Una risposta per ogni attesa del cuore

22 maggio: Assemblea diocesana di fine anno pastorale

Ci lusinga la promessa di ritrovarci a fine maggio in zona gialla e – chissà? – forse in zona bianca. La voglia di incontrarsi, di parlare guardandosi negli occhi, si fa più acuta. Le attese e le riaperture riaccendono in tanti il desiderio di pensare e di progettare. Anche la Diocesi guarda alla grande Assemblea di fine anno – sabato 22 maggio, vigilia della Pentecoste – con grande fiducia. Lo scorso anno, benché significativa e persino commovente per le esperienze condivise, l’Assemblea si svolse con pochi partecipanti in presenza e con tanti amici in streaming senza possibilità di intervenire e di far sentire il calore della condivisione. Ora non si è in grado di precisare i dettagli dell’evento, ma ci sono idee chiare per quanto riguarda la finalità e i contenuti di questo imprescindibile appuntamento. San Marino-Montefeltro è un’unica Chiesa particolare, presente sul territorio, articolata nelle sue strutture, inviata con una precisa missione. Ma la Chiesa di San Marino-Montefeltro è fatta soprattutto di persone, di compagni di viaggio, di volti. Alcuni stanno attraversando l’epidemia pagandone le gravi conseguenze, sia in termini di salute, sia in termini economici. Altri si danno da fare esprimendo il meglio di sé. Tutti sentono la fatica di questo lungo periodo, il peso delle chiusure e l’ansia per il domani. In effetti, l’emergenza non finisce qui: c’è da fare i conti con le ripercussioni educative, con i traumi dell’anima, con le tensioni sociali.
«Essere speranza in un mondo ferito»: fu questo l’obiettivo consegnato, nel settembre scorso, alle nostre comunità, quasi una tabella di marcia per ciascuno. L’Assemblea, al di là delle risposte che riuscirà a raccogliere, vale anzitutto come esperienza forte di unità, di comunione, di ritrovato entusiasmo e di sinodalità nel senso proprio della parola. «Essere speranza» è ciò per cui esiste la Chiesa. Ce l’ha ricordato il Vaticano II: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti» (GS 1).
Può accadere che, lì per lì, non si sappia riconoscere l’incidenza delle nostre comunità nel tessuto sociale o nelle molteplici relazioni dei singoli. Succede perché si è presenti e si opera senza preoccuparsi di verificare i risultati e senza l’ansia dell’efficienza; talvolta, anche perché si trova normale che «la destra non sappia quello che fa la sinistra». Meglio allora preferire alla parola incidenza il verbo abitare che richiama una presenza amica, coinvolta, compartecipe: forza del pizzico di lievito nella pasta e della profezia.
Si dirà: si tratta, alla fine, delle cose di sempre. Eppure, nella fedeltà silenziosa, ci sono doni ogni volta nuovi (anche attraverso i social): l’abbondanza della Parola di Dio, il ritrovarsi nell’Eucaristia e nella festa, la condivisione di esperienze, il recupero di senso. Ci sono anche percorsi nuovi suggeriti all’inizio dell’anno dedicato alla missione. Tre in particolare, attorno ai quali si distenderà concretamente la verifica di fine anno: fare esercizi di ascolto («mettersi in ascolto come fa Dio»); aprire nuove strade di relazione («mandati dal Padre come Gesù»); non avere paura («discorso missionario di Gesù»). Su queste tre direttive si raccoglieranno idee, si condivideranno esperienze e si vedrà come avviare processi di cambiamento.
Un altro obiettivo dell’Assemblea è raccogliere “parole nuove”, parole di speranza che, in questi lunghi mesi, sono affiorate nel vissuto quotidiano: le parole vanno cercate nella vita, piuttosto che sui dizionari! Ne abbiamo già sentite alcune. La prima è una congiunzione: “Eppure”. Parola che smarca dallo scontato e deludente ritornello: “Ormai…”. “Ormai” i ragazzi non vengono più; “ormai” è perso anche questo anno scolastico; “ormai” sarà difficile riprendersi dalla crisi economica… Tutto vero. Ma c’è chi si lascia sorprendere e dice: “Eppure…”. “Eppure” tante famiglie pregano insieme; “eppure” abbiamo imparato ad esprimere affetti ed amicizia attraverso la tecnologia; “eppure” tanti si sono messi a disposizione per il servizio…
Un’altra parola: “Sostare”. Si pensava alle molteplici attività, alle mobilitazioni, alle iniziative. Ed ecco la sterzata: il Signore ci sta chiedendo di andare alla radice della missione, al “sostare” di più davanti al roveto ardente o nel cenacolo per essere colmati dello Spirito e ricordare che siamo “opera sua”. “Sostare” per andare in profondità, tutt’altra cosa dell’intimismo.
Questa “parola nuova” può essere presa anche nella sua forma scomponibile: “So-stare”. La tentazione di tirare i remi in barca, l’amarezza, la mormorazione sono sempre in agguato. “So-stare” con le famiglie, “so-stare” con i ragazzi, “so-stare”, quando è consentito e possibile, con la sofferenza, “so-stare” nella mia parrocchia, nella mia comunità, senza vagheggiare chissà quali tempi e quali luoghi.
Un’altra “parola nuova” – ma ve ne sono molte altre – è parola antica che è andata rivestendosi di nuove armoniche: kairòs, tempo opportuno, propizio, occasione. «Peggio di questa crisi – diceva papa Francesco nella scorsa Pentecoste – c’è solo il dramma di sprecarla». Con l’Assemblea del 22 maggio vogliamo portare a tutti, in spirito di amicizia, il dono della speranza, non un semplice augurio o una pietosa bugia, ma una buona notizia: reale possibilità per ogni anelito di futuro e per ogni attesa del cuore.

+ Andrea Turazzi, maggio 2021