Estate 2023: contraddizioni e speranze

Un’estate che sembrava indugiare. Poi è arrivata infuocata. Poi è parso non andarsene più. «Ma che tempo che fa?»: ormai non più chiacchiera ma occasione di studi, di ricerche scientifiche, incubo per qualcuno. Intanto la macchina per le vacanze si è lanciata a pieno ritmo. La riviera promette bene. L’entroterra si dà da fare, anche se le ferite dell’alluvione e delle frane sono ancora evidenti e tante attività e famiglie sono ancora in attesa degli aiuti promessi. Sull’agenda della politica si aprono nuovi e vecchi capitoli: le manovre di bilancio, il salario minimo, il lavoro, il cuneo fiscale… Ritornano – in contrasto con le immagini vacanziere – le notizie di guerra e di sbarchi: anche nei piccoli centri non ci si può sentire estranei. Quello che accade sulle sponde del Nord Africa e sulle nostre coste ci riguarda e non può non mobilitarci. Continuiamo a dircelo: temi e sfide da affrontare subito, da mettere sull’agenda delle nostre riflessioni, preghiera e impegno: in autunno è già tardi!
In questi mesi estivi non stanno mancando occasioni preziose: convegni, incontri, ricorrenze. Notevole, come ogni anno, per contenuti e presenze il Meeting di Rimini, chiusosi con l’intervento del Presidente Sergio Mattarella sulla Costituzione e i suoi principi di amicizia. L’attualità continua a proporre cronache di abusi, anche di ragazzi ai danni di ragazzine, di violenze nel degrado delle periferie, ma anche in piccoli centri di provincia. Si impone la questione giovanile. Fresco di stampa il Rapporto giovani 2023 sulla condizione giovanile in Italia (a cura dell’Istituto Giuseppe Toniolo – Milano). Il Rapporto indaga su come i giovani vivono e interpretano i cambiamenti in atto e le relative ricadute e preferenze del loro essere e del loro agire nella società. Il Rapporto affronta temi sensibili come la formazione e le nuove competenze, l’idea di famiglia e la propensione ad avere figli, l’impegno sociale, particolarmente in tema di ambiente, il rapporto con le istituzioni. I dati e le analisi evidenziano come agenzie educative, scuole, famiglie tendano a pretendere dai giovani, anziché partire da ciò che i giovani sono e vogliono diventare.
Nel cuore dell’estate ha avuto un forte rilievo la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona. Chi ha seguito l’evento dall’esterno può succedere che lo qualifichi solo come una grande adunata fine a se stessa, con un impiego smisurato di energie, una prova di forza della Chiesa capace ancora di mobilitare un milione e mezzo di giovani. Ma la si può guardare con una certa relatività ed un po’ di apprensione. Da un lato, aggrapparsi stoltamente ai numeri porta alla tentazione di misurare “quanto si è forti”; dall’altro lato c’è tutto il mandato e la responsabilità del prendersi cura dei giovani. A Lisbona sono andati una sessantina di giovani della nostra Diocesi, attraversando mezza Europa. Sono saliti con un’adeguata preparazione, motivati, disponibili alla fatica e aperti all’incontro, sempre pieno di sorprese.
Le parole e i messaggi diretti ai giovani sono stati piuttosto parchi per dare tutto lo spazio ai discorsi di papa Francesco (confermata la popolarità tra i giovani), discorsi distribuiti su un crescendo di speranza e di incoraggiamenti. «Noi giovani – ha scritto un ragazzo – viviamo di grandi opposti: possiamo essere entusiasti sognatori e contemporaneamente pessimisti frustrati; possiamo vivere pronti ad incarnare ideali alti, impegnandoci con gratuità e dedizione e, contemporaneamente, essere abitati dal senso di inadeguatezza e dallo scoraggiamento. Quello di cui abbiamo bisogno – continua il giovane pellegrino – è una Chiesa che tutti i giorni ci aiuti ad abitare i nostri opposti». A Lisbona i giovani hanno trovato non solo entusiasmo, ma anche tanta accoglienza e considerazione. Hanno goduto di ampi spazi di ascolto da parte dei vescovi partecipanti, ai quali hanno consegnato i loro pensieri e i loro interrogativi sulla cura per l’altro e l’intero creato, su fraternità e condivisione, sulla pace e sul perdono come promessa di un futuro possibile. Temi centrali in molti gruppi: la ricerca di una fede più profonda e il rapporto con la comunità cristiana. Il metodo? Quello sinodale: piccoli gruppi, condivisione in un clima di profondo ascolto reciproco e consegna dei frutti del dialogo. Nei giorni della partenza era stata letta la parabola evangelica del tesoro nascosto in un campo. Quale esegesi più vera di quella dei nostri ragazzi? Prendere sul serio quel campo, assumerlo, abitarlo: terreno del quotidiano, tempo della contemporaneità. Ho conosciuto giovani partiti “da turisti” e tornati “diversi”: hanno fatto il cammino, hanno accolto i compagni di viaggio, non si sono sottratti alle fatiche, hanno saputo cantare e fare silenzio. Hanno trovato il Vangelo, senso della vita ed energia di fraternità. Tutto questo è indispensabile per crescere, per guardare lontano, per abitare il presente: perché possa esserci futuro. Chissà quanti educatori hanno avvertito – come me – la necessità di una conversione: non possiamo più organizzare eventi, tracciare cammini, pensare noi al loro posto. È vero, sono graditi e attesi ospiti nelle nostre liturgie, li vorremmo partecipi delle nostre iniziative, rammaricandoci per la loro assenza. Occorre piuttosto far di tutto perché siano non ospiti ma corresponsabili là dove si pensa, si prendono decisioni e si progetta. È questo il modo necessario del prendersi cura: dare fiducia!

+ Andrea Turazzi, settembre 2023