Verso la Pasqua

Un cammino verso la libertà

Nel Messaggio per la Quaresima, Papa Francesco ci invita ad un cammino di vera libertà. Scrive il Santo Padre: «Quando il nostro Dio si rivela, comunica libertà: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile” (Es 20,2). Il popolo riceve le dieci parole nel deserto come via di libertà. È infatti una chiamata vigorosa, quella alla libertà: non si esaurisce in un singolo evento, perchè matura in un cammino. Come Israele nel deserto ha ancora l’Egitto dentro di sé, così anche oggi il popolo di Dio porta in sé dei legami oppressivi che deve scegliere di abbandonare». Indica dunque, nel racconto dell’Esodo, un particolare di non poco conto: «È Dio a vedere, a commuoversi e a liberare, non è Israele a chiederlo. Il Faraone, infatti, spegne anche i sogni, ruba il cielo, fa sembrare immodificabile un mondo in cui la dignità è calpestata e i legami autentici sono negati. Riesce, cioè, a legare a sé. Chiediamoci perciò: desidero un mondo nuovo? Sono disposto a uscire dai compromessi col vecchio? Gesù stesso è stato spinto dallo Spirito nel deserto per essere provato nella libertà. A differenza del Faraone infatti, Dio non vuole sudditi, ma figli. Il deserto è lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una personale decisione di non ricadere schiava. Questo comporta una lotta: ce lo raccontano chiaramente il libro dell’Esodo e le tentazioni di Gesù nel deserto. Alla voce di Dio, che dice: “Tu sei il Figlio mio, l’amato” (Mc 1,11) e “Non avrai altri dèi di fronte a me” (Es 20,3), si oppongono infatti le menzogne del nemico. Più temibili del Faraone sono gli idoli: potremmo considerarli come la sua voce in noi. Potere tutto, essere riconosciuti da tutti, avere la meglio su tutti. Esiste però una nuova umanità, il popolo dei piccoli e degli umili che non hanno ceduto al fascino della menzogna: una silenziosa forza di bene che cura e sostiene il mondo». Esorta dunque il Papa: «È tempo di agire, e in Quaresima agire è anche fermarsi. Fermarsi in preghiera, per accogliere la Parola di Dio, e fermarsi come il Samaritano, in presenza del fratello ferito» (1 febbraio).
Così il Santo Padre ci fa guardare alle figure dei due anziani che accolsero Gesù nel Tempio. «Lo avevano atteso per tutta la vita: Simeone, “uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele” (Lc 2,25); Anna, che “non si allontanava mai dal tempio” (Lc 2,37). Ci fa bene guardare a questi due anziani pazienti nell’attesa, vigilanti nello spirito e perseveranti nella preghiera. Tenendo desta l’attesa del Signore, diventano capaci di accoglierlo nella novità della sua venuta. Ogni giorno infatti il Signore ci visita, ci parla, si svela in modo inaspettato. Perciò Egli stesso ci esorta a restare svegli, a vigilare, a perseverare nell’attesa». Avverte poi il Santo Padre: «Il primo ostacolo che ci fa perdere la capacità di attendere è la trascuratezza della vita interiore. Occorre allora recuperare la grazia smarrita: attraverso un’intensa vita interiore, ritornare allo spirito di umiltà gioiosa, di gratitudine silenziosa. E questo si alimenta con l’adorazione, con il lavoro di ginocchia e di cuore, con la preghiera concreta che lotta e intercede, capace di risvegliare il desiderio di Dio, l’amore di un tempo, lo stupore del primo giorno, il gusto dell’attesa. Il secondo ostacolo è l’adeguamento allo stile del mondo, che finisce per prendere il posto del Vangelo. E il nostro è un mondo che spesso corre a gran velocità, che esalta il “tutto e subito”, che si consuma nell’attivismo. Facciamo attenzione, allora, perchè lo spirito del mondo non entri nelle nostre comunità religiose, nella vita ecclesiale e nel cammino di ciascuno di noi, altrimenti non porteremo frutto. La vita cristiana e la missione apostolica hanno bisogno che l’attesa, maturata nella preghiera e nella fedeltà quotidiana, ci liberi dal mito dell’efficienza, dall’ossessione del rendimento e, soprattutto, dalla pretesa di rinchiudere Dio nelle nostre categorie, perchè Egli viene sempre in modo imprevedibile, viene sempre in tempi che non sono i nostri e in modi che non sono quelli che ci aspettiamo». Riporta infine le parole profetiche di Simone Weil: «La parte della futura sposa è l’attesa […]. Desiderare Dio e rinunciare a tutto il resto: in ciò soltanto consiste la salvezza (S. Weil, Attesa di Dio)» (Santa Messa, 2 febbraio).
«La Quaresima ci immerge allora in un bagno di purificazione e di spoliazione». Esorta con forza il Santo Padre: «Ritorniamo, fratelli e sorelle. Ritorniamo a Dio con tutto il cuore. In queste settimane di Quaresima diamo spazio alla preghiera di adorazione silenziosa, nella quale rimanere in ascolto alla presenza del Signore, come Mosè, come Elia, come Maria, come Gesù. Ci siamo accorti che abbiamo perso il senso dell’adorazione? Ritorniamo all’adorazione. Prestiamo l’orecchio del cuore a Colui che, nel silenzio, vuole dirci: “Io sono il tuo Dio”» (Santa Messa, 14 febbraio).

Monache dell’Adorazione Perpetua
Pietrarubbia, marzo 2024