L’Adorazione dei Magi e la visita del Presidente

Solo il gesto semplice e potente dell’adorazione ci salverà

Immagine: Adorazione dei Magi, Museo-Pinacoteca San Francesco, Repubblica di San Marino, pittura murale, 400 x 250 cm, Bitino da Faenza, 1430-1437 circa

La visita del Presidente della Repubblica italiana, avvenuta il 6 dicembre scorso, era attesa con una certa trepidazione dalla Repubblica di San Marino e anche noi, monache adoratrici della chiesa di San Francesco, ci sentivamo totalmente coinvolte nell’evento: il Presidente avrebbe visitato la nostra chiesa e la nostra Pinacoteca. Già qualche tempo prima avevamo incontrato una delegazione, tanto sammarinese che italiana, responsabile dei preparativi della visita: mostrare loro le belle opere che fondano l’esperienza francescana in San Marino e la storia stessa della Repubblica era stato entusiasmante. L’entusiasmo però giunse al culmine quando potemmo constatare la cultura e l’interesse sincero del Presidente Mattarella per tutto ciò che stava vedendo. La bella pala del XVI secolo attribuita a Bernardino da Mariotto da Perugia ha sorpreso il Presidente che, uscendo dalla chiesa di San Francesco, disse di essere rimasto incantato per quel piccolo gioiello! Ma il momento più significativo, tanto per Mattarella che per la figlia, fu la sosta davanti all’affresco di Bitino da Faenza, custodito nella Pinacoteca San Francesco, che ritrae l’Adorazione dei Magi. Ed è proprio su quest’opera che noi, percorrendo il nostro viaggio fra le opere eucaristiche della Diocesi, ci vogliamo soffermare.
L’adorazione è la preghiera culmine della fede cristiana: stare davanti al Santissimo mette in luce tutto ciò che noi siamo, ciò che siamo per Dio, l’amore che Egli ha per noi e ciò che noi siamo per noi stessi, la verità di noi e del nostro rapporto con Cristo Gesù. Così Bitino, artista minore di origine romagnola, ci offre il cammino progressivo dei tre Magi verso quella verità (del Messia Bambino) tanto cercata ma che, una volta trovata, sorprende e sconcerta.
La scena è divisa rigorosamente a metà: a destra la luce dorata della stella bagna ogni cosa, gli abiti di Gesù, di Giuseppe, di uno dei Magi, i tronchi degli alberi a sinistra, la basilica alle spalle della Vergine; a sinistra l’oscurità incombe, le chiome degli alberi si distinguono appena, così i due Magi in piedi. Essi non hanno ancora reso omaggio al re dei Giudei e sembra che il loro cammino, specie per il più giovane, sia immerso nel dubbio della fede. Al centro della scena è collocato il re più anziano: questi si è tolto la corona, ha consegnato il suo dono a san Giuseppe e si presta ad adorare il Bambino con un bacio che risponde alzando la mano destra in segno di benedizione. Dietro a lui il nulla, il buio, l’incognita. S’individua, è vero, la linea dell’orizzonte, ma rimane anch’essa immersa nella notte più fonda. Bitino, dunque, organizza la scena segnando il contrasto forte tra l’ambiente oscuro e boschivo del viaggio dei Magi e la sicurezza certa della città di Betlemme. Al centro dei due poli sta, appunto, il Cristo Bambino con il re adoratore. È noto che la parola adorare derivi dal latino ad os, cioè portare la mano alla bocca e baciare. Sigillare il cuore dell’opera con un bacio è quindi un potente rimando all’adorazione.
Ed è proprio qui che si cela il messaggio insolito dell’artista: di fronte all’incombere dell’oscurità, che nasconde la malizia di Erode, le trame del potere, le stragi di vittime innocenti, solo il gesto semplice e potente dell’adorazione ci salverà. Così l’antico magio del Bitino resta inginocchiato da secoli, per ricordare a noi che il rimedio ai nostri mali non sta nelle nostre capacità diplomatiche, nelle nostre strutture di difesa o di potere, ma sta nell’affidarsi a Colui che davvero regge le sorti del mondo e la coscienza dei singoli.
Forse fu proprio questo messaggio a colpire il Presidente italiano: è grave il carico nell’esercizio di un potere, ma questo può essere alleggerito e condiviso dal riconoscimento che un Altro sta portando per noi e con noi il peso della storia. La figlia di Matterella colse la sproporzione della Vergine Maria rispetto all’architettura che le sta dietro e domandò il suo significato: le pietre di un edificio raccontano sì, tanta storia e sono spesso edificanti, pur tuttavia sono le pietre vive di chi dice il proprio sì quotidiano – come Maria – a costruire davvero la storia degli uomini. Perciò Maria è più grande dell’edificio della chiesa: ella rappresenta quella Chiesa fatta di uomini e donne che nel tempo hanno fatto la storia. È la sua silhouette che mostra quella stella assente nell’affresco, ella mostra gli effetti della luce dell’astro e rivela la Chiesa, una Chiesa in cui, direbbe Eliot, è innata la verità.

suor Gloria Maria Riva, gennaio 2024