Abbiamo camminato nella Quaresima ormai alle spalle come «portatori di una promessa che domanda il coraggio di rischiare». «Non c’è infatti gioia più grande che rischiare la vita per il Signore! Penso anzitutto – ha detto il Papa – alla chiamata alla vita cristiana che tutti riceviamo con il Battesimo e che ci ricorda come la nostra vita non sia frutto del caso, ma il dono dell’essere figli amati dal Signore, radunati nella grande famiglia della Chiesa» (Messaggio per la 56ª Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni, 9 marzo). Per questo è necessaria «una pastorale giovanile e vocazionale che aiuti la scoperta del progetto di Dio, specialmente attraverso la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, l’Adorazione Eucaristica e l’accompagnamento spirituale» (9 marzo). In visita alla Santa Casa di Loreto ha poi sottolineato che «nell’evento dell’Annunciazione appare la dinamica della vocazione espressa nei tre momenti che hanno scandito il Sinodo dei giovani, ossia: ascolto della Parola-progetto di Dio, manifestato dalle parole dell’angelo rivolte a Maria; il discernimento, espresso nelle parole di Maria: “Come avverrà questo?”, con l’attenzione a cogliere tutte le esigenze del progetto di Dio sulla sua vita; la decisione, esplicitata dalla risposta di Maria all’angelo» (Loreto, 25 marzo). Per questo il Santo Padre ha desiderato «firmare qui l’Esortazione apostolica Christus vivit frutto del Sinodo dedicato ai giovani», augurandosi che «il Santuario della Santa Casa di Loreto diventi, per la Chiesa che è in Italia, luogo di proposta per una continuazione degli incontri mondiali dei giovani e della famiglia» (25 marzo). In occasione della Giornata in memoria dei missionari martiri il Pontefice ha segnalato poi come «nel corso del 2018 siano stati uccisi quaranta missionari, quasi il doppio rispetto all’anno precedente» (Angelus, 24 marzo). Ha perciò evidenziato «l’urgenza della conversione. Noi (infatti) possiamo fare grande affidamento sulla misericordia di Dio, ma senza abusarne!» (24 marzo). Il Papa ha messo quindi in guardia dalla tentazione sempre in agguato di «truccarsi l’anima»: «Io devo apparire quello che sono, perché se tu ti trucchi l’anima, il Signore non ti riconoscerà» (Santa Marta, 8 marzo). In occasione del Discorso ai funzionari della Corte dei Conti il Pontefice ha rivolto «l’invito a vivere questo tempo come occasione per fissare in profondità lo sguardo su Cristo, Maestro e Testimone di verità e di giustizia» affidandoli alla «protezione di San Giuseppe “uomo giusto”» (18 marzo). Per avere questo «coraggio della verità» il Santo Padre ci invita a guardare ai nostri fratelli ebrei come coloro che «per affrontare con coraggio le persecuzioni subite nel presente, ricordano l’esempio dei padri che hanno vissuto la fedeltà a Dio e alla sua Torah. La memoria – ha esortato il Papa – sempre ci dà forza, perché ci porta la forza dell’appartenenza a un popolo» (Pontificia Università Lateranense, 26 marzo). Così, «anche se viviamo in un contesto culturale segnato dal pensiero unico, che avvolge e addormenta tutti con il suo abbraccio mortifero e brucia ogni forma di creatività e di pensiero divergente, voi camminate incolumi grazie al radicamento in Gesù e nel suo Vangelo, custodendo uno sguardo alto, una differenza cristiana apportatrice di novità» (26 marzo). A questo proposito, ha citato un episodio: «Un giovane cattolico era stato mandato al fronte. Tornato, cominciò a metter su famiglia e acquistò casa da una famiglia ebrea. Sulla porta d’ingresso c’era la Mezuzah. Volle che non fosse spostata e ai figli (uno dei quali è sacerdote) lasciò in eredità l’importanza di quel segno. Disse loro che quel piccolo “rettangolo” custodiva il segreto per rendere solida la famiglia e per fare dell’umanità una famiglia. C’era scritto infatti quanto di generazione in generazione non bisogna dimenticare: amare il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (A una delegazione dell’“American Jewish Committee”, 8 marzo).
Monache dell’adorazione eucaristica – Pietrarubbia