La sinodalità ha il volto di una esperienza concreta

In molte comunità se ne assapora il gusto

Di recente è stato pubblicato il documento che sintetizza il Cammino Sinodale di tutte le Diocesi del mondo: “Allarga lo spazio della tua tenda. Documento di lavoro per la Tappa continentale” (http://www.diocesi-sanmarino-montefeltro.it/cammino-sinodale/). L’ho letto attentamente insieme all’équipe sinodale diocesana: è stato emozionante e sorprendente. Alzando gli occhi dal testo scritto contempli quello che vivono i cristiani sparsi nel mondo: minoranze coraggiose, comunità perseguitate, gruppi in sofferenza; allora nasce spontanea la preghiera che ci fa sentire ancora più fratelli tutti. Ritornano alla mente le parole dei padri che contemplano la Chiesa come un unico corpo: «È nostro quello che si vive nelle Indie». Il Cammino Sinodale appare come una grande esperienza di fraternità, un esercizio di quella “mistica della fraternità” di cui scrive papa Francesco nella Evangelii gaudium. Ci rendiamo conto, realisticamente, come i cristiani impegnati nel Cammino Sinodale siano una minoranza all’interno delle comunità, ma questo non toglie la significatività dell’esperienza: qualcosa di promettente per il futuro che fa crescere come lievito e come sale che dà sapore.
Pur nella diversità, ritornano idee ed esperienze molto avvertite anche nella nostra Chiesa; affiora un comune modo di stare davanti al mondo di oggi, quasi una concretizzazione di quel programma di vita riassunto nelle prime parole della Gaudium et spes del Concilio Vaticano II: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo»(GS 1).
Lo sguardo delle comunità su se stesse sfocia in una presa di coscienza del valore del proprio Battesimo. Il richiamo al Battesimo fa tutti corresponsabili della missione, sostiene l’incontro e il dialogo con la società di oggi e con tutti. Si coglie, nel documento, la consapevolezza che tutti sono destinatari del Vangelo e che pertanto è vivo il desiderio delle comunità di mettersi a servizio ed in ascolto senza pregiudizi. L’ascolto è già missione e annuncio: ascolto non come tattica, ma procedimento che mette l’altro nella condizione di dare il meglio. Si parte da qui per annunciare il volto di un Dio che si prende cura di ognuno fino a donare la sua vita. Torna di frequente nel documento il privilegiare l’incontro con le persone, prima ancora della preoccupazione – pur importante – della dottrina.
Si è fatta esperienza – lo si legge in molti passaggi – che la sinodalità ha smesso di essere un concetto astratto ed ha preso il volto di una esperienza concreta. Così anche in molte delle nostre comunità se ne è assaporato il gusto e c’è il desiderio di proseguire uno stile che è già un modo di essere Chiesa. Ma ci vorrà tempo e ci vorrà molto cammino ancora per andare in profondità. La sensazione è che il Cammino Sinodale sia ancora una esperienza di nicchia. Anche nei nostri ambienti, insieme al coinvolgimento di tanti, c’è passività in molti laici (del resto poco avvezzi ad incontrarsi al di là delle liturgie e a prendere la parola) e ci sono resistenze da parte del clero che non sempre ha assunto il ruolo di animazione e di guida. In molte pagine del documento viene riportato il dolore (spesso è usato il termine “tristezza”) per l’immagine di Chiesa che offriamo, non sempre corrispondente al suo dover essere. Fare un confronto può essere fruttuoso se porta a confidare in Dio e ad allontanare dalle nostre comunità l’autoritarismo, la presunzione di essere i migliori, l’inerzia, le stanchezze, ecc. Condividiamo la convinzione che ogni uomo, anche quello che riteniamo il più chiuso e il più lontano, è sempre in grado di ascoltare una nuova chiamata di Dio ad accogliere la ricchezza dello Spirito. Tutti sono candidati alla comunione.
Affiora una certa tensione che si respira soprattutto nelle Chiese di antica tradizione. Del resto, tensioni e contrasti ci sono sempre stati nella comunità cristiana. Vi sono contrasti che nascono dall’uomo vecchio (per dirla con san Paolo) che ostacola la vita dell’uomo nuovo: gelosie, invidie, desideri di farsi valere, chiacchiericcio, ecc. Ci sono anche contrasti che germinano semplicemente dalle diversità di formazione, di appartenenze, di obiettivi o da incomprensioni e fraintendimenti. Infine, ci sono tensioni che nascono dalla volontà di portare avanti punti di vista o scelte ad esempio nell’ambito liturgico. In alcuni passaggi si allude a tensioni fra progressisti o conservatori. Ma la Chiesa è una sola realtà con dimensione divina-mistica e dimensione umano-storica. In quanto soggetto storico è normale che convivano istanze più conservatrici e istanze più progressiste. In quanto custode del Vangelo la Chiesa si esprime con una polarità vitale: quella tra l’impegno a conservare il deposito della fede e quella di fare di esso il lievito di una vita sempre nuova. È bello lasciarsi coinvolgere e respirare l’universalità della Chiesa. Nello sfogliare le pagine del documento non si può non pensare al coraggio di papa Francesco nell’avviare un processo mondiale di riflessione e di riforma. È come se nella casa, che è la Chiesa, siano state spalancate porte e finestre per far entrare aria nuova e fresca. Qualcuno – è giusto riferirlo – vede in questo il pericolo di una possibile confusione; non si tratta di immaginare un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa.

+ Andrea Turazzi, febbraio 2023