Preparazione dei doni (Maggio 2019)

Cercheremo ora di approfondire i vari elementi che costituiscono la liturgia eucaristica, il primo dei quali è la “preparazione dei doni” (nn. 73-77). Questa denominazione, che sostituisce quella di «offertorio», intende abbandonare ogni idea di offerta o di sacrificio degli elementi pane e vino, a cui si aggiungerebbe l’offerta del corpo e del sangue di Cristo. L’offerta dell’Eucaristia è una sola: quella di Cristo nei segni di pane e vino, a cui si associa la nostra. In questa fase si preparano e «si portano all’altare i doni, che diventeranno il corpo e il sangue di Cristo» (n. 73): quindi, semplice presentazione e preparazione dei doni, pane e vino. Si tratta del trasferimento del pane e vino (calice, acqua e vino, particole) dall’aula della chiesa all’altare; altre offerte (in denaro o altri doni per i poveri o la Chiesa) vengono portate dai fedeli e deposte fuori della mensa eucaristica. L’OGMR insiste nell’affermare che «quantunque i fedeli non portino più, come un tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla liturgia, tuttavia il rito di presentare questi doni conserva il suo valore e il suo significato spirituale». È un segno cioè di partecipazione sia materiale che spirituale, come di solidarietà per...

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Presentazione liturgia eucaristica (Aprile 2019)

Nel numero di marzo l’OGMR ci ricordava che “la preghiera universale o dei fedeli fa da cerniera tra le due parti della celebrazione, conclude la prima e introduce alla seconda”. Ci concentreremo adesso su questa seconda parte della celebrazione, ossia sulla Liturgia eucaristica. Contrariamente ad alcuni teologi dogmatici ed altri, critici sul carattere conviviale dell’Eucaristia, mutuato dall’ultima Cena, e che sottolineano il pericolo di identificazione tra le due realtà, l’OGMR afferma che la Liturgia eucaristica si modella sullo schema dell’ultima Cena e ne dipende quanto al significato fondamentale (nn. 17 e 72). Il n. 17 dell’OGMR ricorda questo significato fondamentale dell’Eucaristia che scaturisce dall’istituzione e dalla volontà stessa del Signore nell’ultima Cena: “È perciò di somma importanza che la celebrazione della Messa, o Cena del Signore, sia ordinata in modo tale che i sacri ministri e i fedeli traggano abbondanza di quei frutti, per il conseguimento dei quali Cristo Signore ha istituito il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue e lo ha affidato, come memoriale della sua passione e risurrezione, alla Chiesa, sua dilettissima sposa”. Il n. 72 invece afferma che “nell’ultima Cena Cristo istituì il sacrificio e convito pasquale”, con la precisazione che il sacrificio...

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La risposta dell’assemblea (Marzo 2019)

Dopo l’excursus sulla benedizione con l’Evangeliario torniamo alla risposta dell’assemblea alla Parola di Dio proclamata. l’OGMR richiama l’obbligatorietà dell’omelia nei giorni domenicali e festivi con partecipazione di popolo in quanto essa «fa parte della liturgia ed è molto raccomandata; è infatti necessaria per alimentare la vita cristiana» (n. 65). Si stabilisce che «sia tenuta di solito personalmente dal sacerdote celebrante», tranne in certi casi, evitando così l’intervento di altri sacerdoti per sottolineare l’unità della presidenza nelle due parti della celebrazione, che formano un unico atto di culto: colui che spezza il pane eucaristico spezzerà anche il pane della Parola. La professione di fede o simbolo «… ha come fine che tutto il popolo riunito risponda alla parola di Dio… e perché, recitando la regola della fede, con una formula approvata per l’uso liturgico, torni a meditare e professi i grandi misteri della fede, prima della loro celebrazione nell’Eucaristia» (n. 67). Nella recita come nel canto, l’assemblea deve intervenire: non è ammesso il canto in esclusiva della schola. Il simbolo niceno-costantinopolitano può essere alternato con quello detto «degli Apostoli», «che è pure patrimonio del popolo di Dio e appartiene alla veneranda tradizione della Chiesa» (cfr. seconda edizione del Messale Romano, Precisazioni,...

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La benedizione con l’Evangeliario (Febbraio 2019)

Prima di passare alla risposta del popolo alla Parola di Dio soffermiamoci su un gesto diventato abituale nelle celebrazioni presiedute dal Vescovo, e non: la benedizione dell’assemblea con l’Evangeliario dopo la proclamazione del Vangelo o la “presentazione” del Lezionario all’assemblea in altre celebrazioni. È un rito di tradizione orientale entrato nella liturgia romana di recente con il Papa San Giovanni Paolo II. Si può capire che essendo il Santo Papa di quella cultura egli sia stato sensibile a tale simbologia. E come è successo nei secoli per altri casi, dalla liturgia romana questo rito si è diffuso nelle altre diocesi da parte dei vescovi, senza tuttavia esplicite preclusioni. Il rito è entrato ufficialmente nella liturgia romana soltanto nell’anno 2000 con la pubblicazione dell’Evangeliario da parte della Congregazione per il culto divino (cfr. Introduzione, 37). Contemporaneamente è stato inserito anche nelle Premesse alla terza edizione tipica del Messale romano dove, nella traduzione italiana, si legge: “Nelle celebrazioni più solenni il Vescovo, secondo l’opportunità, imparte al popolo la benedizione con l’Evangeliario” (OGMR 175). Mentre nel rito bizantino questa modalità di benedizione può essere compiuta anche dal presbitero, nella liturgia romana sembra essere riservata al vescovo. Non ci sono spiegazioni ufficiali che giustifichino...

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Liturgia della Parola – presentazione (Gennaio 2019)

Dopo la presentazione generale della Liturgia della Parola l’OGMR passa a parlare delle letture bibliche quale mensa della Parola di Dio alla quale i fedeli sono invitati per attingere ai tesori della Bibbia. Perciò si deve osservare l’ordine delle letture bibliche, che mette meglio in luce l’unitarietà dei due Testamenti e della storia della salvezza, e si esclude assolutamente l’inserimento di testi non biblici. In seguito l’OGMR fa due precisazioni riguardanti il ministro e il rispetto per il Vangelo. Proclamare le letture «non è competenza specifica di colui che presiede». Ognuno deve svolgere la sua parte, quella di leggere spetta al lettore, possibilmente «istituito», oppure a un fedele ben preparato. La lettura del Vangelo, secondo un’antichissima e universale tradizione, è di competenza del diacono; in sua assenza, un altro sacerdote oppure lo stesso presidente. «La lettura del Vangelo costituisce il culmine della Liturgia della Parola» (n. 60) a cui la tradizione liturgica riserva «il massimo rispetto»: il ministro proprio si prepara con la preghiera o la benedizione, i fedeli si alzano in piedi acclamando all’inizio e al termine, il libro è (o può essere) portato in processione, specie se è a disposizione l’Evangeliario, incensato e baciato. Nella parola del Vangelo...

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Liturgia della Parola – presentazione (Dicembre 2018)

A suo tempo avevamo accennato alla grande rivalorizzazione della liturgia della parola nella celebrazione eucaristica, operata dal Concilio Vaticano II e dalla riforma liturgica. I Praenotanda della seconda edizione dell’Ordinamento delle letture della Messa del 1981 hanno ripreso l’intero materiale, precisandolo e sviluppandolo (cfr. nn. 11-37). È a questo materiale che l’OGMR ha apportato dei ritocchi che vengono qui presentati nei nn. 57-71. Come si sa la liturgia della parola si costruisce attorno all’annuncio della parola di Dio, annuncio fatto di letture bibliche con i canti che le accompagnano, dell’omelia, della professione di fede e della preghiera universale o preghiera dei fedeli che ne costituiscono uno sviluppo. Infatti, “nelle letture che poi vengono spiegate nell’omelia, Dio parla al suo popolo, gli manifesta il mistero della redenzione e della salvezza e offre un nutrimento spirituale; Cristo stesso è presente, per mezzo della sua Parola, tra i fedeli. Il popolo fa propria questa parola divina con i canti e vi aderisce con la professione di fede; così nutrito, prega nell’ orazione universale per le necessità di tutta la Chiesa e per la salvezza del mondo intero” (n. 55). Il complesso rituale appare strettamente unito e organico. Al centro c’è la parola di...

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Le singole parti della Messa – Annotazione (Novembre 2018)

Prima di iniziare la presentazione della Liturgia della Parola, torno sui “Riti di Introduzione” per fare una annotazione che mi sembra importante. Al n. 50 (= 28) l’OGMR precisa: “Terminato il canto d’ingresso, il sacerdote, stando in piedi alla sede, con tutta l’assemblea si segna col segno di croce”. È da notare la sottolineatura “stando in piedi alla sede”. Essa ci rimanda all’organizzazione dello spazio celebrativo e distingue l’altare dalla sede. Occorre quindi che in ogni chiesa questi elementi siano chiaramente distinti, per la verità teologica che essi rappresentano. L’altare è il “luogo” dove il sacrificio della croce “si rende presente nei segni sacramentali” e nello stesso tempo “è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare quando è convocato per la Messa; l’altare è il centro dell’azione di grazie che si compie con l’Eucaristia” (n. 296). Perciò “conviene che in ogni chiesa ci sia l’altare fisso, che significa più chiaramente e permanentemente Gesù Cristo, pietra viva (cfr. 1Pt 2,4; Ef 2,20)” (n. 298). In più, “l’altare sia costruito staccato dalla parete, per potervi facilmente girare intorno e celebrare rivolti verso il popolo ” (n. 299). Infine, “nelle nuove chiese si costruisca un...

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Le singole parti della Messa: introduzione (Ottobre 2018)

Come detto nell’ultimo articolo, seguiamo ora l’OGMR nella sua descrizione particolareggiata della celebrazione eucaristica secondo il suo svolgersi rituale, con costante richiamo al contenuto e al significato delle singole fasi e al loro legame intrinseco, con emergenza del contenuto dottrinale e dello scopo pastorale. La celebrazione è suddivisa in quattro parti, due centrali, una di inizio e l’altra di conclusione: Riti di introduzione, Liturgia della Parola, Liturgia eucaristica, Riti di conclusione. Riti di introduzione (nn.46-54) Essi sono l’introito, il saluto all’altare e al popolo radunato, l’atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l’orazione colletta, ed hanno un carattere di «inizio, di introduzione e di preparazione»: aprono cioè la celebrazione, introducono nel suo spirito, dispongono interiormente. Lo scopo di questo complesso rituale è quello di costruire una comunità, di fare di quanti si sono raccolti un’”ecclesia”, una santa assemblea, di disporre all’ascolto della parola di Dio e al convito eucaristico, creando un clima di gioia e di fede, di legame fraterno e gioioso, di presa di coscienza dei propri limiti e della condizione di peccato, di preghiera di lode e di domanda (Gloria e orazione colletta). Un canto dovrebbe aprire la celebrazione, sia per favorire l’unione dei presenti, sia per...

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Strutture del rito eucaristico: parte seconda (Settembre 2018)

Dalla presentazione terminologica vista nell’articolo dello scorso numero si passa alla descrizione degli elementi che strutturano l’Eucaristia, la costituiscono in una realtà di fede: essi sono il popolo di Dio, chiamato a riunirsi per celebrare il memoriale del Signore; la presidenza del sacerdote che agisce nella persona di Cristo; il memoriale dell’opera redentrice, in specie il sacrificio eucaristico; il segno conviviale, espresso nel termine «Cena del Signore». Il fatto più rilevante è il legame della Cena del Signore con la Chiesa locale riunita in assemblea, di cui il sacerdote è parte integrante, in qualità di presidente che agisce «nella persona» di Cristo. La presenza del popolo di Dio entra nella definizione di Messa, ne condiziona la forma. Parlare di Eucaristia con riferimento al solo rito non corrisponde alla sua piena verità liturgica: il rito presuppone ed esige l’assemblea del popolo di Dio. È infatti questo popolo chiamato a riunirsi insieme, corpo di Cristo, capo e membra, il soggetto che «celebra» il memoriale; il sacerdote svolge la sua funzione sacerdotale come presidente della celebrazione. In questa adunanza viene realizzata la promessa di Cristo, quella di una presenza fra i suoi quando si riuniscono in suo nome (Mt 18,20). Il carattere ecclesiale...

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Struttura del rito eucaristico – parte prima (Luglio-Agosto 2018)

Il capitolo II dell’OGMR offre un’analisi strutturale della celebrazione eucaristica nella sua forma globale, nei suoi elementi, nelle sue fasi o parti celebrative. L’Eucaristia viene considerata qui nel suo svolgimento celebrativo, come una prassi, un’azione, come di fatto si compie. È un complesso rituale organico e ordinato, con un proprio significato, non un insieme di riti o di cerimonie, di norme esteriori. Ogni singolo rito, come l’insieme rituale, ha un preciso significato di fede, e rappresenta una grande utilità catechetica, pastorale e anche dottrinale in quanto una dottrina sull’Eucaristia non può prescindere dall’azione eucaristica. Ciò che si dice sull’Eucaristia esige che corrisponda a ciò che si fa nella celebrazione eucaristica. Si ha quindi una dottrina a partire dal rito, anzi fatta emergere dal rito. I nn. 27-28 dell’OGMR presentano una visione globale e unitaria della struttura della celebrazione e ne spiegano il significato di fede. Il n. 27 merita attenzione per la novità del linguaggio e il rilievo dato ad alcuni elementi. In effetti, con esso due termini di origine biblica entrano nel linguaggio ufficiale: Cena del Signore e memoriale. Il primo non è mutuato dalla terminologia protestante (santa Cena), ma si ispira a 1 Cor 1l,20; il secondo riprende...

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