Emmaus e la gioia del Vangelo

Dieci anni dell’Evangelii gaudium

Dopo aver incontrato, nel corso delle Udienze generali di questi mesi, diversi testimoni dell’annuncio del Vangelo, il Santo Padre si è proposto di «sintetizzare questo ciclo di catechesi sullo zelo apostolico in quattro punti, ispirati all’Esortazione apostolica Evangelii gaudium», che a novembre ha compiuto dieci anni. «Il primo dei quattro non può che riguardare l’atteggiamento da cui dipende la sostanza del gesto evangelizzatore: la gioia. Il messaggio cristiano, come abbiamo ascoltato dalle parole che l’angelo rivolge ai pastori, è l’annuncio di una grande gioia. E la ragione? Una buona notizia, una sorpresa, un bell’avvenimento? Molto di più, una Persona: Gesù! Gesù è la gioia. La nascita di Gesù, nella storia come nella vita, è il principio della gioia: pensate a quello che è successo ai discepoli di Emmaus che dalla gioia non potevano credere, e gli altri, poi, i discepoli tutti insieme, quando Gesù va al Cenacolo, non potevano credere dalla gioia! E questo ci dice che i primi a dover essere evangelizzati sono i discepoli, i primi a dover essere evangelizzati siamo noi, cristiani. Così, come i due di Emmaus, si torna nella vita quotidiana con lo slancio di chi ha trovato un tesoro: avevano trovato Gesù, e ha cambiato loro la vita. E si scopre che l’umanità abbonda di fratelli e sorelle che aspettano una parola di speranza». Esorta dunque il Papa: «Il Vangelo è atteso anche oggi: l’uomo di oggi è come l’uomo di ogni tempo: ne ha bisogno, anche la civiltà dell’incredulità programmata e della secolarità istituzionalizzata; anzi, soprattutto la società che lascia deserti gli spazi del senso religioso, ha bisogno di Gesù. Questo è il momento favorevole all’annuncio di Gesù» (Udienza generale, 15 novembre).
Invita poi a «vigilare sui nostri sentimenti», come nella parabola delle dieci vergini, per le quali «la differenza tra saggezza e stoltezza non sta nella buona volontà. La differenza è un’altra: la preparazione, l’olio. E qual è una delle caratteristiche dell’olio? Che non si vede: sta dentro le lampade, non è appariscente, ma senza di esso le lampade non danno luce. Curare il cuore. E il Vangelo ci dà il consiglio giusto per non trascurare l’olio della vita interiore, “l’olio dell’anima”: ci dice che è importante prepararlo. La vita interiore non si improvvisa; va preparata dedicando un po’ di tempo ogni giorno, con costanza, come si fa per ogni cosa importante» (Angelus, 12 novembre).
Così, tra i santi testimoni, il Papa ci propone la figura di Madeleine Delbrêl la quale, «dopo un’adolescenza vissuta nell’agnosticismo, a circa vent’anni incontra il Signore, colpita dalla testimonianza di alcuni amici credenti. Si mette allora alla ricerca di Dio, dando voce a una sete profonda che sentiva dentro di sé, e arriva a comprendere che quel “vuoto che gridava in lei la sua angoscia” era Dio che la cercava. Poeticamente si rivolgeva a Gesù così: «Per essere con Te sulla Tua strada, occorre andare, anche quando la nostra pigrizia ci supplica di restare. Tu ci hai scelti per stare in uno strano equilibrio, un equilibrio che può stabilirsi e mantenersi solo in movimento, solo in uno slancio. Un po’ come una bicicletta, che non si regge senza girare» (Udienza generale, 8 novembre).
Ricordando inoltre Papa Benedetto XVI, in occasione della Commemorazione dei vescovi e cardinali defunti, il Santo Padre ha messo in luce «quante volte Benedetto ci ha ricordato che la fede non è anzitutto un’idea da capire o una morale da assumere, ma una Persona da incontrare, Gesù Cristo: il suo cuore batte forte per noi, il suo sguardo s’impietosisce davanti alle nostre sofferenze». Ha poi sottolineato: «Dio cerca persone umili, che sperano in Lui, non in sé stessi e nei propri piani. Fratelli e sorelle, questa è l’umiltà cristiana: non è una virtù fra le altre, ma la disposizione di fondo della vita: credersi bisognosi di Dio e fargli spazio, riponendo ogni fiducia in Lui. Questa è l’umiltà cristiana» (Basilica di San Pietro, 3 novembre).
Instancabile l’appello del Papa per la pace. In occasione del discorso a una delegazione dei rabbini europei, il Santo Padre ha fermamente condannato il diffondersi di manifestazioni antisemite, ribadendo con forza che «non le armi, non il terrorismo, non la guerra, ma la compassione, la giustizia e il dialogo sono i mezzi adeguati per edificare la pace». Ha poi sottolineato che «il dialogo con l’ebraismo è di particolare importanza per noi cristiani, perchè abbiamo radici ebraiche. Gesù è nato e vissuto da ebreo; Egli stesso è il primo garante dell’eredità ebraica all’interno del cristianesimo e noi, che siamo di Cristo, abbiamo bisogno di voi, cari fratelli, abbiamo bisogno dell’ebraismo per comprendere meglio noi stessi. Perciò è importante che il dialogo ebraico-cristiano mantenga viva la dimensione teologica, mentre continua ad affrontare questioni sociali, culturali e politiche» (6 novembre).

Monache dell’Adorazione Perpetua
Pietrarubbia, dicembre 2023