Purché non scenda l’oblio

Dopo i giorni dell’alluvione in terra di Romagna

È uno dei limiti del mensile: scrivi oggi e non sai come domani si evolverà la situazione… Scrivo condizionato dall’onda emotiva causata in queste ore dall’alluvione in Romagna e dal movimento franoso nel Montefeltro. L’onda si placherà e scenderà – Dio non voglia – l’oblio su quanto sta accadendo, sulle vittime, sulle profonde ferite nella gente e nel territorio. Numeri spaventosi per questo angolo di Romagna: 15 morti, 36.000 sfollati, 21 fiumi esondati, 450 strade interrotte, oltre 300 frane. E sono dati provvisori. Il saldo alle prossime settimane. Dietro ai numeri tante persone: persone decedute, case violate, capannoni da ricostruire, piantagioni da reimpostare, comunicazioni da ricucire. Parola d’ordine: “fare presto”; sotto i dardi del sole, pur tanto desiderato, il fango si farà pietra. Ho scritto “ferita” e ferita grave, ma non mortale. Anzitutto per il temperamento di questa gente. I romagnoli se la sono sempre cavata: resistenza tenace, prima ancora del dolore che testimonia l’orgoglio, la forza e la dignità di un popolo. E poi le risorse di questa terra, con germi che in essa continuano a pulsare. Ci vorranno tempo e molto lavoro, ma volontà e braccia non mancano: vita che si interrompe e vita che non si arrende.
Mi sono imbattuto nelle parole del profeta: «Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete”. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti» (Is 35,3-4). Mi è sembrato l’annuncio della prossimità del Dio con noi nella prova, con le sue chiese allagate come le nostre case, con gli slanci dei cuori e con la solidarietà di tante persone e di tanti giovani che si sono messi a disposizione. Appena m’è stato possibile ho telefonato a Marco Angeloni, presidente dell’Azione Cattolica, per sentire in diretta le emozioni di quanti sono scesi con lui a Cesena. Il direttore della Caritas diocesana, Luca Foscoli, ha organizzato spedizioni di tutto ciò che è indispensabile in questa emergenza: stivali, pale, sacchi e… acqua potabile. Il diacono Giovanni Ceccoli, insieme ad un gruppo di Scout, è partito da San Marino con altro materiale. Nella sciagura si svela un mondo spesso invisibile. «Hanno belle facce – scrive Marina Corradi su “Avvenire” – quei ragazzi generosi che spalano fango nelle strade in cambio di niente». Verrebbe da avvertire che dovranno fare i conti con un fango più duro: l’indifferenza e il silenzio. Contiamo su di loro anche per domani.
Quel bimbo ben coperto, salvato dalle acque, stretto tra le braccia di un operatore, rappresenta tutti noi, attoniti e smarriti in questi momenti di prova, e quelle braccia, le braccia di Dio. Un giorno madre Teresa di Calcutta a chi chiedeva che cosa fa Dio per salvare rispondeva: «Dio ha mandato te e me»!
I Vescovi della Romagna stanno facendo sentire la loro prossimità invitando al coraggio e alla preghiera, mettendo a disposizione strutture per gli sfollati. «Impastare il fango con la solidarietà». Si prega per saper vivere da fratelli il momento presente, per chiedere aiuto al Cielo, per allargare gli spazi della carità. La storia, con i suoi avvenimenti, ci fa scoprire pagine di Vangelo. Siamo stati avvertiti della necessità di un rapporto diverso con la natura e con l’ambiente. Cambiamenti climatici ed eventi atmosferici estremi dipendono in parte dai nostri ritardi di comprensione e di responsabilità etica: siamo già in ritardo!
Papa Francesco, nel suo messaggio affidato ai Vescovi della Romagna, ha richiamato la Lettera enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune mettendola in connessione con l’uso sostenibile delle risorse e l’impegno per affrontare la crisi climatica. «C’è tanto bisogno di mettere insieme competenze e creatività. Ce lo ricordano anche le recenti calamità». Ricevuto.

+ Andrea Turazzi, giugno 2023