Vita della Diocesi

Imparare a camminare insieme con lo stile di Gesù

Dalla cura “a tu per tu” ad una cura organizzata

Come vivere il “ministero della sofferenza”

«Ognuno di noi oggi è qui per consegnare alla Madre la sofferenza, il dolore, la sua lotta personale e quella di tanti altri, ma viene invitato dalla liturgia ad uscire da sé, ad alzare lo sguardo per contemplare il Signore». Con queste parole il Vescovo Andrea si è rivolto all’assemblea riunita a celebrare la XXXI Giornata Mondiale del Malato. «Succede a tutti – rassicura – di ripiegarsi su di sé, soprattutto quando si è sotto un peso che schiaccia». Poi esorta, almeno per un attimo, a «volgere uno sguardo d’amore, di riconoscenza, di compassione a colui che hanno trafitto, Gesù» e, soprattutto, a decidere insieme di «non piangere su noi stessi, ma sul Signore, e in particolare sul suo Corpo Mistico che è l’umanità: Lui è il capo, noi umani le membra». Mons. Andrea ricorda in modo speciale le vittime e i sopravvissuti del terremoto in Turchia e in Siria. Nei giorni precedenti aveva chiesto alle comunità e ai fedeli il massimo impegno nel «sostenere la fede di tutti, invitare a fervorosa preghiera per i defunti, i sopravvissuti e i soccorritori e proporre una condivisione generosa».
Commentando i testi della liturgia della Parola, il Vescovo collega la Prima Lettura tratta dal libro di Isaia, il cosiddetto “carme del Servo sofferente”, al brano evangelico della Visitazione di Maria ad Elisabetta: «Il Servo sofferente, che prende su di sé il peccato dell’umanità, redime con la sua sofferenza e diventa luce per le genti – precisa – è il medesimo che Giovanni Battista dal grembo di Elisabetta, sua mamma, già riconosce e saluta danzando. La Visitazione di Maria, in fondo, è una visitazione del Signore: Maria è l’arca che lo porta».
«Ogni cristiano – aggiunge – può essere servo del Signore, rendendo presente ciò che Gesù ha già realizzato, perché in forza del Battesimo è unito a Cristo e, come Lui – se accetta – diventa membra della redenzione». Pertanto, «ogni dolore fisico, spirituale, morale può essere offerto per amore». Mons. Andrea presenta il Servo sofferente come modello di un vero e proprio «ministero della sofferenza che viene riconosciuto e consacrato da un sacramento specifico: l’Unzione degli infermi». Inoltre, «il cristiano prolunga il ministero del Servo sofferente facendosi carico, con la parola e con le opere, anche delle sofferenze dei fratelli». Basti pensare «alla fatica e all’impegno quotidiano di chi cerca la pace, la giustizia, di chi si spende per gli altri». «Anche questa ministerialità viene riconosciuta e santificata dall’unzione-sacramento, quella della Cresima», sottolinea il Vescovo.
Nell’esperienza della fragilità e della malattia, mons. Andrea vede un’occasione per «imparare a camminare insieme con lo stile di Gesù». Infatti, di fronte alla sofferenza, ognuno «tira fuori il meglio di sè: l’amore che ha dentro». Nel suo Messaggio per la Giornata il Papa pone davanti l’icona del buon samaritano. Il Vescovo evidenzia un particolare: «Il buon samaritano, all’inizio del brano, fa esercizio di fraternità e di cura “a tu per tu”, ma poi la cura si allarga ad una cura organizzata». Scendendo nel concreto, invita a prendere le distanze da «un certo tipo di cultura e di filosofia» che, alla domanda «che cos’è assolutamente dovuto alla persona malata?», risponde: «Ciò che i bilanci preventivi consentono», mettendo da parte il primato della persona. Mons. Andrea ritiene che, oggi più che mai, «sia necessario un supplemento di sapienza e di saggezza, che sappia vedere chiaramente qual è il bene intangibile della persona». Una comunità che cammina insieme diventa capace di «non lasciarsi contagiare dalla cultura dello scarto» (Omelia nella Giornata Mondiale del Malato, San Marino Città, 11.2.2023).

Il digiuno: la più incarnata delle preghiere

Nella celebrazione di ingresso alla Quaresima mons. Andrea si sofferma in modo particolare sul digiuno, pratica che spesso non è ben compresa, ma che «fa bene al nostro corpo, al nostro spirito e al nostro rapporto con il Signore». Innanzitutto, «il credente, digiunando, coinvolge l’intero suo corpo». «La nostra fede – spiega il Vescovo – non è disincarnata. Quando Gesù ci chiede di camminare con lui chiede di investire anche la nostra corporeità: muovere dei passi con lui, mettere in azione dei muscoli: il digiuno è la più incarnata delle preghiere». Poi, digiunare è «un mezzo per partecipare a quello che vivono tanti poveri». Mons. Andrea mette in guardia da una forma sbagliata di digiuno, quando si cerca di instaurare una forma di scambio con il Signore: «Io digiuno e tu, Signore, fai quello che ti chiedo». E obietta: «Non si compra Dio!». Il Vescovo fa notare che «non è detto che perché digiuni Dio manderà magicamente un pasto caldo a quella famiglia che tribola nell’inverno dell’Ucraina». Però, «se digiuniamo per pensare a Dio, per essere uniti ai poveri, allora il digiuno è preghiera». Una provocazione per andare più in profondità: «Che beneficio ricava dal nostro digiuno chi ha fame?». «Digiunare di quello che serve a noi – risponde il Vescovo – ci lega veramente con chi soffre. La sofferenza dell’altro non ci sarà mai completamente accessibile, tuttavia digiunare esprime la misura della nostra capacità di fraternità». Il digiuno, poi, avvicina a Dio: «In fondo è un atto di fede, anche quando non vediamo gli effetti». «Non mangiare lascia un vuoto concreto – aggiunge –, ma è soltanto una metafora di un vuoto più profondo che dobbiamo ammettere di avere dentro di noi, un bisogno da colmare: “Non di solo pane vive l’uomo”».
Dalla domanda «perché digiunare?», mons. Andrea accompagna alla domanda «per chi digiunare?». «Digiuniamo per il Signore, affinché ci faccia sentire la fraternità come la sente lui!». E conclude: «Digiunare è come aprire una porta, creare uno spazio di disponibilità. Si può fare famiglia anche con il digiuno» (Omelia nel Mercoledì delle Ceneri, Pennabilli, 22.2.2023).

Paola Galvani, marzo 2023

«Il mondo è guaribile»

In cerca di amici per diffondere “speranza”

Riscoprire la dimensione vocazionale della vita

«La preghiera, mentre sale al “padrone della messe” per chiedere “operai del Vangelo”, suscita in ciascuno la riscoperta della dimensione vocazionale della propria vita». Con queste parole il Vescovo Andrea ha disposto che, per tutto l’anno 2023, in ogni comunità e parrocchia della Diocesi di San Marino-Montefeltro, al termine di ogni celebrazione eucaristica prefestiva e festiva, si preghi «per le vocazioni sacerdotali e religiose, per la perseveranza dei chiamati e per il dono di famiglie cristiane» (Decreto per l’anno di preghiera per le vocazioni, 8.1.2023). Di vocazione il Vescovo parla anche commentando il Vangelo della chiamata dei primi apostoli sulle rive del mare di Galilea, a Cafarnao. Mons. Andrea invita a soffermarsi sullo sguardo di Gesù: «Gesù vede due uomini di mare e di acqua (Simone e Andrea) e li fa diventare roccia per la Chiesa». «È una creazione!», esclama il Vescovo. «Sulle rive del mare – continua – c’è l’acqua e c’è l’asciutto, come, nella Genesi, Dio separa la terraferma dalle acque: la vocazione è una creazione». Il Vescovo esorta ad avere fiducia, perché «il Signore ci ha dato le risorse, le capacità, i “muscoli” adatti per la vocazione a cui ci ha chiamato». E aggiunge: «Bisogna essere fedeli “al principio” (più che ai princìpi): “In principio Dio creò” (Gn 1,1)» (Omelia nella III domenica del Tempo Ordinario, Pietracuta, 22.1.2023).
Un forte incoraggiamento mons. Andrea lo rivolge al gruppo di coordinamento che si occupa di «mantenere viva la dimensione vocazionale della vita, i valori della famiglia e della educazione», in particolare con una serie di eventi in preparazione alla 35a Giornata per la Vita (i cosiddetti “80 giorni per la Vita”). «Lo fanno – sottolinea – con intelligenza, perseveranza e competenza, senza sottrarsi al dibattito e al dialogo con tutti», in un contesto sociale non facile, «spesso disattento ai valori posti in gioco, quando non configurabile addirittura come pensiero unico» (Saluto del Vescovo Andrea alla serata pubblica sull’ “Emergenza educativa”, Domagnano RSM, 20.1.2023).

Il mondo è guaribile

Nelle letture bibliche delle settimane precedenti il Natale è stato spesso evocato l’annuncio profetico «di lebbrosi che vengono mondati, di ciechi che finalmente vedono, di sordi che odono, di poveri a cui è annunciata la liberazione, di persone prigioniere del male che vengono risanate». «Sfogliando il Vangelo – commenta mons. Andrea – si direbbe quasi che il peccato non ci sia più: l’ha preso Gesù, se l’è caricato sulle spalle». Questo dà molta fiducia, perché «impariamo che il peccato che è in noi è una ferita dalla quale possiamo guarire, un incidente che possiamo superare». «Il mondo è guaribile», constata (Omelia nella II domenica del Tempo Ordinario, Pennabilli, 15.1.2023).
Che cosa vuol dire che il mondo è guaribile? Il Vescovo lo ha spiegato con queste parole ai ragazzi del Liceo di San Marino, riuniti per la celebrazione della Messa di Natale: «Cari ragazzi, anche voi venite da un’esperienza di dolore: due vostri amici sono stati vittima di un grave incidente stradale. Questo è il mondo. Il Signore dice che il mondo è salvabile. C’è una prospettiva, un futuro che lui ci promette; la fede ci informa che c’è vita piena». «Questo discorso sull’aldilà – precisa – non dev’essere frainteso: l’annuncio di un mondo guaribile non implica semplicisticamente il rinvio ad un’altra vita; il mondo è guaribile ora “come in cielo così in terra”». Mons. Andrea ritiene che questa speranza data dal Signore provochi «il nostro impegno di cura e di fatica per progredire» (Omelia nella S. Messa di Natale con gli studenti delle scuole superiori di San Marino, San Marino Città, 23.12.2022).

Guarire la povertà e la guerra

«Sono guaribili sulla terra – osserva il Vescovo – anche la povertà e la guerra». «La povertà non è un fatto “strutturale”, ma contingente: ci sono meccanismi che portano alle situazioni di povertà. C’è spazio per l’impegno, la lotta, il superamento». Mons. Andrea invita a ripensare gli “stili di vita” «per essere più vicini a chi è meno fortunato». Ai giovani dell’Azione Cattolica riuniti per il convegno di settore ha proposto un esempio a tutti familiare: «Ogni anno, al cambio stagionale, rivisitiamo il nostro guardaroba e scartiamo qualche capo di abbigliamento. Perché non farlo per scelta, anziché per fare spazio?». Per dire che, «se da una parte la povertà come fatto sociale è da combattere e contrastare, dall’altra c’è anche la povertà-virtù, che consiste nell’abituarsi all’essenziale, ad aprire, il guardaroba per condividere con gli altri». Un’altra via per contrastare la povertà è il “prendersi cura”: «Sapersi guardare attorno per aiutare, per vivere la solidarietà» (Saluto al Convegno del settore giovani di Azione Cattolica, Maciano, 27.11.2022).
Che cosa possiamo fare per la pace? Il Vescovo pensa sia fondamentale avere «il coraggio della pace, l’audacia della speranza», che chiedono certamente di protestare contro la guerra, «se necessario attraverso manifestazioni, gesti pubblici evidenti, precise strategie politiche ed economiche, iniziative diplomatiche e culturali». Ma «sono indispensabili anche i gesti personali di conversione, con i quali possiamo fasciare di tenerezza e di cura le relazioni a noi più prossime, persino quelle apparentemente insignificanti» (Omelia nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, San Marino Città, 1.1.2023).

Paola Galvani, febbraio 2023

«Gesù indica la strada della fraternità»

Sinodo, vita, società

Abbiamo cambiato vita? 

«Gesù è alle porte, cambiate vita!». È il grido del Battista che il Vescovo Andrea ha riproposto con forza a due settimane dal Natale, «un invito a rivedere la nostra vita di fede». Parla proprio a noi! «Può capitare anche a noi – confida – di sentirci a posto e di pensare che siano gli altri a doversi convertire». A distanza di qualche settimana viene da chiedersi: abbiamo cambiato vita? Occorre prima intendersi su cosa sia effettivamente la conversione. Negli strati più antichi della Bibbia (la Bibbia non è stata scritta di seguito, ma si è formata attraverso secoli di esperienze di ascolto del Signore), «quando si parla di conversione, si invita a compiere atti di culto: fare digiuni, ascoltare il rimorso e placarlo compiendo devozioni e penitenze». La conversione è intesa, dunque, «come una pratica». «Negli strati più recenti – spiega mons. Andrea – la conversione viene indicata come cambio di mentalità». «Con la sua predicazione – aggiunge – Giovanni Battista invita alla conversione chiedendo un cambio di prospettiva, precisamente di voltarsi verso Gesù». «La conversione è possibile, il mondo è salvabile – dirà –, perché se si accoglie Gesù, si riceverà il suo battesimo in “spirito santo e fuoco”».
«A salvare – conclude – non sono i fatti spettacolari (e Gesù ne compie), ma la fede in Lui». Mons. Vescovo sottolinea che il Signore Gesù sa accogliere anche il dubbio dei discepoli (e di ognuno di noi): «I dubbi che Giovanni Battista avrà – “sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” –  non costituiscono un motivo di minore stima». «La pedagogia che Gesù adopera» è racchiusa nei verbi: udire e vedere. «Gesù indica la strada della fraternità: ci sono ciechi, storpi, lebbrosi, poveri, prigionieri, che chiedono guarigione e liberazione. È da qui che bisogna partire». Gesù dirà un giorno che i discepoli «faranno cose più grandi di quelle che ha fatto lui» (cfr. Gv 14,12). «Ma occorrono occhi – afferma mons. Andrea – che sanno vedere il “sogno di Dio” e mani operose disposte al lavoro come quelle di un contadino».

Insieme non solo per camminare, ma per costruire

«È una grazia che vi raggiunge mentre vi rivolgo, umilmente ma con coraggio, questo invito a partecipare. Tocca a voi corrispondere. Siamo qui a servizio della comunità cristiana». Con queste parole il Vescovo Andrea si è rivolto ai referenti parrocchiali convocati in Diocesi per la seconda fase del Cammino Sinodale.
Il Vescovo ha ricordato l’atteggiamento che si viveva in occasione dei Sinodi passati: «In parrocchia si pregava il Rosario per raccomandare alla Madonna il Santo Padre e i Vescovi… Ma noi stavamo a casa e attendevamo, l’anno successivo, i documenti finali, preziosi frutti del lavoro sinodale». Nel 2015 uno scatto in avanti. Mons. Andrea scriveva sul “Montefeltro”: «Entriamo in Sinodo». Con queste parole non invitava a recarsi a Roma, ma a sentire “nostro” il Sinodo, ad informarsi, a leggere le cronache delle giornate di consultazione, ad «entrare dentro col cuore». Il tema del Sinodo era “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” e, come segno concreto di partecipazione, l’équipe del Servizio di pastorale familiare ha inviato alla Segreteria del Sinodo un contributo da parte della Diocesi.
«Ora – osserva – non solo si prega per il Sinodo, non solo si entra metaforicamente nel Sinodo, ma siamo chiamati a fare questa bellissima esperienza come popolo insieme, partecipando». A chi pensa che la propria voce non arriverà mai a Roma risponde: «La voce del Vescovo insieme alla vostra, la nostra insieme a quella delle diocesi vicine e lontane si uniranno, si fonderanno insieme e offriranno un contributo per tutti». Lo scorso anno ha partecipato ad almeno una seduta sinodale il 3,4% della popolazione della Diocesi. Molti riferiscono di averne un bel ricordo. Si sono sentiti chiamati per essere ascoltati! Non è poco… «Quando si parla di Sinodo (Concilio di Gerusalemme) negli “Atti degli Apostoli” – commenta mons. Andrea – non si intende solo il camminare insieme (syn-odos), ma anche il prendere decisioni». «È il momento di costruire», conclude. Ecco perché, sulla copertina del quaderno del Programma Pastorale 2022/23 appare l’immagine di un cantiere, «dove tutti sono sul posto, ognuno al suo posto», precisa con uno slogan a lui caro.  

Una Veglia di preghiera… sinodale!

È stata vissuta come incontro sinodale, all’inizio dell’Avvento, la Veglia per la Vita Nascente. Con queste parole il Vescovo ha accolto i presenti: «Lo scopo di questa serata di riflessione e di preghiera è dire grazie e fare festa per il dono della vita. E questo proprio nei giorni che preparano il Natale del Signore. Anche lui, Verbo Eterno, ha voluto entrare nel mondo così!». Dopo la preghiera e la meditazione di letture bibliche e testi scelti dagli Scout di San Marino, l’assemblea si è divisa in piccoli gruppi per il confronto e la condivisione. «L’arrivo di un bimbo – osserva mons. Andrea – è un dono ed una benedizione non solo per i genitori, ma per tutta la comunità». Inoltre, «ogni creatura che sboccia ci tocca, ci riguarda, ci interpella anzitutto sul piano esistenziale e culturale, sul piano delle politiche famigliari, sul piano della cura, dell’assistenza e dell’educazione». E conclude con una esortazione: «La vita stessa ha in sé le sue ragioni; il Vangelo di Gesù le purifica, le esalta e le moltiplica. Lo dobbiamo testimoniare e dire a chi, per i più svariati motivi, è stanco, sfiduciato, demotivato».

Paola Galvani, gennaio 2023

“Tutti sul posto, ciascuno al suo posto”

Per una Chiesa inclusiva, in dialogo e missionaria

«Oggi è grande festa. Questa chiesa è motivo di fierezza e di riconoscenza ai vostri padri, che vi hanno consegnato questo luogo, ma soprattutto vi hanno trasmesso la fede». Con queste parole il Vescovo Andrea si rivolge alla comunità di Villagrande riunita per il suggestivo rito della consacrazione della chiesa parrocchiale. Al giorno d’oggi si tratta di un avvenimento piuttosto raro; capita soltanto dopo restauri significativi o in caso di erezione di una nuova chiesa. L’evento è stato occasione per il Vescovo di una riflessione approfondita sulla comunità come luogo di incontro con Dio. «Appartenenza e radici – sorgenti di fierezza e riconoscenza – fanno l’identità: sappiamo chi siamo, sappiamo qual è la nostra legge – quella dell’amore che ci ha insegnato Gesù –, sappiamo qual è il nostro fine: il Regno di Dio, sappiamo chi è il nostro leader: Gesù Cristo». Riguardo all’identità mons. Andrea mette in guardia da un pericolo: «L’identità non sia mai chiusura!». Confidando l’insegnamento del padre agricoltore, aggiunge: «Buone radici servono per allargare gli spazi della carità (i rami, per stare alla metafora)». Pertanto, la Chiesa di Gesù non può che essere «inclusiva, cioè aperta a tutti, in dialogo, missionaria e perciò “in uscita”».
«Ogni incontro di persone esige uno spazio: la casa, la città, il paese, ma, quando si tratta dell’incontro con Dio, c’è proprio bisogno di uno spazio specifico?», chiede il Vescovo. «No – risponde con convinzione –; la Bibbia rivela che Dio, il cui Spirito riempie l’universo e contiene ogni cosa, non abita in case fatte da mano d’uomo, fossero pure splendide». «Egli, nelle Sacre Scritture, rivela la sua presenza a persone precise, in luoghi definiti, mediante le vicende della storia». Pertanto, «il luogo sacro è non il contenitore di Dio, ma luogo dove si fa memoria di quello che il Signore ha fatto». In particolare, «quando veniamo in chiesa la comunità ricorda che abbiamo un patto con il Signore. Noi possiamo essere infedeli, ma lui è fedele sempre!». Nel Nuovo Testamento, «il vero Tempio è la persona di Gesù. Gesù si è proclamato luogo dell’incontro con Dio. In Lui, nell’unicità della sua Persona, la natura divina e la natura umana sono unite insieme». Allora – afferma mons. Vescovo rivolgendosi a ciascuno – «se vuoi incontrare Dio, guarda Gesù»: Gesù Cristo è il volto umano di Dio.
Nel rito della consacrazione di una chiesa l’altare viene completamente cosparso con l’olio crismale, quello usato per il Battesimo. «Il corpo di Gesù di Nazaret, nato da Maria Vergine, risuscitato dal Padre è il Corpo Eucaristico sulla mensa della condivisione». Ma c’è un altro passaggio da fare: «Il Corpo di Cristo è il Corpo ecclesiale, l’assemblea riunita nel suo nome, dove lui ha dichiarato di essere presente: “Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20)». Dunque, «la comunità è il luogo in cui il Signore abita». Infine, in ogni cristiano è presente il Signore, «anche se si trova nei sobborghi di una città in cui non c’è una chiesa, o in un aereo che trasvola l’oceano o mentre si tuffa nel mare…».
Una precisazione: come lo spazio di ogni casa abitata, quello delle chiese è uno spazio organizzato secondo le azioni simboliche che vi si svolgono. È uno spazio differenziato, con posti previsti per coloro che nell’assemblea svolgono un ruolo diverso (celebrante, lettori ministri, coro, assemblea…): «tutti sul posto, ciascuno al proprio posto», secondo uno slogan caro al Vescovo Andrea (Omelia nella Consacrazione della chiesa di Villagrande, Villagrande, 25.09.2022).
«Pensate che dovrei dirvi solo certezze?», chiede il Vescovo, ai ragazzi e ai genitori riuniti per la celebrazione del sacramento della Cresima. «No – risponde – vi dico la domanda, perché essa mobilita la mente ed il cuore». Mons. Andrea sta parlando della «domanda fondamentale, che riguarda il più giovane fra noi fino al più grande: che cos’è la fede? Serve la fede? È necessaria per la vita?». «Se uno si pone la domanda – puntualizza – vuol dire che prende sul serio la fede, e che la fede per lui non è solo una cerimonia…». Ma che cos’è la fede, che «in tanti ci invidiano»? «La fede è un dono. È qualcosa che viene trasmesso – prosegue – dai nostri genitori, dai nonni, dagli antenati. Basti pensare a questa chiesa: qualcuno l’ha costruita pietra su pietra, con arte, perché ha creduto». Tuttavia, viene il momento in cui «la fede è una nostra decisione personale». «Siamo davanti a Gesù. Il suo Vangelo è cosa concreta. Gesù ci dice: “Credi? Ti fidi di me?”». Sta a noi rispondere. Come fare per aumentare la nostra fede? Gesù, agli apostoli che gli pongono la stessa domanda, dà una risposta che sembrerebbe insensata, paradossale: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso, sradicati e trapiantati nel mare e vi ascolterebbe…». Come a dire, spiega il Vescovo, che «non è una questione di quantità, ma di qualità». «Gesù usa questa immagine che è paradossale per dire: «Se tu hai una fede piccola, ma autentica, puoi affrontare anche le cose impossibili» (Omelia nella XXVII domenica del Tempo Ordinario, Ponte Cappuccini, 2.10.2022).
La comunità è stata interpellata da una riflessione e una decisione importante in occasione delle elezioni politiche in Italia, il 25 settembre scorso. Molti cristiani si sono detti turbati e confusi dalle vicende politiche degli ultimi tempi. Lungi dal dare indicazioni di voto, il Vescovo Andrea ha espresso alcuni punti fermi per orientare le coscienze: «La grande bussola e punto di riferimento è la Dottrina Sociale della Chiesa, che mette sempre al centro la persona e difende la vita. Si comincia col prendersi cura di quelli che soffrono di più e non sono trattati come persone. La Chiesa è di tutti, ma particolarmente dei poveri».

Paola Galvani, novembre 2022

“La Comunione è dono, la comunità è da costruire insieme”

Contemplando l’icona di Betania: diaconia e ascolto

 La guerra in Ucraina sta vivendo un momento di particolare drammaticità. Papa Francesco, preoccupato per la minaccia nucleare e l’escalation militare del conflitto, dedica l’intero Angelus del 2 ottobre ad un forte appello per chiedere al presidente russo Putin il cessate il fuoco e al presidente ucraino Zelensky di essere «aperto a serie proposte di pace». In tale grave contesto, San Marino ha scelto di dare rilievo alle “luci” che hanno brillato nell’oscurità di questi mesi durissimi. “Una comunità accogliente. Marzo-Giugno 2022: la risposta della Repubblica di San Marino all’emergenza della guerra in Ucraina” è il titolo di un progetto editoriale curato dalla prof.ssa Meris Monti e patrocinato dalla Segreteria di Stato agli Affari Esteri. Al Vescovo è stato chiesto di dare un contributo di riflessione sul tema, dando conto degli aiuti della Caritas diocesana (sezione sammarinese). «Scrivo. Ma non nascondo qualche imbarazzo», confida mons. Andrea; su tutti la difficoltà di rispondere alla domanda: «Quando finirà la guerra?». «La guerra finisce – dichiara – quando c’è un accordo, sia pure di compromesso, oppure quando finiscono le armi». Ma la situazione è che ora in guerra ci sono, «da una parte una superpotenza mondiale che dispone di un arsenale infinito, dall’altra una nazione aggredita, continuamente rifornita da altre potenze internazionali».
La Diocesi di San Marino-Montefeltro e la Repubblica di San Marino hanno rivolto la loro attenzione «alle necessità, non rinviabili, delle persone coinvolte, “fratelli tutti”, con attiva intraprendenza in favore dei profughi e di chi sta pagando il prezzo più alto di questa guerra». «Ci si è impegnati – spiega ai convenuti all’incontro di presentazione del volume – all’accoglienza di famiglie (soprattutto donne e bambini), ad offrire opportunità di lavoro e di socialità, all’assistenza di ogni genere». «Paradossalmente – constata – la disumanità della guerra ci sta umanizzando». «Da credenti – aggiunge – si fa più fervorosa la preghiera». Un altro imbarazzo del Vescovo è di «natura evangelica». Poiché Gesù dice: «Non sappia la tua destra quello che fa la tua sinistra», mons. Andrea raccomanda un’«opportuna segretezza del bene che ci è dato di fare: il bene è tale se è gratuito e non attende nulla in cambio, non cerca il plauso ed è consapevole di essere sempre insufficiente rispetto alle necessità». Ma, «se qualcosa è stato riferito – puntualizza – non è stato per altro motivo che esprimere gratitudine per la generosità dei sammarinesi e per l’intraprendenza della Caritas diocesana (sezione sammarinese)». Oltre alla gratitudine il Vescovo sottolinea l’importanza della memoria, perché cresca «la consapevolezza del valore della pace, non astrattamente, ma come passione per l’uomo». E conclude: «Ai più non è dato di interagire con la geopolitica, ma si è presa sempre più coscienza della interconnessione fra stati e popoli, fra interessi e risorse, tra fedi e culture. Non è poco» (Intervento alla presentazione del volume “Una comunità accogliente”, San Marino Città, 28.09.2022).
«È una grande gioia ritrovarci insieme, discepole e discepoli di Gesù, con Lui in mezzo a noi (cfr. Mt 28,20)». Con queste parole il Vescovo Andrea ha accolto un’assemblea in festa riunita in centro Diocesi, a Pennabilli, «nella chiesa madre significata dalla Cattedrale», per celebrare l’inizio dell’anno pastorale 2022/23 e il “mandato” agli operatori pastorali. «La Diocesi – sottolinea il Vescovo – non è un distretto amministrativo, una confederazione di parrocchie: è luogo in cui si manifesta tutto intero il mistero della Chiesa». «Siamo qui – continua – in assetto di missione per essere “mandati”: “Come il Padre ha mandato me – dice Gesù – così io mando voi”», ma non «senza uno stato permanente di ascolto del Signore», proprio come le due sorelle, Marta e Maria. L’icona di Betania viene presa come “punto di riferimento” di questo secondo anno di Cammino Sinodale, «perché in quella casa c’è l’armonia: c’è la diaconia (il servizio) e c’è lo stare seduti ai piedi del Maestro».
Il Programma Pastorale 2022/23 è incentrato sul tema della comunione; l’Eucaristia, il prossimo anno, sarà punto di arrivo del percorso tracciato a partire dalla risurrezione di Gesù, ma qui la comunione è intesa come «partecipazione alla vita trinitaria». Un ideale troppo alto? «La comunione – spiega il Vescovo Andrea – non è un optional, un abbellimento della vita cristiana e neppure un vago e nostalgico desiderio. Non dipende dalle nostre analisi sociologiche e dalla fantasia della nostra progettualità. La comunione caratterizza la vita nuova che abbiamo ricevuto in Cristo come figli di Dio, viene quindi dallo Spirito Santo. È prima di tutto un dono che ci precede».
Nel discorso agli operatori pastorali mons. Andrea tocca un tema caro al Santo Padre: la mistica della fraternità. «A volte viene da pensare – confida – che basterebbero la buona educazione, la cortesia, la diplomazia, ma dovremmo partire sempre dalla contemplazione della comunione». «La mistica della fraternità – aggiunge – presuppone l’ascetica. Ascetica e mistica vanno sempre insieme. L’ascesi è il cammino, dentro di noi, di conversione e di morte a noi stessi per posporre il nostro “io”, un cammino da fare insieme».
«Il dono della comunione – conclude – si concretizza nella comunità». «Se la comunione è dono già a nostra disposizione, la comunità è affidata alla nostra responsabilità e intraprendenza. È da costruire insieme». Da qui lo slogan del Programma: «Costruttori di comunità nei cantieri della vita» (Discorso in occasione della Giornata del Mandato agli operatori pastorali, Pennabilli, 25.09.2022).

Paola Galvani, ottobre 2022