Verso un nuovo “assetto pastorale”

Non una sottrazione, ma un arricchimento

Nei mesi scorsi alcune comunità hanno vissuto l’avvicendamento del parroco. Si tratta di un vero e proprio “terremoto”, che scuote la vita di tante persone e della comunità nel suo insieme. «Non si va a Messa per simpatia per quel sacerdote o per l’altro, o per altre ragioni troppo umane… si va per il Signore!», ripete sovente il Vescovo Andrea. «Il sacerdote è un aiuto, un fratello che il Signore mette sul vostro cammino, con la sua umanità, le sue qualità… i suoi limiti, come tutti». In alcuni casi si è trattato anche di un nuovo “assetto pastorale” tra parrocchie vicine. «Il Signore chiede a tutti noi – spiega il Vescovo – di fare un passo, uno sforzo di comprensione e operativo: diventare unità pastorale». Mons. Vescovo prende in considerazione i fattori che stanno portando alla scelta del nuovo assetto: sicuramente il calo della popolazione e il calo numerico dei sacerdoti, ma queste difficoltà si stanno rivelando essere anche una preziosa occasione per una riscoperta: «Non sarà per caso – domanda mons. Andrea – che il Signore stia dicendo alla Chiesa che è un po’ troppo clericale, che le comunità non devono essere fondate esclusivamente sui preti?». «Ogni battezzato – assicura – deve essere apostolo: bisogna far “funzionare” il Battesimo!». Nell’unità pastorale «ogni parrocchia mantiene la sua identità, la sua storia, le sue tradizioni, ma si uniscono le forze: da una parte i sacerdoti fanno famiglia tra loro e dall’altra i laici diventano sempre più corresponsabili». Un tempo i laici venivano incaricati come “delegati del parroco” (quasi “supplenti”); poi si è iniziato a considerarli come “collaboratori” e oggi sono “corresponsabili”, «una parola più esplicita, più coinvolgente – commenta –, ognuno con la propria vocazione, il proprio carisma». Non si tratta, dunque, «di una sottrazione, non dobbiamo dire: “Ci tolgono la parrocchia, come ci hanno tolto le scuole, la farmacia, ecc.”. Invece, dobbiamo pensare che uniamo le forze per affrontare la grande sfida dell’evangelizzazione» (Incontro con il Consiglio Pastorale Parrocchiale, Mercatino Conca, 4.10.2022).
Mons. Andrea chiede a laici e a presbiteri «apertura di cuore e di mente per impegnarsi con viva corresponsabilità», superando «gli attaccamenti alle proprie abitudini e i campanilismi». La parola “apertura” va considerata in tre significati. «Apertura reale e sincera a ciò che lo Spirito Santo vuol dire oggi alla Chiesa», nello spirito del Cammino Sinodale che quest’anno, nelle Diocesi, vive la sua seconda fase. Poi, «apertura delle realtà ecclesiali le une verso le altre e ciascuna verso l’intera Chiesa, sotto la guida del Pietro di oggi, che è il Santo Padre papa Francesco». Infine, «apertura a nuove forme di ministerialità che riguardano i fratelli, gli uomini, e le sorelle, le donne» (Discorso nel conferimento della cura pastorale dell’unità pastorale di Novafeltria a don Simone Tintoni e a don Jean-Florent Angolafale, Novafeltria, 30.10.2022).
Rivolgendosi ai presbiteri mons. Vescovo mette in evidenza «il valore aggiunto che è la fraternità sacerdotale». Egli vede nella fraternità sacerdotale anzitutto «un segno dei tempi, una profezia, una parola da parte di Dio». I co-parroci dell’unità pastorale sono uomini che, «in una società sempre più individualista, segnata dalle divisioni e dall’arrivismo, si uniscono per servire, per mettere in comune i loro talenti e per completarsi, armonizzandosi». Inoltre, la fraternità sacerdotale «farà bene al popolo di Dio; le comunità saranno invogliate dalla testimonianza dei loro preti ad essere collaborative, specialmente per quanto riguarda il catechismo dell’iniziazione cristiana, la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la testimonianza della carità». Poi, la fraternità sacerdotale «farà bene ai sacerdoti, li aiuterà a vivere l’amore reciproco, vincolo di perfezione, molla invincibile per l’evangelizzazione: «Uniti perché il mondo creda» (Gv 17,21). Il Vescovo si sofferma ad approfondire la vocazione del presbitero al celibato. «Chi l’ha detto che la scelta del celibato è una rinuncia ad amare e una rinuncia ad ogni forma di famiglia?». «Il celibato – commenta – è per una libertà più grande nell’amore fraterno». «Ho parlato consapevolmente di fraternità e non di amicizia, che è pur sempre un sentimento nobilissimo. Amici ci si sceglie, fratelli si viene affidati gli uni agli altri». (Discorso nel conferimento della cura pastorale dell’unità pastorale di Pennabilli a don Mirco Cesarini, don Emilio Contreras e don Rousbell Parrado, Pennabilli, 1.11.2022).
Venerdì 18 novembre la Diocesi si è radunata attorno al Vescovo per la II Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi. «È un tema pesante – confida mons. Andrea – che provoca mille sentimenti dentro di noi». Poi, mette in guardia la comunità cristiana dal «rischio di chiudersi in una posizione di autodifesa» oppure dal «cadere nella tentazione di parlare o pensare a situazioni o persone in modo non appropriato», perché «succede di sentirsi traditi, confusi, feriti, arrabbiati…». Il Vescovo invita a «mettersi accanto a chi ha sofferto e soffre per le profonde ferite che gli sono state inferte», a «mettersi nei loro panni», affinché la preghiera diventi «una preghiera solidale, di riparazione e di speranza: una preghiera cristiana». Durante la veglia ognuno ha acceso una candela al cero pasquale e l’ha deposta ai piedi della croce. Un gesto simbolico per affermare la decisione di seguire Gesù che «ha assunto tutto il negativo, consumando tutto in sé nell’amore, e così trasformando tutto in amore». Mons. Andrea conclude la Veglia auspicando che «la preghiera – lungi dall’essere un comodo rifugio o un artificio consolatorio – aiuti a dare un nome ai tanti dolori e a guardarli con verità e maturità, a partire da quelli legati agli abusi sessuali, ma non solo» (Veglia di preghiera per le vittime di abusi, Valdragone RSM, 18.11.2022).

Paola Galvani, dicembre 2022