Natale: profezia di pace

Lettera al popolo Ucraino

Il 25 novembre il Santo Padre ha indirizzato una commovente lettera al popolo ucraino, a nove mesi dallo scoppio della guerra che sta lacerando l’Europa. Così si è espresso il Pontefice: «Sulla vostra terra, da nove mesi, si è scatenata l’assurda follia della guerra. Le vostre città sono martellate dalle bombe mentre piogge di missili provocano morte, distruzione e dolore, fame, sete e freddo. Io vorrei unire le mie lacrime alle vostre e dirvi che non c’è giorno in cui non vi sia vicino e non vi porti nel mio cuore e nella mia preghiera. Il vostro dolore è il mio dolore. Nella croce di Gesù oggi vedo voi, voi che soffrite il terrore scatenato da questa aggressione. Quanti bambini uccisi, feriti o rimasti orfani… in ciascuno di loro è sconfitta l’umanità intera. Ora essi sono nel grembo di Dio, vedono i vostri affanni e pregano perchè abbiano fine. Ma come non provare angoscia per loro e per quanti, piccoli e grandi, sono stati deportati? Cari fratelli e sorelle – continua il Papa – in tutto questo mare di male e di dolore – a novant’anni dal terribile genocidio dell’Holodomor –, sono ammirato del vostro buon ardore.
In questi mesi, nei quali la rigidità del clima rende quello che vivete ancora più tragico, vorrei che l’affetto della Chiesa, la forza della preghiera, il bene che vi vogliono tantissimi fratelli e sorelle ad ogni latitudine siano carezze sul vostro volto. Vorrei tornare con voi a Betlemme, alla prova che la Sacra Famiglia dovette affrontare in quella notte, che sembrava solo fredda e buia. Invece, la luce arrivò: non dagli uomini, ma da Dio; non dalla terra, ma dal Cielo. La Madre sua e nostra, la Madonna, vegli su di voi. Al suo Cuore Immacolato presento le vostre sofferenze e le vostre lacrime. A lei non stanchiamoci di chiedere il dono sospirato della pace, nella certezza che «nulla è impossibile a Dio» (Roma, 25 novembre).
«Siamo partiti dall’esempio di Sant’Ignazio di Loyola; abbiamo poi considerato gli elementi del discernimento – cioè la preghiera, il conoscere se stessi, il desiderio e il “libro della vita” –; ci siamo soffermati sulla desolazione e la consolazione e siamo giunti alla conferma della scelta fatta» (Udienza generale, 14 dicembre). Essa comunica una pace che dura nel tempo, in quanto la vita spirituale è circolare: la bontà di una scelta è di giovamento a tutti gli ambiti della nostra vita. Perchè è partecipazione alla creatività di Dio» (Udienza generale, 7 dicembre).
Conclude poi con un “nota bene”: la vigilanza. «Vigilare per custodire il nostro cuore. Se manca la vigilanza, è molto forte, il rischio che tutto vada perduto». Di fatto, «quando confidiamo troppo in noi stessi e non nella grazia di Dio, allora il Maligno trova la porta aperta» mentre «la vigilanza è segno di saggezza, è segno soprattutto di umiltà, via maestra della vita cristiana» (14 dicembre).
Arriviamo infine alle figure che ci hanno accompagnato nel cammino di Avvento. Anzitutto Giovanni Battista, il quale ci invita a «tornare a Dio», togliendoci «le nostre maschere e mettendoci in coda per accogliere il perdono di Dio» (Angelus, 4 dicembre).
Guardiamo poi a san Giuseppe. Esso ci aiuta ad abitare le crisi della vita nella certezza che «Dio apre le crisi a prospettive nuove, che noi prima non immaginavamo. E questi sono – afferma il Papa – gli orizzonti di Dio: sorprendenti, ma infinitamente più ampi e belli dei nostri!» (Angelus, 18 dicembre).
Fissiamo infine lo sguardo su Maria, la piena di Grazia eppure umile serva del Signore, che ci insegna a «custodire la nostra bellezza», frutto di quella «grazia originaria» ricevuta col Battesimo. «Affidiamoci dunque a Maria ogni giorno, ripetendole: “Maria, ti affido la mia vita, la mia famiglia, il mio lavoro, ti affido il mio cuore e le mie lotte. Mi consacro a te”. L’Immacolata ci aiuti a custodire dal male la nostra bellezza» (Angelus, 8 dicembre).

Monache dell’Adorazione Perpetua
Pietrarubbia, gennaio 2023