“Un’àncora gettata in cielo”

Non solo Covid: una Chiesa in rinnovamento al soffio dello Spirito

Viene da perdersi d’animo. Anche quest’inverno 2021/22 è caratterizzato dal Covid-19. In questo tempo di pandemia chi crede, chi è in ricerca e anche chi si dichiara non credente fa appello a tutte le risorse che trova, dentro e fuori di sé, per avere fiducia e coltivare speranza. Come si pone un cristiano davanti all’attuale situazione? «In Cristo Gesù – rassicura il Vescovo Andrea – Dio ha stabilito di essere per noi, totalmente e per sempre. La fiducia cristiana è fondata e radicata in questa realtà, non in un mero sentimento o in una volontà di ottimismo dell’uomo». Un messaggio per tutti: «Chi viene a me, io non lo respingerò», dice Gesù. «Stupende parole – commenta il Vescovo –; mai Gesù ha respinto qualcuno – la cacciata dei venditori dal tempio era un gesto simbolico – né mai lo farà». E aggiunge questa sottolineatura: «C’è di più in questa attitudine di accoglienza e di amore universale: Gesù è all’unisono col volere del Padre nel non voler perdere alcuno di quanti il Padre gli ha donato». Dunque, «questa è la salda roccia sulla quale costruire la nostra casa, la nostra vita, la nostra fiducia, al di là della nostra fragilità, del nostro limite, perfino del nostro peccato». Anche di fronte alla morte – a cui la pandemia richiama costantemente con i suoi numeri che riecheggiano ogni giorno nei telegiornali e nelle nostre menti – «Gesù oggi ci ripete il desiderio del Padre: dare pienezza di vita». «Questa è una speranza immensa – osserva –fondata sulla promessa di Gesù: un’àncora gettata in Cielo. […] La morte ci spoglia di tutto, ma è esodo e Pasqua verso la vita». Mons. Andrea consegna una prospettiva di speranza anche a chi ha perso i propri cari: «Chi ha raggiunto la Casa del Padre ormai è davanti a noi, come testimone del mondo che verrà, come la sentinella di cui scrive il profeta Isaia.  Ci precede e crediamo che un giorno saremo riuniti in Cristo per aver parte alla sua resurrezione» (Omelia nella S.Messa in suffragio di Astrid Séverine Kabanga, Dogana RSM, 8.1.2022).
Chi potesse passare, anche solo per qualche momento, tra le comunità parrocchiali, religiose e associative in questi primi mesi dell’anno incontrerebbe una “Chiesa in ginocchio”. In ginocchio perché ha davanti a sé «tante difficoltà, tante prove, a cui a volte non sa come rispondere». In ginocchio soprattutto per ascoltare e invocare “il vero protagonista”: «Spirito di Dio dacci luce, donaci suggerimenti!». In ginocchio davanti alla «terra santa» che è ogni fratello. «Mettersi veramente in ascolto – confida mons. Andrea – è “devastante”, perché richiede la capacità di fare spazio dentro di sé. Poi ci si accorge che arricchisce. La virtù dell’ascolto non è una tattica da utilizzare, ma un modo di essere» (Omelia nella S.Messa di fine anno, Pennabilli, 31.12.2021). È tempo di Sinodo, non solo per i vescovi o per gli “addetti ai lavori”, ma per tutti. Il Sinodo «non è un parlamento, con maggioranze e minoranze, in cui ha ragione chi grida più forte, semmai un Cenacolo; la morale non può essere stabilita per alzata di mano, la fede non può essere “secondo me”…». «Non adottiamo la democrazia – precisa – come sistema di vita della Chiesa: la Chiesa è una fraternità». Il Sinodo è «un momento di grande spiritualità, dove tutti invochiamo lo Spirito Santo e chiediamo che ci parli. E, come diceva san Benedetto da Norcia, può essere che lo Spirito parli anche attraverso il più piccolo». Ufficialmente siamo entrati in Sinodo il 17 ottobre scorso, ma alcuni mesi sono stati dedicati per lo più alla preparazione. A qualcuno è parso che il compito del sacerdote come guida della comunità potesse in qualche modo venir meno. «No, anzi – replica mons. Andrea – chi ha il carisma del discernimento è facilitato dalla sinodalità, perché si trova davanti persone che partecipano. Si crea veramente un confronto e allora viene ancora più in evidenza il ruolo della guida». Dopo le festività natalizie sono partiti in Diocesi molti “Gruppi Sinodali”. È in atto anche un vero e proprio “censimento” da cui si potrà tracciare una mappa della sinodalità vissuta: «In realtà – precisa il Vescovo – come Diocesi siamo avanti, perché già da qualche anno avevamo cominciato a vivere la sinodalità, cioè il “camminare insieme”, il mettersi in ascolto». Il Programma pastorale diocesano è un frutto concreto del “camminare insieme” e sentirsi “Diocesi”. «Il “sì” al Signore è personale – osserva – ognuno di noi lo dice nel suo cuore, ma è bello quando questo “sì” diventa corale, quando c’è tutta una comunità che cerca di muoversi insieme. Dobbiamo essere testimoni di comunione in mezzo al mondo. Questo è il cuore stesso della missione». I Gruppi Sinodali avranno tempo di lavorare fino alla fine di marzo, ma «la loro esperienza deve diventare paradigma di tutti i nostri modi di incontrarci». «Fino ad ora – confida mons. Andrea – facevo così: mi veniva un’idea, ne parlavo con i collaboratori e ci pregavo su. Si tratta di fare esattamente il contrario: partire dalla preghiera, mettersi in atteggiamento di disponibilità, di libertà, eliminare i pregiudizi; ascoltare le persone; raccogliere le idee e decidere» (Incontro con i responsabili delle aggregazioni ecclesiali, 17.12.2021). Una piramide che si rovescia!

Paola Galvani, febbraio 2022