo particolare quella radunata in quel momento e in quel luogo, offre al Padre nello Spirito Santo la vittima immacolata… i fedeli imparino ad offrire se stessi» (79 f). L’offerta della vittima immacolata non è chiesta al solo sacerdote (per suo mezzo) ma coinvolge l’assemblea: «offriamo» è un plurale effettivo, non maiestatico del sacerdote. Ciò non significa che l’assemblea recita con il sacerdote la preghiera eucaristica e le altre preghiere riservate solo al ministro ordinato, bensì che i fedeli non si sentono spettatori passivi. Con le modalità loro proprie, e soprattutto con le disposizioni interiori adeguate e la piena consapevolezza essi sono chiamati ad offrire sé stessi, la propria vita, in comunione come l’offerta dell’unica vittima che salva il mondo. In piedi o in ginocchio durante la preghiera eucaristica? Premettiamo che in ogni celebrazione liturgica non vi è un’azione, un gesto, un atteggiamento, che sia “neutro” né banale. Esso riveste sempre di un significato teologico e/o antropologico preciso in quanto parte integrante del linguaggio liturgico, fortemente simbolico e rituale. E quando i libri liturgici ci danno diverse possibilità di scelte dovremmo comunque adottare quei gesti...

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La preghiera eucaristica (Giugno 2019)

La preparazione dei doni, oggetto del precedente articolo, termina con l’orazione sulle offerte e “Nella Messa si dice un’unica orazione sulle offerte, che si conclude con la formula breve: Per Cristo nostro Signore; oppure «Egli vive e regna nei secoli dei secoli»” (n. 75). Questa precisazione esclude la pratica di dire due orazioni, soprattutto nelle Messe durante le quali si celebra un altro sacramento come il battesimo, la cresima, il matrimonio, ecc. E vale per le tre orazioni della Messa: colletta, sulle offerte e dopo la comunione. Con l’orazione sulle offerte “si conclude così la preparazione dei doni e ci si prepara alla Preghiera eucaristica” (n. 75). L’espressione “Preghiera eucaristica” è il termine appropriato per esprimere questo «momento centrale e culminante dell’intera celebrazione», chiamato un tempo «canone» o «consacrazione». Il n. 78 spiega il senso globale della preghiera. Essa è “la preghiera di azione di grazie e di santificazione”, proclamata dal solo sacerdote che la rivolge a Dio per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo, ma «a nome di tutta la comunità» che ne ratifica la conclusione. «Il significato di questa preghiera è che tutta l’assemblea si unisca insieme con Cristo nel magnificare le grandi opere di Dio e...

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