Priscilla ed Aquila
La vocazione alla maternità e paternità spirituale
La lettura del libro degli Atti è affascinante: lascia trasparire una rete di relazioni e di carismi inimmaginabile. Dopo aver considerato il carisma stupendo dei Diaconi vediamo ora un’altra forma di Diaconia, forse presente anche in molti dei nomi che Luca ci ha elencato, ma certo non mai esplicitata. Si tratta della diaconia della coppia, persone sposate con vita e attività proprie che si mettono umilmente, ma consapevolmente a servizio degli Apostoli, come Priscilla ed Aquila. Aquila è un ebreo, nato nel Ponto, l’attuale Turchia: immigrato a Roma, conosce, si innamora e sposa una donna romana chiamata Priscilla. Insieme avviano una fabbrica di tende, insieme si convertono al cristianesimo. Nella città eterna non possono restare a lungo: l’editto promulgato dall’imperatore Claudio nel 49 prevede l’espulsione di tutti i giudei, accusati di fomentare tumulti. Si trasferiscono a Corinto, città cosmopolita dove il culto di Afrodite è fiorente. Qui incontrano Paolo, lo ospitano in casa e lo fanno lavorare con loro perché possa provvedere al necessario per la sua vita senza essere di peso a nessuno. Il mestiere di fabbricatore di tessuti di pelo doveva essere ben noto a Paolo, dal momento che la sua patria, la Cilicia era famosa proprio per l’industria di tessuto di pelo caprino, il cilicium appunto.
Quando Paolo decide di far ritorno in Siria i due sposi lo accompagnano per un tratto del viaggio e si fermano ad Efeso. A rischio della vita. Paolo vi rimane per più di due anni fondandovi una Chiesa. Aquila e Priscilla, mai abbandonando l’attività commerciale, lo aiutano nella formazione dei nuovi convertiti: in particolare curano l’iniziazione cristiana di Apollo, un giudeo alessandrino, molto versato nelle Scritture, edificato e affascinato dalla loro catechesi, resa credibile dalla testimonianza di reciprocità e oblazione sponsale. La grande casa efesina acquistata dagli sposi diviene presto un punto di riferimento per la neonata comunità che qui si riunisce per ascoltare la Parola e celebrare l’Eucaristia. L’Apostolo vi soggiorna ricordando sempre con gratitudine l’accoglienza premurosa dei due amici che per salvargli la vita – scrive ai Romani – “hanno rischiato la testa”.
Un’icona moderna ci permette di entrare nella casa di questi due coniugi. Si esprimono qui efficacemente i due diversi modi di servire il Signore Gesù. Aquila e Priscilla sono seduti vicinissimi, proprio come una sola persona. Essi incarnano quell’ideale evangelico dell’essere un cuore solo e un’anima sola. La loro casa è armonica nei colori e nelle sue geometrie; nella finestrella centrale compare il segno della croce. Questa casa è davvero in tutto simile a una chiesa. Se Aquila è in piedi e fissa san Paolo, Priscilla è seduta e tiene sulle ginocchia un bambino, che rappresenta Apollo. Ella lo educa alle verità della fede e alla via di Dio. La coppia nel loro stare in casa e in famiglia esprimono la spiritualità del restare. Apollo, pur essendo un letterato, è piccolo nella fede, ha necessità che qualcuno lo instradi introducendolo nella totalità del mistero.
Di fronte a loro sta invece san Paolo. La tela che tiene fra le mani pare indicare un lavoro terminato e, quindi, un contributo all’economia familiare soddisfatto. Tuttavia i suoi piedi indicano già l’urgenza di passare altrove, di camminare per diffondere il Messaggio evangelico. Paolo guarda Aquila con uno sguardo di complicità; nell’unione dei cuori, di chi resta e di chi viaggia, si esprime la medesima Diaconia della Chiesa: annunciare Cristo.
Paolo ed Apollo manifestano una spiritualità dell’andare, essi non sentono la chiamata a radicarsi in un luogo e a crescere in esso, sono apostoli, annunciatori di un messaggio. Paolo, in particolare, fonda numerose comunità nei suoi viaggi missionari, ma raramente si ferma a curarne lo sviluppo e la crescita. Mantiene con i suoi cristiani i contatti, si preoccupa per essi e per la loro fede, ma non si sente chiamato a coltivarne in modo diretto e quotidiano lo sviluppo.
Aquila e Priscilla invece manifestano una spiritualità del restare. Ovunque si trovano praticano l’accoglienza, attorno a loro si crea un ritmo di vita regolare, dove ciascuno trova la sua dimensione. Nelle comunità è importante che si scoprano queste diversità di carismi e si rispettino valorizzandole entrambe. I due coniugi esprimono anche nella fede il loro essere coppia, loro principale vocazione, e vivono nei confronti dei fratelli una maternità e una paternità spirituale.
suor Gloria Maria Riva, maggio 2023