Strutture del rito eucaristico: parte seconda (Settembre 2018)

Dalla presentazione terminologica vista nell’articolo dello scorso numero si passa alla descrizione degli elementi che strutturano l’Eucaristia, la costituiscono in una realtà di fede: essi sono il popolo di Dio, chiamato a riunirsi per celebrare il memoriale del Signore; la presidenza del sacerdote che agisce nella persona di Cristo; il memoriale dell’opera redentrice, in specie il sacrificio eucaristico; il segno conviviale, espresso nel termine «Cena del Signore». Il fatto più rilevante è il legame della Cena del Signore con la Chiesa locale riunita in assemblea, di cui il sacerdote è parte integrante, in qualità di presidente che agisce «nella persona» di Cristo. La presenza del popolo di Dio entra nella definizione di Messa, ne condiziona la forma. Parlare di Eucaristia con riferimento al solo rito non corrisponde alla sua piena verità liturgica: il rito presuppone ed esige l’assemblea del popolo di Dio. È infatti questo popolo chiamato a riunirsi insieme, corpo di Cristo, capo e membra, il soggetto che «celebra» il memoriale; il sacerdote svolge la sua funzione sacerdotale come presidente della celebrazione.
In questa adunanza viene realizzata la promessa di Cristo, quella di una presenza fra i suoi quando si riuniscono in suo nome (Mt 18,20). Il carattere ecclesiale dell’assemblea liturgica impone il richiamo alla presenza operante di Cristo che si manifesta in modi molteplici durante la celebrazione: dall’assemblea, al ministro, alla Parola, alle specie eucaristiche come segno culminante. La presenza di Cristo diventa un criterio di unitarietà del fatto celebrativo, l’elemento che collega le persone (assemblea, sacerdote e ministri) e i due segni costitutivi della celebrazione: parola, pane e vino. Così Cristo appare l’invisibile, ma presente, capo e guida della celebrazione: egli presiede e agisce per mezzo dello Spirito. Il n. 28 fa la descrizione del rito: due parti costitutive (Liturgia della Parola e Liturgia eucaristica) con riti di introduzione e di conclusione. All’OGMR preme ricordare l’insegnamento del Concilio circa l’unità intrinseca tra la «Liturgia della Parola» e la «Liturgia eucaristica» (SC 56). Dopo secoli di svalutazione della prima parte della Messa, indicata con vari nomi (Messa dei catecumeni, Messa didattica), si è giunti con il Concilio a rivalutare questa fase celebrativa, contrassegnata dalla parola di Dio, dichiarandola un tutt’uno inscindibile con la seconda fase, detta Eucaristica o sacrificio eucaristico. Visione unitaria, unico atto di culto, unica «liturgia» della Parola e dell’Eucaristia, unica mensa della Parola e del corpo di Cristo (cfr. la costituzione conciliare Dei Verbum, n. 21). Non sono due parti che si succedono o si aggiungono materialmente, ma intrinsecamente unite per l’unitarietà del mistero (Cristo parola e pane di vita) che si sviluppa sul piano rituale: parola come annuncio di salvezza, compiuta poi nel segno eucaristico. Una parte non dovrà essere valorizzata a scapito dell’altra. E tutto in funzione del bene dei fedeli, che «ne ricevono istruzione e ristoro». Dal prossimo articolo cominceremo a prendere in esame ogni singolo elemento costitutivo della celebrazione eucaristica secondo l’OGMR.
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti