Lo sguardo che fa crescere

Meditazione per i primi giorni dell’anno. Anno nuovo: ecco il primo numero del nostro mensile. Ci siamo attardati a fare bilanci sull’anno trascorso, ora siamo curiosi per il 2020, ricco di incognite, di inevitabili interrogativi e di speranze. Auguri! Nell’agenda vi sono già delle date cerchiate con l’evidenziatore. Anzitutto vengono in rilievo gli eventi planetari: le lancette della preghiera non possono che indicare grandi orizzonti e sintonizzarci sul grido dei poveri. Ci sono avvenimenti che ci tengono col fiato sospeso: le migrazioni, la questione del clima, le tensioni verso una vera democrazia, le incertezze delle politiche internazionali. E poi avvenimenti di casa nostra: i primi passi del nuovo governo sammarinese dopo le elezioni politiche, l’attesa per le amministrative in Emilia Romagna e – perché no? – l’avventura del calcio italiano agli Europei… Inoltre, c’è attesa per alcuni eventi ecclesiali: in Italia l’avvio di un quinquennio per il rilancio della “missione” (tempo di missione per la Chiesa italiana); le imminenti giornate di incontri fra le Chiese affacciate sul Mediterraneo; la preparazione della “Settimana sociale dei cattolici italiani” a Matera. Non meno decisive sono le vicende che ci riguardano personalmente, essendo continuamente provocati (e rimessi in gioco) dalle molteplici relazioni. Persino dalla relazione con noi stessi. Tutto abbraccia lo sguardo di Dio che rassicura e dà coraggio; su questo indugia questa mia meditazione, opportuna per i giorni di inizio anno. Resiste ancora, ahimè, una rappresentazione secondo cui Dio sarebbe come “un celeste sorvegliante” sullo scorrere dei nostri giorni, un sorvegliante che spia i fatti più piccoli come le imprese delle sue creature: uno sguardo giudicante. Che sia il sopravvivere della cattiva coscienza di Caino che è in noi? Nessuno potrebbe sottrarsi a questa meticolosa inchiesta. Forse ci sarà – si dice – chi è abile a sfuggire alla giustizia umana, ma non a quella divina. Una siffatta narrazione nasce probabilmente dall’esigenza che il crimine non resti impunito. Ma questo sguardo, alla fine, risulta opprimente: come vivere sotto occhi onniveggenti e inquietanti e sentirsi sereni? Anche l’autore dei Salmi ha provato questo sentimento: «Allontana da me il tuo sguardo, perché io respiri» (Sal 39,14). Egli chiede d’essere lasciato in pace! A volte identifichiamo lo sguardo di Dio con lo sguardo su noi stessi: l’istanza interiore che ci fa paragonare continuamente i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni, con ciò che pretendiamo di essere; l’inguaribile tendenza a ripiegarci su noi stessi; il “guardarsi” che alla fine inibisce e blocca l’ardimento dei desideri più belli. Sì, c’è uno sguardo di Dio, ma è altro! È uno sguardo che fa crescere ed incoraggia, ben diverso da quello degli uomini. Giobbe, icona dell’uomo sottoposto a prova, protesta: «Hai tu forse occhi di carne o anche tu vedi come l’uomo?» (Gb 10,4). Ancora il salmista: «Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano. Stupenda per me la tua saggezza» (Sal 139,5-6). Lo sguardo di Dio non è quello delle “stelle che stanno a guardare” (Cronin), ma quello che arriva a confessare il suo coinvolgimento appassionato: «Ho osservato la miseria del mio popolo, ho udito il suo grido, conosco le sue sofferenze…» (cfr. Es 3,7). E poi c’è lo sguardo di Gesù: sguardo che mette in cammino, che ricostruisce esistenze, che fa luce nelle coscienze. Come lo sguardo sul giovane ricco: lo guardò e lo amò con l’invito dell’innamorato: lascia tutto per me! (cfr. Mc 10,21-22). C’è lo scambio di sguardi fra Zaccheo e Gesù. Il capo dei pubblicani, dall’alto del sicomoro, osserva Gesù che passa. Gesù lo guarda dal basso e – sorpresa! – chiede un’imprevedibile ospitalità nel cuore di Zaccheo prima ancora che nella sua casa, nient’affatto bloccato dai peccati del pubblicano. Lo sguardo di Gesù mette a fuoco la vista di Zaccheo, capace ora di una zoomata che gli fa vedere fratelli in coloro che erano le sue prede: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19,8). Auguro ai lettori giorni lieti e fecondi sotto lo sguardo di Dio che è grazia e benevolenza e che apre orizzonti. «Signore, insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore» (Sal 90,12).

+ Andrea Turazzi, gennaio 2020