In piedi durante le preghiere presidenziali
Domanda: Nella S. Messa ci sono tre orazioni principali: Colletta, Orazione sulle offerte e Orazione dopo la Comunione. Come mai la liturgia prevede che durante tali preghiere i fedeli stiano in piedi? (Elisabetta)
Il Messale Romano presenta i vari momenti della celebrazione durante i quali i partecipanti devono essere in piedi, seduti o in ginocchio (cf. OGMR, n. 43). Questi “gesti e atteggiamenti del corpo” hanno un triplice ruolo: essere segno di unità dell’assemblea; esprimere il vero e pieno significato delle diverse parti della celebrazione; e favorire la partecipazione attiva di tutti all’azione liturgica. Tutto questo esige che i fedeli dovrebbero compiere armoniosamente tutti i gesti insieme! Ciò spiega l’affermazione dell’OGMR secondo la quale per ottenere l’uniformità nei gesti e negli atteggiamenti del corpo in una stessa celebrazione, i fedeli seguano le indicazioni che il diacono o un altro ministro laico o lo stesso sacerdote danno secondo le norme stabilite nel Messale (cf. n. 43). L’unità di comportamento manifesta, infatti, l’unità dell’assemblea. “Questa unità appare molto bene dai gesti e dagli atteggiamenti del corpo, che i fedeli compiono tutti insieme” (OGMR, n. 96).
La posizione in piedi è prevista dal Messale in questi momenti della celebrazione: “dall’inizio del canto di ingresso, o mentre il sacerdote si reca all’altare, fino alla conclusione dell’orazione di inizio (o colletta); durante il canto dell’Alleluia prima del Vangelo; durante la proclamazione del Vangelo; durante la professione di fede e la preghiera universale (o preghiera dei fedeli); e ancora dall’invito Pregate fratelli prima dell’orazione sulle offerte fino al termine della Messa, fatta eccezione di quanto è detto in seguito” (OGMR, n. 43), circa la posizione in ginocchio alla consacrazione e quella seduta o in ginocchio dopo la comunione. Qual è il significato della posizione in piedi in questi momenti specifici, di cui fanno parte le tre preghiere dette presidenziali?
L’atteggiamento in piedi è un gesto di onore e di rispetto verso Dio, ma è anche l’atteggiamento di un uomo vivo: i risorti stanno in piedi! Ciò spiega perché nei primi secoli lo stare in piedi, ad imitazione del Risorto, era l’unica posizione del corpo prescritta durante le celebrazioni delle domeniche e di tutto il tempo di Pasqua, secondo il canone ventesimo del primo Concilio di Nicea (325). E noi abbiamo ricevuto la vita eterna e la dignità dei figli di Dio col battesimo. Specificamente questa figliolanza battesimale si esprime nelle tre orazioni presidenziali dalla posizione in piedi dei figli che si rivolgono al Padre stando in piedi, non in ginocchio o seduti. Per un cristiano, dunque, l’essere in piedi è segno della sua dignità di risorto, di figlio di Dio, di persona libera dalla schiavitù del peccato, della sua confidenza in Dio (“osiamo dire…”); è l’atteggiamento proprio del sacerdote che esercita il suo ministero, soprattutto quando rivolge a Dio la preghiera a nome di tutta la comunità; ma è anche l’atteggiamento del popolo sacerdotale che celebra con lui; esprime uno spirito di partecipazione e di disponibilità attiva, di prontezza ad accogliere la parola che Dio rivolge e la missione che viene affidata; infine, è legato alla vigilanza, in attesa del ritorno del Signore e del compiersi definitivo degli avvenimenti della salvezza.
Se i gesti esteriori devono esprimere tutti questi sentimenti di chi partecipa alla liturgia ed essere segno di unità, oggi, in un’epoca di individualismo esasperato, anche nelle espressioni della fede, è più difficile capire il valore di un gesto comune. Perciò serve sempre una catechesi liturgica seria ed equilibrata.
don Raymond Nkindji Samuangala, giugno 2022
Assistente collaboratore Ufficio diocesano
per la Liturgia e i Ministri Istituiti