Il Rito della pace vuole invocare la pace e l’unità per la Chiesa e per l’intera famiglia umana (n. 82). E nel tempo stesso i presenti “esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento” (idem). Sembra escluso che il gesto esprima il senso della riconciliazione tra i fedeli prima della Comunione. Il significato teologico e il posto dove è collocato questo gesto differiscono nella tradizione liturgica romana da quella di altre famiglie liturgiche, ad esempio ambrosiana, benché le due prassi abbiano un fondamento biblico. In effetti, mentre la liturgia ambrosiana si rifà a Matteo 5, 23, sottolineando in tal modo l’esigenza della riconciliazione tra i fedeli prima di presentare i doni all’altare, la tradizione romana invece compie questo gesto prima della Comunione eucaristica, con un suo specifico significato teologico. «Esso trova il suo punto di riferimento nella contemplazione eucaristica del mistero pasquale […] presentandosi così come il “bacio pasquale” di Cristo risorto presente sull’altare» (Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Lettera circolare l’espressione rituale del dono della pace nella Messa, 8 giugno 2014). La fonte sono dunque i racconti evangelici dove è il Signore Gesù stesso che dà la sua pace ai suoi discepoli riuniti: “Pace a voi” (cfr. Gv 20, 19-23); “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27). In questo senso, “Frutto della redenzione che Cristo ha portato nel mondo con la sua morte e risurrezione, la pace è il dono che il Risorto continua ancora oggi ad offrire alla sua Chiesa riunita per la celebrazione dell’Eucaristia per testimoniarla nella vita di tutti i giorni” (Lettera circolare). Appare così che il gesto dello scambio della pace non è una nostra iniziativa, come nel rito ambrosiano per esempio, di “andare verso i fratelli” per riconciliarci prima di offrire il sacrificio. Esso è piuttosto l’accoglienza e la diffusione attorno a noi della pace del Signore che, dicendo “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, aveva promesso ai suoi discepoli riuniti nel cenacolo, prima di affrontare la passione, il dono della pace, per infondere in loro la gioiosa certezza della sua permanente presenza. Dopo la sua risurrezione, il Signore attua la sua promessa presentandosi in mezzo a loro nel luogo dove si trovavano per timore dei Giudei, dicendo: «Pace a voi!». È ciò che accogliamo nel rito dello scambio della pace. Ciò esige che il gesto fraterno di pace deve essere dato in modo sobrio solo a chi sta più vicino (cfr. OGMR, n. 82), evitando indebiti spostamenti attraverso la chiesa e confusione prima della Comunione. “È bene ricordare come non tolga nulla all’alto valore del gesto la sobrietà necessaria a mantenere un clima adatto alla celebrazione, per esempio facendo in modo di limitare lo scambio della pace a chi sta più vicino” (Benedetto XVI, Esort. Apost., Sacramentum caritatis, n. 49). Scambiandosi il segno di pace si può dire: La pace sia con te» (Precisazioni, n. 6). La Lettera circolare già citata dà “alcune disposizioni pratiche per meglio esprimere il contenuto dello scambio della pace e per moderare le sue espressioni eccessive che suscitano confusione nell’assemblea liturgica proprio prima della Comunione”. “Ad ogni modo, sarà necessario che nel momento dello scambio della pace si evitino definitivamente alcuni abusi come: • l’introduzione di un “canto per la pace”, inesistente nel Rito romano; • lo spostamento dei fedeli dal loro posto per scambiarsi il segno della pace tra loro; • l’allontanamento del sacerdote dall’altare per dare la pace a qualche fedele; • che in alcune circostanze […] lo scambio della pace sia occasione per esprimere congratulazioni, auguri o condoglianze tra i presenti”. Va precisato, infine, che né la Lettera Circolare né la terza edizione del Messale Romano che ne raccoglie lo spirito aboliscono il rito dello scambio della pace. Come sempre, gli abusi denunciati vanno combattuti non con la soppressione arbitraria dei riti e gesti ma con la fatica della formazione di noi preti prima e delle comunità a noi affidate poi.
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti