L’ordinazione di un vescovo (I parte)

L’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione Domanda: Perché sono necessari tre vescovi consacranti per l’ordinazione di un vescovo? Perché durante il rito di ordinazione episcopale al vescovo eletto viene posto l’Evangeliario sulla testa? (Paola) Nel tentativo di rispondere a queste domande faremo riferimento solo all’ordinamento dell’attuale Pontificale Romano (PR), scaturito dalla riforma del Concilio Vaticano II. In realtà, il PR non prescrive la necessità di avere tre vescovi ordinanti, esso parla di “almeno”. In effetti, il n. 16 sancisce che “Secondo la consuetudine trasmessa fin dall’antichità, il vescovo ordinante principale deve associarsi nel celebrare l’ordinazione almeno altri due vescovi”. Se il numero “tre”, nella simbologia cristiana, rimanda chiaramente alla SS. Trinità, quindi alla perfezione e pienezza, nel caso dell’ordinazione episcopale esso alluderebbe all’origine trinitaria dell’episcopato e a quella “pienezza di sacerdozio” o “sommo sacerdozio” a cui accede il nuovo vescovo. Mentre con il numero elevato dei vescovi ordinanti si sottolinea la collegialità episcopale in comunione con il vescovo di Roma, successore di Pietro, e la successione apostolica. In effetti, lo stesso n. 16 auspica che “È assai conveniente che tutti i vescovi presenti partecipino all’elevazione di un nuovo candidato al ministero del sommo sacerdozio, imponendogli le mani, proclamando...

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Il significato della parola “Eucaristia”

“Ringraziamento”: l’insondabile ricchezza del Sacramento Domanda: Perché la celebrazione viene chiamata “Eucaristia”? (Mariangela) I quattro verbi riassuntivi della cena di Emmaus (prendere, benedire, spezzare, dare) appaiono già in forme diverse nei quattro racconti dell’istituzione dell’Eucaristia. Gesù “prese il pane” (Mt 26,26; Mc 14,22; Lc 22,19; 1Cor 11,23), “recitò la benedizione” (Mt 26,26; Mc 14,22) o “rese grazie” (1Cor 11,24; Lc 22,19); “lo spezzò” (Mt, Mc, Lc, 1Cor 11,24); “lo diede” o “lo dava” (Mt, Mc, Lc). Nelle prime comunità cristiane il rito della frazione del pane, tipico della cena ebraica, è particolarmente carico di significato teologico in quanto “è stato utilizzato da Gesù quando benediceva e distribuiva il pane come capo della mensa, soprattutto durante l’ultima Cena. Da questo gesto i discepoli lo riconosceranno dopo la sua Risurrezione, (Cf. Lc 24,13-35) e con tale espressione i primi cristiani designeranno le loro assemblee eucaristiche (Cf. At 2,42; At 2,46; At 20,7; At 2,11). In tal modo intendono significare che tutti coloro che mangiano dell’unico pane spezzato, Cristo, entrano in comunione con lui e formano in lui un solo corpo (Cf. 1Cor 10,16-17)” (Catechismo della Chiesa Cattolica 1329). È un gesto che rimanda anche al sacrificio cruento che Gesù vivrà sulla croce,...

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Le offerte della Messa

I sacerdoti presentano a Dio le offerte e i doni raccolti Domanda: Come mai solo i fedeli partecipano all’offerta della questua durante la Santa Messa e non il sacerdote? (Luigi) Questa domanda ci provoca a cogliere meglio il significato delle offerte della Messa. L’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR) afferma che le offerte della Messa sono composte certamente dal pane e dal vino, ma anche dal denaro e/o altri doni che possono servire alle necessità dei poveri e della Chiesa (cf. n. 73). Secondo il numero 1351 del Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) “fin dai primi tempi, i cristiani, insieme con il pane e con il vino per l’Eucaristia, presentano i loro doni perché siano condivisi con coloro che si trovano in necessità (cf. 1Cor 16,1; 2 Cor 8,9)”.Nel II secolo San Giustino testimonia che “i facoltosi e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa; e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno” (Apologia, 1, 67,6).In più...

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Sacerdoti, Re e Profeti (seconda parte)

Scopriamone il significato Domanda: A volte sento qualche prete dire con enfasi che noi laici siamo re (un titolo onorifico?), profeti (forse qualcuno lo è con la testimonianza), sacerdoti: ma in che senso? (Nino) Nel numero precedente ne abbiamo compreso il senso cioè è una partecipazione a ciò che è proprio di Cristo. Cerchiamo ora di ricuperare il significato dei tre doni e compiti di tutto il Popolo di Dio. Funzione sacerdotale e cultualeIl sacerdote è il ministro del culto a Dio e della “casa” di Dio. Nel Nuovo Testamento la vera casa o tempio di Dio è Gesù Cristo e con/in Lui anche tutto il popolo cristiano, suo corpo mistico (cf. Gv 2,19-21; 1Cor 3,16-17). Infatti, “per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo” (Lumen gentium, 10).Lumen gentium 34 estende questa funzione sacerdotale e cultuale a tutti gli aspetti della vita, perché ricevano la loro definitiva destinazione ed orientamento a Dio nella celebrazione eucaristica. Si realizza qui quella unione più volte desiderata ed auspicata, anche dai gruppi sinodali nella nostra Diocesi, tra la liturgia celebrata e la vita vissuta. Funzione profeticaIl battezzato è profeta nella misura...

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Sacerdoti, Re e Profeti (prima parte)

Una partecipazione a ciò che è proprio di Cristo Domanda: A volte sento qualche prete dire con enfasi che noi laici siamo re (un titolo onorifico?), profeti (forse qualcuno lo è con la testimonianza), sacerdoti: ma in che senso? (Nino) Questa affermazione va colta nel suo vero significato, per evitare ambiguità, fraintendimenti e anche banalizzazioni. È tutto il popolo di Dio, pastori e fedeli laici insieme, che è un popolo “sacerdotale, regale e profetico” (cf. Lumen Gentium 34-36). Ma va precisato che né il popolo né il singolo cristiano si attribuisce questa triplice funzione. Infatti, “Gesù Cristo è colui che il Padre ha unto con lo Spirito Santo e ha costituito «Sacerdote, Profeta e Re». L’intero popolo di Dio partecipa a queste tre funzioni di Cristo e porta le responsabilità di missione e di servizio che ne derivano” (Catechismo della Chiesa Cattolica 783). E ciò, mediante il Battesimo. Con l’unzione battesimale ci viene detto: “Dio onnipotente… vi consacra con il crisma della salvezza, perché inseriti in Cristo, sacerdote, re e profeta, siate sempre membra del suo corpo per la vita eterna”.Così inseriti in Cristo (che significa l’unto), diventiamo anche noi “unti”, “cristi”. È importante sottolineare il carattere della consacrazione. Nell’Antico...

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L’Eucaristia, fonte e culmine

“Spinge i fedeli a vivere in perfetta unione” L’Eucaristia, “fonte e culmine”, invita a polarizzare l’attenzione formativa e partecipativa di tutta la nostra Diocesi in quest’anno pastorale. In un certo senso è culmine del percorso diocesano che, dal 2018 ci guida in una rivisitazione dell’Iniziazione Cristiana in rapporto al mistero pasquale, in tre bienni. Nello stesso tempo l’Eucaristia rappresenta la fonte che ci immerge in quello stesso mistero pasquale che, dall’alba del primo giorno dopo il sabato, ci proietta continuamente verso la domenica senza tramonto. In tal senso, essa fa scaturire tutta la linfa di cui ha bisogno il nostro “essere collocati nella storia umana” per annunciare, celebrare e testimoniare Colui che è il Compimento della storia!L’espressione fonte e culmine appare nella Sacrosanctum Concilium 10 dove, dopo avere osservato che la liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa (cf. n. 9), la Costituzione conciliare sulla liturgia afferma che “Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia” (SC 10). In effetti, esplicita lo stesso numero 10, “il lavoro apostolico è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo,...

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Canto allo scambio della pace?

Il Messale Romano non lo prevede Domanda: Si può eseguire un canto durante lo scambio della pace a Messa? (Lorenzo) La risposta a questa domanda esige primariamente il recupero del vero significato del gesto stesso. Il Messale invita a scambiarsi il “dono” della pace, proprio per sottolineare che questa pace non è una nostra iniziativa di saluto o di riconciliazione, ma è appunto il dono che il Risorto continua ancora oggi ad offrire alla sua Chiesa riunita per la celebrazione dell’Eucaristia. È il “bacio pasquale” di Cristo risorto presente sull’altare, da testimoniare poi nella vita di tutti i giorni. È con questo significato teologico che la tradizione liturgica romana ha collocato lo scambio della pace prima della Comunione, mentre altre famiglie liturgiche, come quella ambrosiana, lo collocano prima di presentare i doni all’altare, in riferimento a Matteo 5,23.Attorno a questo segno era sorto un dibattito nella Chiesa tra quanti lo sostenevano ed altri che ne chiedevano perfino la soppressione in quanto ritenuto elemento disturbatore del successivo momento della Comunione. Ragione per cui Papa Benedetto XVI aveva affidato alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il compito di “studiare la possibilità di collocare lo scambio della pace...

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La Veglia Pasquale e il precetto

Momento irrinunciabile per un cristiano Domanda: Perché la Veglia Pasquale non è di precetto pur essendo il momento liturgico più centrale e importante dell’anno? (Paola) Nel motivare il precetto ecclesiale della domenica Papa san Giovanni Paolo II scrive che “Quest’obbligo di coscienza, fondato in una esigenza interiore che i cristiani dei primi secoli sentivano con tanta forza, la Chiesa non ha cessato di affermarlo, anche se dapprima non ha ritenuto necessario prescriverlo. Solo più tardi, davanti alla tiepidezza o alla negligenza di alcuni, ha dovuto esplicitare il dovere di partecipare alla Messa domenicale…” (Dies Domini, 47).Il motivo di questo “obbligo di coscienza” si comprende se si considera la rilevanza che la domenica ha per la vita cristiana: è il “Giorno del Signore” risorto (Dies Domini); giorno della nuova creazione; l’ottavo giorno, figura dell’eternità; giorno di Cristo luce; giorno del dono dello Spirito Santo; giorno della fede; giorno della Chiesa; giorno della speranza; giorno della festa (eucaristia); giorno della missione; giorno dell’uomo (dies hominis) in quanto giorno di gioia, riposo e solidarietà. Insomma, la domenica è il giorno dei giorni (dies dierum, cf. nn. 74-80). Un giorno irrinunciabile!“Si comprende allora perché, anche nel contesto delle difficoltà del nostro tempo, l’identità di...

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La Messa Vespertina del sabato

“Senza la domenica non possiamo vivere” Domanda: È lecito partecipare alla Messa prefestiva anziché a quella festiva per comodità e non per necessità? (Luisa) Questa domanda ci permette di tornare alle antiche tradizioni vespertine nella Chiesa, che riprendono l’uso giudaico di iniziare il giorno dal tramonto del giorno precedente (cfr. Levitico 23,32). Alla fine del racconto della Passione i quattro Evangelisti testimoniano che ormai si stanno accendendo le prime luci del sabato al termine di quella vigilia (Parasceve) della Pasqua quando il Signore fu sepolto. La Chiesa accolse questa norma ebraica legandola ovviamente alla domenica, per cui il concilio di Laodicea (sec. IV) sancirà di osservare la domenica dal vespro del sabato a quello della domenica. Da allora, la comunità cristiana dei primi secoli ha celebrato i giorni delle solennità e delle domeniche a partire dalla sera precedente, con i «Primi Vespri», ossia la preghiera liturgica collegata al tramonto del giorno prima. Nel 1953 Papa Pio XII ha istituito al sabato pomeriggio la possibilità di celebrare oltre ai Primi Vespri, anche la liturgia eucaristica domenicale. Ulteriori disposizioni sono state date dallo stesso Pontefice nel 1957. Il motivo principale è stato di offrire maggiore disponibilità di tempo per adempiere al precetto...

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I Lezionari e i loro cicli

Una ricchezza tutta da vivere Domanda: Che cosa rappresentano i tre cicli dell’anno liturgico e come fare per sapere se siamo nell’anno A, B o C? Le celebrazioni feriali, invece, quale ordine seguono? (Luigi) La Dei Verbum, la Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Rivelazione Divina, esprime tutta l’importanza della Parola di Dio rimarcando che “La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane di vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo” (DV, 21). D’altra parte, il Concilio esorta con ardore sia i sacerdoti, i religiosi che tutti i fedeli “ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo» (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture” (DV, 25), giacché «L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo» (S. Girolamo). Riguardo la liturgia, la Sacrosanctum Concilium ha sottolineato che “Nella celebrazione liturgica la sacra Scrittura ha una importanza estrema. Da essa, infatti, si attingono le letture che vengono poi spiegate nell’omelia e i salmi che si cantano; del suo afflato e del suo spirito sono permeate le preghiere, le orazioni e i carmi liturgici; da...

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