Vi racconto come penso il 2023

Meditazione per l’inizio del nuovo anno

Confesso che i miei desideri per il nuovo anno sono abbastanza scontati. Formulo tre auguri: salute, gioia, pace. «La salute soprattutto!»: è il ritornello delle persone della mia età. È davvero un regalo potersi muovere, essere autonomi, avere relazioni senza ostacoli, vivere al cento per cento e dare il meglio di sé. E poi la gioia. Ha il potere di illuminare. Colora i giorni e dona slancio per vivere il quotidiano. «Toh! Sotto il grigio l’arcobaleno»: era il titolo di un quaderno di spiritualità (istruzioni per affrontare le fatiche e… la noia). Infine, la pace. La pace nel mondo, la pace fra i fratelli, la pace nei cuori: indispensabile per continuare a sperare. Con tutto questo non posso nascondere una certa apprensione per l’anno appena iniziato. Ormai, da tre anni, l’attualità ci sta abituando a vivere smarriti e spaventati. Stiamo tutti nell’incertezza del domani, sospesi per l’insidia di un virus invisibile e aggressivo e ora trafitti da una guerra così vicina. È ragionevole immaginare un anno tranquillo? Eppure è quello che desideriamo, chiediamo ardentemente nella preghiera e ci auguriamo l’un l’altro. Tuttavia la risposta che viene dal Cristo non è del tutto esente da inquietudine. Gesù stesso – il principe della pace – «non ha dove posare il capo» (Mt 8,20): la pace di Cristo non è un tranquillante. Il suo messaggio lancia delle sfide e propone – per il nostro bene – mete impegnative. Ci chiede di stare nel mondo col rischio di essere messi in discussione dagli avvenimenti e dall’incontro con l’altro. Sì, la pace di Cristo porta una certa inquietudine, ma è aperta ai varchi della grazia. Alla fine, la prima cosa che chiedo è il dono di saper vivere “sospeso” e aperto al futuro.
«Vanità delle vanità, tutto è vanità» (Qo 1,1): niente di più efficace per ridimensionare certe ingenuità. Dico: “anno nuovo” e Qoelet, un saggio dell’Antico Testamento, replica: «Ciò che è stato sarà, e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole» (Qo 1,9). Stesse promesse, ogni anno, con lo stesso epilogo. Capita a tutti di ritrovarsi più disillusi e più vecchi. C’è chi ha concluso con l’adattarsi alla coscienza dell’eterno ritorno, acconsentendo deliberatamente alla ripetizione degli eventi nella vita. Si dice: «Meglio scegliere che subire». Cioè rassegnarsi. La ripetizione è piuttosto noiosa, non ha nulla di appassionante.
Preferisco pensare che la vita sulla terra non sia un disco rotto. Nonostante l’età riconosco di aver vissuto ben poco. Paradossalmente non sono che all’inizio, tanto è vasto e coinvolgente l’orizzonte. Ma anche se pare restringersi è solo per un momento. La Provvidenza, con le sue “adorabili imboscate”, riserva sorprese, mi insegna l’umiltà, mi dispone alla vera gioia, mi smuove da me stesso e mi libera, a dispetto di una rassegnata quiescenza.
Salute, gioia e pace non sono pacchi regalo che trovo sotto l’albero, ma sono frutti che maturano giorno dopo giorno, dando un senso al mio vivere, al mio lavorare, al mio tessere relazioni. Sì, anche la salute può essere un frutto buono se saprò affrontare le fragilità. La gioia mi verrà incontro se saprò continuare a donarmi (“c’è più gioia nel dare che nel ricevere” – At 20,35). E la pace comincerà quando costruirò rapporti di verità e di amicizia.
“Anno nuovo” per me è uno spiare amorevolmente l’incredibile novità che mi è offerta. Ogni mattino è l’alba di nuovi incontri, nuove scoperte e cambiamenti: invito ad una nuova nascita. Riascolto la parola che viene dall’Apocalisse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). È la chiave di un vero “anno nuovo”. Lo auguro a tutti!

+ Andrea Turazzi, gennaio 2023