Lo Spirito Santo: “sconosciuto… ma non estraneo”

Per ascoltare occorre il silenzio

Dice il Salmo: «Questo povero grida, il Signore lo ascolta» (Sal 34,18), «ma nei Vangeli – fa notare il Vescovo Andrea – c’è un di più di prossimità: il povero grida e il Signore lo guarda, lo prende per mano». «Siamo così introdotti – prosegue mons. Andrea – nel mondo della sanità», caratterizzato dall’esperienza della «sofferenza umana che prende la forma della malattia» e da quella «dell’amore umano che prende la forma della cura verso chi è infermo: il mondo della malattia invoca senza sosta il mondo dell’amore». L’esigenza, umana e cristiana, «dell’incontro fra la sofferenza e l’amore, ha assunto nel corso dei secoli forme istituzionali, in cui la Chiesa è stata la protagonista nell’invenzione degli ospedali, e forme professionali, a motivo del loro contenuto profondamente umano ed evangelico, per cui siamo portati a configurarle come missione (medici, infermieri, ricercatori, farmacisti, personale che organizza la sanità, politici). È indubbio – aggiunge – che dentro a questa tradizione umana il Vangelo ha introdotto una visione della dignità umana assolutamente nuova, cioè il valore della persona umana indipendentemente da quello che ha, dai titoli di studio raggiunti, persona umana che è un unicum, un figlio di Dio». Questa è la causa delle riserve espresse dalla Chiesa ogni volta che «i criteri della pratica sanitaria e della politica sanitaria non sono principalmente centrati sulla persona, ma sui bilanci e sulle convenienze, oppure su principi basati sull’età, le condizioni e la provenienza del malato».
Commentando l’episodio del sordomuto proposto dalla liturgia dell’11 febbraio, il Vescovo osserva che «non sappiamo quali parole siano corse fra lui e Gesù. I silenzi del Vangelo sono per noi, perché li possiamo riempire con la nostra storia, con le situazioni di sofferenza, nostre e dei nostri cari, e con le nostre parole». Inoltre, sottolinea che «il Signore agisce con dolcezza, poco a poco; purtroppo, per condizione umana, siamo portati ad essere sordi spiritualmente». «C’è una creatura, una donna, che sa ascoltare perfettamente: è Maria. La Parola la penetra così intimamente e il soffio divino prende dimora così pienamente in lei al punto che dà la carne alla Parola del Padre» (Omelia nella S. Messa per la Giornata Mondiale del Malato, Valdragone RSM, 11.2.2022).
Il Vescovo tratta il tema dell’ascolto anche nell’incontro con i giornalisti nella Festa di San Francesco di Sales, loro patrono. «L’ascolto non può essere solamente la registrazione di un contenuto. Il percorso dall’udito al cuore è di pochi centimetri, ma in realtà è piuttosto accidentato, richiede molte virtù. Per ascoltare occorre il silenzio, non preparare la risposta mentre l’altro parla, serve l’empatia». «Ascoltare fino in fondo non vuol dire fino a quando non si è esaurita la pazienza, ma significa ascoltare fino al fondo del vissuto dell’altro, di quello che ha dentro» (Incontro con i giornalisti per la Festa di San Francesco di Sales, Murata RSM, 24.1.2022).
Nella Festa della Presentazione di Gesù al Tempio il Vescovo si sofferma sulle figure di Simeone e Anna, «anziani a cui l’attesa non ha invecchiato il cuore». «È lo Spirito Santo – prosegue – che li rende attenti a percepire il nuovo, a cogliere la presenza del Signore che viene «in quel cucciolo d’uomo che prende possesso del suo Tempio». Cosa dobbiamo fare per convivere con lo Spirito Santo? «Simeone ed Anna ci insegnano innanzitutto ad ascoltare la sua voce dentro di noi. Prima delle preghiere, chiediamo che lui ci introduca, ci faccia varcare quella soglia. Invochiamolo di frequente durante la nostra giornata. Manteniamo dentro di noi una conversazione con lui». «Dello Spirito – conclude – si va dicendo che è il grande sconosciuto, per la nostra ignoranza, però non si dica che è estraneo. Lo Spirito non ci lascia nell’oscurità, ma ci guida verso la luce interiore dove si può incontrare Gesù» (Omelia nella Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, Valdragone RSM, 2.2.2022).
Nel Vangelo delle beatitudini il Signore «si felicita con i poveri, gli afflitti, gli affamati, i perseguitati», quelli che noi, «con gli occhi mondani, reputiamo sfortunati». Le beatitudini «parlano di Dio e parlano di noi»: «ci dicono come il Signore opera e trasforma» e «ci mettono di fronte ad una scelta: possiamo decidere di essere beati o di essere nei “guai”! Beati, se accettiamo di fidarci di lui; guai a noi, se gli voltiamo le spalle, imprechiamo contro la sorte, ci lamentiamo». Mons. Andrea invita ciascuno a vivere le parole del Vangelo in questo modo: «Ogni volta che mi troverò di fronte ad una situazione che mi mette in crisi, alzerò lo sguardo, mi ricorderò del Signore e dirò: “Signore, ti incontro in questo dolore, in questa fatica”». E conclude: «Vivere fatiche e dolori con Gesù li trasforma in una risorsa» (Omelia nella VI domenica del Tempo Ordinario, Savignano Montetassi PU, 13.2.2022).

Paola Galvani, marzo 2022