«Ecco, io faccio nuove tutte le cose»

Messaggio per la Prima giornata Mondiale dei Bambini

In occasione della prima Giornata Mondiale dei Bambini, che sarà a Roma il 25 e 26 maggio prossimo, il Papa ha rivolto un Messaggio indirizzato a tutti i piccoli del mondo. «Lo rivolgo prima di tutto a ciascuno personalmente – scrive il Santo Padre -. A te, cara bambina, a te, caro bambino, perché sei prezioso agli occhi di Dio. Così tutti voi, bambine e bambini, gioia dei vostri genitori e delle vostre famiglie, siete anche gioia dell’umanità e della Chiesa, in cui ciascuno è come un anello di una lunghissima catena, che va dal passato al futuro e che copre tutta la terra. Per questo vi raccomando di ascoltare sempre con attenzione i racconti dei grandi! E nello stesso tempo di non dimenticare tutti quei bambini a cui ancora oggi con crudeltà viene rubata l’infanzia. Miei piccoli amici, per rinnovare noi stessi e il mondo, non basta che stiamo insieme tra noi: è necessario stare uniti a Gesù. Da lui riceviamo tanto coraggio: lui è sempre vicino, il suo Spirito ci precede e ci accompagna sulle vie del mondo. Gesù ci dice: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5); sono le parole che ho scelto come tema per la vostra prima Giornata Mondiale». «E adesso – continua il Papa – voglio confidarvi un segreto importante: per essere davvero felici bisogna pregare, pregare tanto, tutti i giorni, perché la preghiera ci collega direttamente a Dio, ci riempie il cuore di luce e di calore e ci aiuta a fare tutto con fiducia e serenità. Anche Gesù pregava sempre il Padre. E sapete come lo chiamava? Nella sua lingua lo chiamava semplicemente Abbà, che significa Papà. Care bambine e cari bambini, sapete che a maggio ci troveremo in tantissimi a Roma, proprio con voi, che verrete da tutto il mondo! E allora, per prepararci bene, vi raccomando di pregare usando le stesse parole che Gesù ci ha insegnato: il Padre nostro. Recitatelo ogni mattina e ogni sera, e poi anche in famiglia, con i vostri genitori, fratelli, sorelle e nonni» (2 marzo).
Ripercorriamo poi le parole del Papa che ci hanno accompagnato nelle domeniche di Quaresima, in preparazione agli eventi pasquali. Anzitutto «il Vangelo ci mostra una scena dura: Gesù che scaccia i mercanti dal tempio e ammonisce tutti dicendo: «Non fate della casa del Padre mio un mercato». Gesù è duro perché non accetta che il tempio-mercato si sostituisca al tempio-casa, non accetta che la relazione con Dio sia distante e commerciale anziché vicina e fiduciosa, non accetta che i banchi di vendita prendano il posto della mensa familiare, che i prezzi vadano al posto degli abbracci e le monete prendano il posto delle carezze» (Angelus, 3 marzo).
Nella domenica successiva troviamo la figura di Nicodemo. Gesù mostra di saper leggere nel suo cuore. Infatti «davanti a Gesù non ci sono segreti: Egli legge nel cuore, nel cuore di ognuno di noi. E questa capacità potrebbe inquietare perché, se usata male, nuoce alle persone, esponendole a giudizi privi di misericordia. Ma non è così. Egli infatti non se ne serve per puntarci il dito contro, ma per abbracciare la nostra vita, per liberarci dai peccati e per salvarci. A Gesù non interessa farci processi o sottoporci a sentenze; Egli vuole che nessuno di noi vada perduto. Lo sguardo del Signore su ognuno di noi non è un faro accecante che abbaglia e mette in difficoltà, ma il chiarore gentile di una lampada amica, che ci aiuta a vedere in noi il bene e a renderci conto del male, per convertirci e guarire con il sostegno della sua grazia. Chiediamo dunque al Signore di guardare agli altri come Lui ci guarda» (Angelus, 10 marzo).
Nella quinta domenica di Quaresima il Vangelo ci dice «che sulla Croce vedremo la gloria del Padre. Ma com’è possibile che la gloria di Dio si manifesti proprio lì, sulla Croce? Per Dio la gloria è amare fino a dare la vita. Dalla Croce, “cattedra di Dio”, il Signore ci insegna che la gloria vera, quella che non tramonta mai e rende felici, è fatta di dono e perdono» (Angelus, 17 marzo).
Il 13 marzo il Santo Padre ha dato inizio al ciclo di catechesi dedicate alle virtù. Esse sono, come definisce il Catechismo, «una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Non è dunque un bene improvvisato e un po’ casuale, che piove dal cielo in maniera episodica. È un bene che nasce da una lenta maturazione della persona, fino a diventare una sua caratteristica interiore. La virtù è un habitus della libertà. Infatti il cuore dell’uomo può assecondare cattive passioni, può dare ascolto a tentazioni nocive travestite con vesti suadenti, ma può anche opporsi a tutto questo. Per quanto ciò possa risultare faticoso, l’essere umano è fatto per il bene, che lo realizza veramente, e può anche esercitarsi in quest’arte, facendo sì che alcune disposizioni divengano in lui o in lei permanenti». Esorta il Papa: «In un mondo deformato dobbiamo fare memoria della forma con cui siamo stati plasmati, dell’immagine di Dio che in noi è impressa per sempre» (Udienza generale, 13 marzo).

Monache dell’Adorazione Perpetua
Pietrarubbia, aprile 2024