Novembre è la festa di San Martino (novembre 2019)

Pieter Bruegel il vecchio, Festa di San Martino, 1565-1568 ca. (148 x 270,5 cm), tempera su tela, Museo del Prado, Madrid
È ricomparsa dieci anni fa circa, questa tela di Bruegel il vecchio: passata al vaglio dai restauratori del Museo di El Prado, ci ha restituito frammenti della firma dell’autore. Vi si narra di una festa un tempo popolarissima e collocata nel cuore del mese di novembre: la festa di San Martino. Nel Medioevo ogni evento, dal volgere delle stagioni ai lavori nei campi, era segnato dalla memoria di un santo o della Vergine Maria e festeggiato attraverso processioni, sagre o banchetti. Così il fenomeno ancora ricorrente (nonostante i cambiamenti climatici) di un periodo di tepore sul finire dell’autunno (era ed) è noto come l’estate di San Martino. Bruegel lo dipinge in primo piano, come un cavaliere, ma è Martino di Tour, un santo vescovo pieno di carità e strenuo difensore dell’unità della Chiesa. Narra la leggenda che Martino, infaticabile nei suoi viaggi di pace, incontrò un giorno un povero, proprio nel cuore di novembre. il freddo era già intenso e il poveretto non aveva di che coprirsi, Martino, pieno di compassione desiderò soccorrerlo, ma si accorse di non avere denaro e neppure una coperta. Allora, con un gesto immediato di generosità egli non esitò a tagliare a metà il suo mantello per offrirlo al mendicante. Mentre si allontanava raccomandandolo a Dio ecco che il vento freddo cessò e così pure la pioggia battente, il cielo si aprì lasciando intravedere un raggio di sole tiepido e confortante. Bruegel lo ritrae dunque sul lato sinistro del dipinto con la spada sguainata intento a soccorrere il povero storpio. Il sole pallido illumina però un panorama sconfortante. La cosiddetta estate di San Martino, che cade attorno all’11 novembre data della morte del santo, segna anche il momento in cui la società contadina apre le botti e assaggia il vino nuovo, celebrando così le primizie della vendemmia settembrina. Bruegel registra già una religiosità che ha perso il suo smalto, anzi addirittura il suo contenuto. La gnosi non è fenomeno del XXI secolo, ma – come l’artista fiammingo documenta – insidiava già i credenti del 1500. Se la festa era rimasta intatta, ora però è cambiato il centro: non più il santo (decentrato e solitario), ma la botte rossa colma di buon vino. Ancora oggi proverbi in vari dialetti, compreso il romagnolo, ci ricordano questo slittamento di significati: «par Sa’ Marten u s’imbariega grend e znèn» (per San Martino s’ubriaca il grande e il piccino). Infatti attorno alla botte si addensa una tal folla da non lasciar vedere nulla del paesaggio, tutti sono intenti a bere, mentre di san Martino nessuno si cura. Il bere è selvaggio a tal punto che la folla approfitta di qualunque tipo di contenitore: non solo bicchieri e brocche, ma persino cappelli e scarpe, qualunque cosa possa contenere del vino. L’esito di tale festa non è certo dei migliori: nella calca emergono i sentimenti peggiori e gli uomini, in preda alle sollecitazioni dell’alcool, si abbandonano a gesti inconsulti. A sinistra due contadini si azzuffano litigando, un uomo sviene rompendo il recipiente che teneva in mano. Una croce, all’estrema sinistra, solitaria come San Martino, è lì a bella posta per ricordare le cose ultime e il destino finale dell’uomo visto che Novembre è anche il mese dei morti e dei santi. Due amici però, ubriachi, le passano davanti incuranti del richiamo simbolico. Vicino a questi, poco più in primo piano, c’è anche una madre che offre incautamente vino con una ciotola al proprio infante. Insomma questo dipinto fiammingo sembra il fotogramma di molte feste moderne, motivate forse anticamente da temi religiosi (come non pensare al fantomatico Halloween?), ma trasformate in occasione di svago e di consumo. Invece, per dirla col Carducci, “l’aspro odor dei vini l’anime a rallegrar”, dovrebbe ricordare all’uomo che è nato per la felicità. Non c’è gioia più grande della santità che consegna a una vita senza fine, come la vicenda di san Martino e della sua provvidenziale estate insegnano.
suor Maria Gloria Riva