«Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla»

Vivere e non subire questo tempo

Ci siamo speditamente inoltrati nel nuovo anno. È ormai ora di voltare pagina sul calendario di casa 2021: febbraio. Sui giornali si scrive con enfasi dell’era Biden. L’Italia, mentre scrivo, è col fiato sospeso per quanto riguarda la crisi di governo. Intanto, l’epidemia continua a mietere vittime. Ci si chiede quanti mesi ci vorranno per attuare la campagna vaccinale. C’è ansia per le tensioni sociali che rischiano di avvampare e per le sorti della scuola. Non è competenza e neppure mandato di questo periodico azzardare soluzioni o alzare lo sguardo troppo oltre il proprio punto di osservazione, tuttavia non può non dire una parola – speriamo significativa – per quei lettori che, come i discepoli di Emmaus, avanzano con il volto triste (il cammino di quei discepoli sa piuttosto di fuga). Sorprende come Gesù, che cammina accanto, non si attardi nella commiserazione, ma come raffinato maestro tagli corto ripercorrendo tutta intera la storia della salvezza spaziando da Mosè ai profeti: un intervento fuori luogo? Inopportuno? Improprio? È vero: Gesù non fa programmi, né progetti, ma avvia e incoraggia processi. Questo sì. Non detta l’agenda ai due di Emmaus ma, fatto sta, che dopo la sosta nella locanda, “quei due” invertono il cammino, tornano a Gerusalemme, rientrano nel gruppo dei discepoli, relazionano sull’incontro avuto, si mettono in ascolto di altre testimonianze, partecipano da protagonisti alla grande avventura dell’evangelizzazione.
A volte si dice: «Quando torneremo alla normalità?». Ci sarà, ce lo auguriamo, una attenuazione della crisi sanitaria, ma dobbiamo considerare “normale” che il Regno di Dio avanzi «tra prove e persecuzioni». È spesso nella “anormalità” che si distendono l’esistenza, la vita di fede e l’evangelizzazione: «È questo il tempo in cui ricostituirai il Regno di Dio?» (At 1,6). Benedetta concretezza! Per i missionari che operano in luoghi di frontiera è la normalità confrontarsi quotidianamente con situazioni di crisi, spesso estreme: veri banchi di prova per i neofiti e per l’annuncio del Vangelo.
Ci sono momenti nei quali un vulcano è in eruzione, ma è sempre presente il magma di lava e di fuoco al suo interno. Già altre volte abbiamo ricordato – fuori di metafora – come nel 2001 l’assalto alle Twin Towers abbia fatto emergere prepotentemente la questione del terrorismo e della sicurezza; come nel 2008 la grande crisi economica, già latente da tempo, abbia fatto scattare norme severe di controllo e di rintracciabilità finanziaria; come nel 2011 le ondate migratorie abbiano portato alla coscienza di tutti situazioni drammatiche di vita. Ugualmente questa pandemia ci ha confermato la nostra fragilità e l’interdipendenza planetaria. Tutte problematiche, in qualche modo, sempre presenti, che improvvisamente si sono manifestate in forma acuta. Questo esige un permanente atteggiamento di saggezza: saper abitare la crisi.
La prima conseguenza per chi abita la crisi è la ricerca dell’essenziale. E quel che è essenziale per noi non lo dicono anzitutto la sociologia, la medicina, l’economia. L’essenziale lo recuperiamo nella Parola di Dio, nel patrimonio della nostra tradizione e della nostra spiritualità. Attenzione però: non confondiamo l’essenziale con il minimale. Non basta sopravvivere, occorre puntare su una pienezza di vita: vita nella difficoltà. «Il Regno di Dio avanza»: così interpretava un amico ammalato di cancro l’avanzare del suo male, alludendo non già al suo morire, ma al suo vivere l’infermità. Per vivere al meglio questo tempo non mancano le indicazioni. Nel Programma pastorale della Diocesi di San Marino-Montefeltro è stato scritto che questo non sarebbe stato un «anno di infermeria». È stata delineata una sorta di mappa, utile per tutti, riguardante tempi, spazi e strutture. Tempi: recupero di un maggiore equilibrio fra riposo e lavoro, fra preghiera e attività, tra ascolto ed evangelizzazione. Spazi: riduzione delle riunioni con svolgimento più disciplinato, meno invasivo della notte e per lo più online; rilancio di nuove opportunità comunicative, soprattutto per le famiglie, coinvolte anche in veri e propri riti famigliari, diversi da quelli che si vivono in chiesa nella liturgia. Strutture: è parso bene snellire il servizio degli Uffici, dei gruppi di lavoro, delle commissioni parrocchiali e diocesane, rendendoli più distesi e concreti. Come sempre la prassi della vicinanza non è il fare tutto dappertutto, ma salvare le relazioni: esserci!
Una parola nuova ravviva l’impegno missionario: la cultura della cura (Papa Francesco). C’è tanta solitudine attorno: anziani, persone “a vita sola”, lavoratori in cassa integrazione. Tra i più toccati da questa emergenza sono i ragazzi e i giovani. C’è chi parla di catastrofe educativa. Non ci resta che vivere questo tempo e non subirlo: non restare inerti, ma costanti nello sforzo di seminare speranza. «Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla» (Papa Francesco, Omelia, 31.5.2020).

+ Andrea Turazzi, febbraio 2021