“Prendere o lasciare?”

Una chiamata ad essere figli

«All’origine della nostra persona – afferma mons. Turazzi – sta un atto di intelligenza e di volontà del Padre. Conseguenza di questa verità è che non esiste nessuno che non sia degno di esistere, nessuna vita umana che non abbia significato. Nella produzione degli oggetti si può parlare di prodotto riuscito bene, riuscito male o non riuscito; i prodotti non riusciti si scartano, ma nessuno esce dalle mani del Padre non prodotto bene, ciascuno è un capolavoro agli occhi del Padre che lo ha amato ed è degno di rispetto infinito» (Omelia nella Giornata per la Custodia del Creato, Soanne, 1° settembre 2019).

«Nasciamo tutti con dei limiti – aggiunge all’incontro con i giovani per la festa di San Marino –; i nostri limiti aiutano tutti gli altri a cavar fuori il meglio di loro stessi: i limiti e le fragilità non sono altro che una chiamata a diventare fratelli» (Veglia con i giovani per San Marino, Basilica del Santo, 2 settembre 2019).

In questo tempo, all’ordine del giorno dell’opinione pubblica e della politica, soprattutto nella Repubblica di San Marino, c’è la discussione sui temi etici, delicatissimi, dove ognuno è chiamato a connettersi con la propria coscienza. «Ogni cristiano è chiamato ad un giudizio sulle situazioni – dichiara mons. Turazzi –, giudizio che non ha nulla a che fare con l’intolleranza, ma che è una presenza significativa, un servizio per il bene comune. Gesù dice che non è possibile delegare, dilazionare, stare con un piede su due staffe». E, riferendosi al tema del nuovo anno pastorale, osserva: «Non si può immaginare che il Battesimo introduca automaticamente in una pace paradisiaca; al contrario, questo fuoco, dono dello Spirito, ci immette in una situazione di conflitto, di rinnovamento. La vocazione cristiana è davvero di una serietà drammatica: “Vuoi vivere il Battesimo?”. Gesù dice: “O prendere, o lasciare”. Noi vogliamo prendere!» (Omelia nella festa di San Giovanni Gualberto, Sant’Igne, 12 luglio 2019), replica con entusiasmo mons. Andrea.

La Giornata diocesana del Mandato, domenica 22 settembre, è stata prima di tutto una festa: «Festa del rientro dopo la pausa estiva e gioia di ritrovarci come Diocesi in tutte le sue componenti», spiega il Vescovo nella sua lettera di invito. «L’assemblea diocesana riguarda anzitutto gli operatori pastorali, i catechisti, i ministri istituiti, i ministri straordinari della Comunione, i responsabili dei gruppi, le équipe degli Uffici Pastorali». E gli altri? «La Giornata del Mandato – nel suo significato più vero – è di tutti, indistintamente. È la celebrazione della chiamata e dell’invio. Ed è tutta la Chiesa ad essere mandata». Nel corso dell’incontro è stato consegnato il Programma per l’Anno pastorale 2019/20: “Ravviva la sorgente che è in te”. «La quasi totalità di noi ha ricevuto il Battesimo e lo chiede per i propri bambini – evidenzia mons. Vescovo –, ma quale consapevolezza ha della “sorgente” comunicata col Battesimo? Come riappropriarci di questo sacramento che ci fa cristiani?». Questa la sfida per il nuovo anno. Ma con una premessa: «Kerygma (annuncio) e Battesimo non sono in sovrapposizione e non sono due realtà giustapposte. Il kerygma sfocia quasi automaticamente, per sua natura, nel sacramento del Battesimo, col quale il dono della Pasqua entra nella vita di ciascuno insieme alla forza rinnovatrice della risurrezione». «Dunque, non viviamo un altro tema rispetto all’anno scorso – precisa mons. Turazzi –; c’è una continuità intrinseca. Il Battesimo non fa altro che sancire, manifestare, la nostra configurazione al Figlio, l’amore di Dio che genera “figli nel Figlio”» (Omelia durante la celebrazione del Mandato agli operatori pastorali, Pennabilli, 22 settembre 2019).

L’allusione alla preghiera di Gesù che entra nel mondo, secondo la Lettera agli Ebrei, è tornata spesso sulle labbra del Vescovo nell’ultimo periodo: «Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo dalla morte. E fu esaudito per la sua pietà» (Ebr 5,7-9). «Gesù non ha chiesto di non morire – sottolinea mons. Andrea –, ma ha chiesto di poter vivere da figlio passione e morte, con fiducia e abbandono, nella fede». «Ed è stato esaudito! – rimarca – ha attraversato così la Passione» (Omelia durante la S. Messa con i “referenti” della Camminata del Risveglio, Pennabilli, 12 luglio 2019).

Questo è chiesto nel Battesimo: chiamata ad una vita filiale. «Ich bin catholischer priester (io sono un prete cattolico)»: sono le parole esatte che san Massimiliano Kolbe scandì davanti al comandante delle S.S., quando si offrì per prendere il posto di un altro nel bunker della morte ad Auschwitz. Sono le parole che il Vescovo ha consegnato a don Luca Bernardi, ordinato presbitero lo scorso 14 settembre in una Cattedrale luminosa e gremita di fedeli. «Parole pronunciate con fierezza, parole pronunciate per amore». «La fierezza della fede – precisa mons. Turazzi – non è arroganza, ma gioia di appartenere a Gesù Cristo». «C’è una sorpresa – prosegue –: Gesù, in una eccedenza ineffabile di carità, cede la sua stessa capacità di cedersi, dona la sua stessa capacità di donarsi, perde la sua stessa capacità di perdersi. A chi la cede? A chi la dona? In chi la perde? Nel prete. La carità di Cristo è perduta in te, don Luca. O meglio, tu sei costituito carità in Lui: bellezza incredibile del sacerdozio cattolico». Nell’omelia Mons. Vescovo indica a don Luca qual è il prete di cui il popolo ha bisogno. «Ci sono preti che sembra non abbiano mai avuto una vita d’uomo. Non sanno pesare le difficoltà di un laico, di un padre di famiglia o di una madre con il loro vero peso umano. Quando dei laici cristiani incontrano finalmente un prete-uomo che li capisce, che sa entrare nella loro vita, nelle loro difficoltà, non ne perdono più il ricordo. Ad una condizione: che non sminuisca la propria identità, che non diventi semplice compagno, ma resti padre. Ecco alcuni segni che fanno percepire la presenza divina che è in lui: la preghiera, la gioia, la forza, la libertà, la discrezione». Questo è l’augurio più bello per don Luca: «Fa’ che il tuo cuore risponda sempre col trasporto di oggi alla domanda che il Risorto ti rivolge: “Luca, mi ami più di costoro? […] Mi ami? […] Mi vuoi bene? Allora… Pasci!”» (Omelia nell’ordinazione presbiterale di don Luca Bernardi, Pennabilli, 14 settembre 2019).

Paola Galvani, novembre 2019