Struttura del rito eucaristico – parte prima (Luglio-Agosto 2018)

Il capitolo II dell’OGMR offre un’analisi strutturale della celebrazione eucaristica nella sua forma globale, nei suoi elementi, nelle sue fasi o parti celebrative. L’Eucaristia viene considerata qui nel suo svolgimento celebrativo, come una prassi, un’azione, come di fatto si compie. È un complesso rituale organico e ordinato, con un proprio significato, non un insieme di riti o di cerimonie, di norme esteriori. Ogni singolo rito, come l’insieme rituale, ha un preciso significato di fede, e rappresenta una grande utilità catechetica, pastorale e anche dottrinale in quanto una dottrina sull’Eucaristia non può prescindere dall’azione eucaristica. Ciò che si dice sull’Eucaristia esige che corrisponda a ciò che si fa nella celebrazione eucaristica. Si ha quindi una dottrina a partire dal rito, anzi fatta emergere dal rito. I nn. 27-28 dell’OGMR presentano una visione globale e unitaria della struttura della celebrazione e ne spiegano il significato di fede. Il n. 27 merita attenzione per la novità del linguaggio e il rilievo dato ad alcuni elementi. In effetti, con esso due termini di origine biblica entrano nel linguaggio ufficiale: Cena del Signore e memoriale. Il primo non è mutuato dalla terminologia protestante (santa Cena), ma si ispira a 1 Cor 1l,20; il secondo riprende un termine del rito pasquale, dell’ultima Cena e della preghiera eucaristica. La scelta dei due termini esprime la volontà di qualificare la celebrazione nel suo valore teologico-biblico, superando la parola Messa, priva di utile significato, e di ampliare il concetto di sacrificio con quello di memoriale che si riferisce a tutta l’opera salvifica e in particolare alla morte e risurrezione di Cristo. L’aspetto conviviale dell’Eucaristia è stato sottolineato nei testi conciliari e sviluppato nei documenti della riforma liturgica: convito, ma con l’aggettivo pasquale (SC 47) che va ben oltre il carattere fraterno, poiché richiama l’evento salvifico e il carattere sacrificale. L’evocazione di «cena» non riconduce di per sé solo al momento istituzionale dell’Eucaristia, cioè all’ultima Cena, ma tende a sottolineare questo «segno» dal forte spessore umano e cristiano (si pensi alle cene del Signore riferite dai Vangeli). Qualcosa di più, quindi, dei semplici segni conviviali di pane e vino. Ben più ricco è il termine «memoriale» che ricorre con frequenza nel linguaggio liturgico (preghiere eucaristiche e orazioni) e che ha incontrato larga accoglienza nel dialogo ecumenico: la sua origine biblica e il suo ampio significato allargano l’orizzonte rispetto a quello di «sacrificio», a cui era stata data un’accentuazione polemica nella controversia con i protestanti. Memoriale include «sacrificio», che nel nostro testo viene specificato con «sacrificio eucaristico», ma il suo significato evocativo, di memoria soggettiva e oggettiva del Signore, pervade l’intera celebrazione eucaristica. Nel prossimo numero del “Montefeltro” continueremo a ricuperare l’analisi strutturale della celebrazione eucaristica negli altri elementi costitutivi della stessa celebrazione.
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti